CAPITOLO VENTISEI

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Verso le 6 del mattino dopo, Isabel fu svegliata dalla luce del sole che penetrò prepotentemente nella stanza dove si trovava. Sbatté le palpebre e notò Charles che la fissava vicinissimo al suo corpo, sussultando spaventata. Si scostò istintivamente e toccò la parete con la schiena, restando rannicchiata su se stessa.
«Ben svegliata, principessa» sogghignò e la afferrò per un braccio, mettendola seduta con forza al pavimento. Lei si lamentò per il dolore dovuto alla stretta e lo guardò, non sapendo cosa volesse. L'uomo le mostrò una bottiglia contenente quella che pareva acqua e all'improvviso gliela versò sulla testa e in faccia, facendola trasalire e trattenere il fiato istintivamente. Tossì più volte e si scostò come poteva, mentre lui sogghignava.
«È così che mi svegliavano dietro le sbarre, sai? Solo che la mia era gelata» fece una smorfia, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza «io non ci torno in quel fottuto posto! Oggi chiamerai il tuo principe azzurro e poi porrò fine a tutto. Mi hai stufato anche tu! Ti facevo più ribelle e meno cacasotto, Moore» si fermò davanti a lei, osservandola.
Isabel tornò a respirare regolarmente e sentì le gocce di acqua scendere lungo il viso, lanciando uno sguardo verso il basso, sperando che il piccolo stesse bene e non avesse perdite di alcun tipo.
«A-a cosa serve ribellarsi? Tu hai già deciso la mia sorte...» gli rispose semplicemente e Charles si piegò sulle ginocchia, avvicinando il viso a quello di Isabel, annusando la sua pelle. La donna si irrigidì e distolse lo sguardo, trattenendo il respiro per quell'odore cattivo di alcol e sudore, che le entrava prepotentemente nelle narici.
«Ora capisco perché si è innamorato di te, sai? Tu puoi far perdere la testa ad uomo solo con il tuo profumo» sussurrò, passando il naso sui suoi capelli.
«P-per favore, no!» lo supplicò, voltando il viso dall'altra parte.
«Fai la preziosa perché pensi che non ho il cazzo come il tuo Scott? O perché credi che non possa scoparti qui e ora, togliendomi anche la soddisfazione di fottermi la sua donna a dovere?» le afferrò il viso con una mano, costringendola a farsi guardare «rispondi!» le urlò contro, facendola spaventare ancora una volta. Isabel deglutì a vuoto e poi fissò il suo sguardo, poggiando di più le mani sul ventre.
«P-perché... Perché quando porrai fine alla mia esistenza, mi assicurerò che il mio viso disgustato e sofferente tormenti il tuo sonno, finché avrai vita! E non ci sarà pace per te, Leone. Non macchiarti di un altro peccato, dunque!» ribatté, ritrovando il coraggio dentro di sé. Charles la fissò e poi le sferrò uno schiaffo con le nocche, facendole cacciare un urlo di dolore.
«Sta zitta, puttana!» le urlò furioso, rimettendosi in piedi e sfregandosi le mani sui capelli più volte e freneticamente, come se si sentisse in trappola. Scaraventò una sedia contro la parete dietro di sé e uscì all'esterno in fretta, pensando al da farsi.
Isabel ricominciò a piangere e chiuse gli occhi, capendo che Kiran non l'avrebbe ritrovata viva.

«Ehi, Kiran...Non hai chiuso occhio tutta la notte. Ti sentivo camminare per casa e non riuscivo a stare tranquillo» Tom arrivò da lui sul balcone, passandogli un caffè forte e lanciando uno sguardo all'orologio, che segnava le 6.30 del mattino «bevi almeno questo. Ti aiuterà a stare su» gli passò la tazza.
«Grazie...» lo afferrò, sorseggiandolo «perché non mi ha ancora chiamato? Voglio sapere come sta lei...ne ho bisogno. Come ho fatto ad essere così stupido? Ho abbassato troppo la guardia, cullandomi con l'idea che lui sarebbe marcito in galera».
«L'abbiamo abbassata tutti, Kiran! Non potevi sapere che sarebbe evaso, né tantomeno che avrebbe anticipato le tue mosse, facendosi trovare già qui al tuo arrivo» gli posò una mano sulla spalla, stringendogliela
«Isabel sarà salvata e la riavrai tutta intera. In queste ore stanno facendo il massimo per ritrovarla, non perdiamo la speranza» provò a incoraggiarlo «se c'è una cosa che quella donna sa fare bene, è lottare. Non si è mai arresa e sono convinto che non lo sta facendo nemmeno adesso».
«Non è lei che mi preoccupa...ma lui» lo guardò «lui vuol farmi soffrire. E sono convinto che sarà disposto a tutto, pur di ottenere la mia fine».
«Faccio proprio schifo come supporto psicologico, ho capito!» fece una smorfia, passandogli una sigaretta «vorrei poterti dire tante cose belle, Kiran. Vorrei che questo incubo finisse al più presto e che Isabel stesse bene, soprattutto il piccolo. Ma la verità è che ho una fottuta paura, esattamente come tutti gli altri» sospirò affranto «sono ore interminabili e posso solo immaginare quanto tu ti senta di impazzire. Se hai bisogno di sfogarti, sfogarti davvero, io ci sono! Ci conosciamo da troppo tempo e ne abbiamo già passate tante insieme, quindi, tira fuori ciò che stai trattenendo da ore, se può aiutarti a ritrovare la forza».
Afferrò la sigaretta e se la accese. «Tom, non ho bisogno di nulla. Davvero. L'unica cosa che voglio tu non puoi darmela».
Lo guardò e annuì, dandogli una pacca sulla spalla «ti voglio bene, amico!» ci tenne a fargli sapere, restando lì con lui per un po'. Terminò la sigaretta e poi tornò dentro, raggiungendo gli altri ragazzi in cucina.
Circa tre ore dopo, una chiamata sul cellulare di Kiran, interruppe i suoi pensieri. Charles Leone aveva deciso di concedergli un ultimo saluto alla sua Isabel.
Lui sussultò e afferrò il cellulare, informando il poliziotto, che lo invitò a rispondere.
«Pronto?».
«Come hai passato la notte, Scott?» esclamò Charles, battendosi la pistola sulla gamba ritmicamente.
«Lei dov'è?» serrò la mascella, sentendo la rabbia aumentare.
«È stato proprio questo tuo atteggiamento a fotterti, arrogante del cazzo! Ma vedo che non hai ancora imparato a metterti la lingua in culo e a pretendere meno» fece una pausa «in queste ore ti sei reso conto di quello che hai causato, gigante Scott? Hai avuto una vaga idea di cosa si prova a diventare impotente?».
«Voglio parlare con Isabel e sapere se sta bene» il poliziotto gli fece cenno di intrattenerlo il più possibile e lui annuì «non chiedo altro».
«Oh, ma io sono buono! A differenza tua che sei solo un pezzo di merda, voglio addirittura farti un regalo. Un ultimo regalo, Mr Scott» sogghignò «ti regalo un biglietto di sola andata per parlare con la tua Isabel...E indovina? Sarà l'ultima volta!» il suo tono si indurì a quell'ultima affermazione «e lo faccio, per poter rendere la tua sofferenza maggiore, quando la ritroverai morta!» fece un'altra pausa «che situazione buffa, non trovi? Tu che ritrovi il cadavere della seconda persona alla quale tieni fortemente. Matthew Holt era proprio un ottimo cliente, sai?» seguitò, sapendo di colpirlo su uno dei suoi più grandi punti deboli «e, esattamente come è accaduto con lui, non riuscirai a salvare Isabel. Non arriverai in tempo nemmeno stavolta, Scott».
Cercò di mantenere la calma, ma improvvisamente sbottò. «Toccala, Leone. Prova a farle del male e giuro che ti cercherò in capo al mondo. E ti ammazzerò con le mie stesse mani...fosse l'ultima cosa che farò».
Scoppiò in una grassa risata, battendosi il cellulare sulla tempia, riflettendo. Quando riacquistò la calma, tornò a parlare con lui. «Non sai proprio ringraziare chi ti concede persino un ultimo saluto, eh? Devi per forza fare il pezzo di merda» rise ancora e poi mise il cellulare sull'orecchio di Isabel, puntandole la pistola contro con l'altra mano, obbligandola a parlare con lui.
La donna smise di piangere e prese un grande respiro, cercando di calmare il suo dolore. «K-Kiran...» proferì affranta, chiudendo gli occhi per un istante.
«Amore mio...» cercò di mantenere la calma «amore mio bellissimo. Non avere paura. Io ti salverò, ok?».
«Kiran, ascoltami...» fece una pausa, riaprendo gli occhi e tornando in sé per amore del suo uomo «Kiran...non hai colpe. Tu non devi mai pensare di essere l'artefice di tutto questo» deglutì a fatica, sentendo il cuore spaccarsi in due «tu mi hai già salvata, sai? Quando hai deciso di entrare nella mia vita, rendendola una splendida favola. T-tu mi hai donato tutto ciò che una donna può desiderare e mi è stato inevitabile innamorarmi di te, del tuo animo buono e della purezza dei tuoi occhi. Sei l'uomo che ho sempre sognato, Kiran... E mi dispiace solo non avere il tempo. Quel tempo che ci è sempre sembrato breve, di fronte alla vita che credevamo ci attendesse» si lasciò andare ad un singhiozzò, bloccandosi.
«No...no...no!» iniziò a muoversi nervosamente per la stanza «non dire così! Non farlo...io ti salverò. Non pensare al peggio, amore mio» lanciò uno sguardo di disperazione alle autorità «vedrai, andrà tutto bene. Lui non ti farà nulla. Fidati di me, ti prego».
«Amore mio...» rispose, smettendo di piangere «io sto proteggendo il frutto di ciò che ci siamo donati con tutte le mie forze, sai?» seguitò, senza far intuire nulla a Charles, che corrugò la fronte non capendo «e lo farò fino al mio ultimo respiro. Fino a quando i miei occhi, chiudendosi, potranno ancora vedere la tua immagine meravigliosa. Sposarti è stata la scelta migliore che potessi fare, Kiran. E se solo avessi saputo, se solo avessi potuto prevedere tutto questo, avrei ceduto al tuo corteggiamento sin dall'inizio» fece una pausa «i-io non so se avrò il tempo per rivedere i tuoi occhi, Kiran... Ma se così non fosse, io voglio che tu viva nel nostro splendido ricordo, affinché nemmeno la morte possa fermare il nostro tempo» altre lacrime riempirono il suo viso, sentendosi travolgere dalla paura «t-ti amo, Kiran... Solo il cielo sa quanto amore nutro per te! Ti porto dentro di me, ti porto nella mia anima e nel mio stesso respiro. Il male non potrà mai vincere su chi si è amato così tanto» si bloccò per un altro singhiozzo «ti ho giurato che per te avrei affrontato anche l'oscurità e lo sto facendo. Perché tutto ciò che voglio è che tu stia bene...E se per la tua vita, dovrò dargli la mia, allora non ho paura. Non ho paura, Kiran» si abbandonò ad un pianto pieno di dolore e l'agente scattò in piedi all'improvviso, comunicando ai colleghi di aver rintracciato la telefonata.
Si voltò verso Kiran e sorrise, alzando il pollice in segno di vittoria. Gli agenti corsero immediatamente via e si diressero alle volanti, comunicando ad altri colleghi il luogo dove avrebbero trovato la donna.
Charles le tolse il telefono dall'orecchio e si alzò, senza dare più il tempo ai due di comunicare. «Salutala, Scott!» gli ordinò in tono minaccioso, inserendo il vivavoce e facendogli sentire il suono del caricatore.
«No! Fermo... non farlo» si sentì travolgere dal terrore «non farlo...so che non vuoi farlo. Troviamo un accordo! Il Karribean è tuo...te lo cedo!».
Corrugò la fronte, disattivando monentaneamente il caricatore. «Vuoi darmi il Karribean? E come pensi che potrei gestirlo, pezzo di merda? Mi hai mandato in galera e sono un ricercato del cazzo» urlò a quell'ultima affermazione, camminando nervosamente per la stanza «tu mi hai rovinato la vita, ne sei consapevole? È questo che si prova quando si sta per perdere tutto, Scott. Il tuo dolore è esattamente ciò che desidero in questo momento. Ho provato a fermarti in tutti i modi, ma tu hai continuato a sfidarmi» fece una pausa «ed ora ho capito che è sempre stata lei il tuo vero punto debole. Più del tuo fottuto locale e più della tua fottuta immagine» il suo tono si indurì ancora una volta «devo ucciderla, lo capisci? Io non voglio farlo ma sei tu a costringermi» si passò una mano sul viso, asciugandosi il sudore «cosa si prova, Scott? Dimmelo!» urlò ancora una volta, fermandosi davanti ad Isabel che lo fissava spaventata.
«Non vuoi ucciderla...tu non vuoi» pregò che la polizia facesse in fretta «Charles, ascolta! Se tu la lasci andare, io pagherò la cauzione e il Karribean sarà totalmente tuo. Non resterai in carcere a lungo. Pagherò qualsiasi cifra».
Scoppiò in una grassa risata. «Oh, Scott! Tu sei così ingenuo... Un gigante dal cuore tenero» rise ancora e poi fu interrotto dai poliziotti, che circondarono la struttura dove si trovava con Isabel «figlio di puttana!» Charles urlò con tutta la sua rabbia e Kiran poté ascoltare quello che accadeva, nonostante il cellulare cadde al suolo.
Isabel cacciò un urlo non appena l'uomo l'afferrò per un braccio e gli agenti lo invitarono a lasciarla andare, mentre lui le puntò nuovamente la pistola contro, urlando loro di abbassare le armi. Gli agenti provarono a farlo ragionare ma lui continuò a non ascoltare, minacciando che l'avrebbe uccisa di lì a poco. Dopo diversi ed interminabili secondi e un susseguirsi di urla, due spari improvvisi terminarono quella telefonata, lasciando Kiran nel silenzio più assoluto.
Si raggelò e crollò sul pavimento, mentre il peggiore dei pensieri invase prepotentemente la sua mente.
Una chiamata da parte della poliziotta che aveva seguito le indagini, interruppe poco dopo ogni suo timore.
«P...pronto?» disse con voce tremante.
«Mr Scott...Mr Scott, è finita! Isabel è in salvo» fece una pausa «per Charles Leone non c'è stato nulla da fare. Abbiamo dovuto aprire il fuoco ed è morto dopo pochi secondi» gli comunicò, sentendosi finalmente serena «stanno conducendo sua moglie al pronto soccorso, per poterla visitare e vedere come sta il feto. Corra da lei, adesso. È stato in gamba, Mr Scott! Lei l'ha salvata».
«Isabel!» scoppiò in lacrime «V-vado...vado da lei» chiuse la chiamata e, informati i ragazzi, prese le chiavi dell'auto e corse il più in fretta possibile al pronto soccorso.
La donna, arrivata in ospedale, fu condotta in una stanza e i medici si occuparono immediatamente di lei, curandole le ferite ai polsi e inserendole una flebo per poterla reidratare. Lei chiese più volte di Kiran e guardò spesso verso la porta della stanza, desiderando solo di vederlo arrivare. La ginecologa la tranquillizzò e iniziò a farle una ecografia, assicurandosi che il feto non avesse subito alcun danno.
«Mr Scott!» l'agente Smith gli andò incontro non appena lo vide, sorridendogli «è tutto finito, stanno visitando sua moglie proprio in questo momento» lo informò, dandogli una pacca sulla spalla «è tutto merito suo. Intrattenere Leone al telefono ci ha permesso di intervenire tempestivamente».
«Avrei dato la mia vita per lei» si guardò intorno «posso andare da lei? Dov'è?».
«È lì dentro, vada pure!»gli indicò la stanza, sorridendo.
«Grazie!» corse da lei, entrando in stanza «Isabel! Amore mio» le si avvicinò «amore mio bellissimo» le prese la mano, baciandogliela più volte.
«Kiran!» esclamò a gran voce, tornando a vivere in un attimo «amore mio, amore mio...» strinse quella mano e la ginecologa sorrise, ripulendola dal gel.
«Il vostro piccolino è davvero forte, signori Scott. È rimasto aggrappato saldamente alla sua mamma e sta benissimo» li informò, facendo rilassare totalmente Isabel, che fece un ampio sorriso.
«Sta bene, Kiran... Baby è ancora lì!» lo guardò incantata, faticando a credere che fosse tutto finito.
«E tu sei qui...con me» la abbracciò, riempiendola di baci «mi dispiace, amore mio. Mi dispiace così tanto».
Scosse la testa, affondando il viso nel suo collo, facendogli spazio sul letto dove si trovava. «Non è colpa tua, non lo è mai stata. L-lui... Lui non c'è più! È finita davvero, stavolta» chiuse gli occhi, inalando finalmente il suo profumo «stringimi, ti prego!».
«Non ti lascio più, amore mio» si stese accanto a lei, abbracciandola più stretta «non vado da nessuna parte».
«Ti ha fatto male...» proferì, guardandogli il viso e soffermandosi sul livido. Avvicinò le labbra a quell'ematoma e glielo baciò delicatamente, accarezzandogli con le dita quel viso provato «l'amore ha sconfitto il male, Kiran».
«Adesso che ti ho accanto, non provo più nessun dolore» le accarezzò il viso «ha toccato anche te...» serrò la mascella, notando anche dei segni sul braccio «fin troppo».
«Non importa, Kiran! Loro guariranno...» gli sorrise, sollevandogli il viso per farsi guardare «guariranno!» gli ripetè, posandogli un bacio sulle labbra «non potrà più farci del male ed è questo che conta, adesso!» lo baciò ancora un paio di volte, stringendosi nuovamente a lui «sei il mio respiro, amore... Per poter sopravvivere all'inferno, immaginavo il tuo viso e ritrovavo la forza per non mollare» tornò a guardarlo, posando le dita sulle sue labbra «tu mi hai salvata...».
Scosse la testa. «Sei tu che hai salvato me. È grazie a te se sono riuscito a trattenerlo il più possibile» la baciò «ti amo, Isabel. Vi amo» le accarezzò la pancia.
«E noi amiamo te, Kiran! Ti ameremo all'infinito e anche di più...Per sempre! Sei il nostro eroe, il nostro amore più grande, il mio stesso respiro. Nulla cambierà mai ciò che sento per te! Ho iniziato a vivere, nel preciso istante in cui i miei occhi hanno conosciuto i tuoi!» lo abbracciò forte, sentendosi finalmente al sicuro.
Per quanto Charles Leone avesse cercato di separarli, l'amore di Kiran ed Isabel si era dimostrato più forte di qualsiasi altra cosa. Quell'uomo tanto assetato di vendetta, non era riuscito ad annientare un uomo che aveva deciso di vivere nel bene, andando contro ogni forma di ingiustizia e cattiveria. Al contrario, Kiran aveva dimostrato spesso che, per vivere nella luce, era necessario affrontare a spalle larghe il male. Quello stesso male, che gli aveva quasi strappato via con ferocia, la cosa alla quale teneva di più. Isabel, così come aveva detto Charles prima di morire, era da sempre il suo punto debole. La donna per la quale avrebbe dato la sua vita e della quale si era follemente innamorato e per la prima volta. Con lei, Kiran sarebbe sempre riuscito a ritrovare la forza per andare avanti. Ed ora, che il dolore aveva ceduto finalmente il posto all'amore, i due erano pronti a continuare la loro meravigliosa favola, consapevoli che più nulla avrebbe potuto scalfirli nel profondo.
Era arrivato il momento di stringersi forte e di godersi ogni istante, come fosse il più bello della loro vita.

(ECCOCI QUI! CON BEN QUATTRO CAPITOLI...ABBIAMO DECISO DI PUBBLICARLI TUTTI IN UNA VOLTA COME REGALO DI NATALE...SIAMO QUASI ALLA FINE, L'EPILOGO VI ASPETTA DOPO LE FESTIVITÀ. PER ADESSO VI AUGURIAMO DELLE FESTE SERENE E IN COMPAGNIA DELLE PERSONE CHE PIÙ AMATE. UN BACIO, ANZI DUE...ARIANNA E GIOVANNA ❤️🎄)

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