CAPITOLO DICIOTTO

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Nel primo pomeriggio, come previsto, Jeremy e Kiran si prepararono per raggiungere il penitenziario. Il ragazzo indossò la sua giacca e afferrò la valigetta, attendendo suo cognato all'ingresso.
«Quando vuoi, possiamo andare» gli comunicò a gran voce, controllando che ci fossero tutti i documenti nel fascicolo.
«Eccomi!» inviò un sms a Isabel e lo raggiunse «possiamo andare».
Annuì e infilò tutto nella valigetta, uscendo con lui e dirigendosi all'auto. Jeremy fece una smorfia di apprezzamento nell'osservare la Maserati di Kiran e salì quasi subito, accarezzando il cruscotto.
«Il bello di essere Kiran Scott...» sogghignò «hai conquistato così mia sorella, vero? Facendole fare un giro ad alta velocità sulla superstrada e contromano?».
«In realtà le ho semplicemente offerto un drink» mise in moto e fece rombare il motore «al ritorno te la faccio provare» gli fece l'occhiolino e si immise nel traffico.
Sogghignò. «Sai che è una appassionata di macchine d'epoca? L'avresti portata a letto il giorno stesso, se le avessi regalato un giro in una di quelle» esclamò divertito «e per fortuna ora non è qui! Se mi sentisse, mi taglierebbe i gioielli di famiglia» fece una smorfia «a proposito di gioielli di famiglia, cognato... Conosco Isabel da quando sono venuto al mondo... Buffo, vero?» seguitò ironico «e ti assicuro che dopo la questione preservativi al chiodo e tutto quello che ne è seguito dopo, Isabel ha cambiato espressione, divenendo pensierosa. Non credo che la cosa la preoccupasse ma... Avrà dimenticato di assumere la pillola o qualcosa del genere. E poi, ti consiglio di affrontare l'argomento appena sarà possibile. Sicuramente ha riflettuto anche su altro perché il suo viso si è incupito ad un certo punto».
Corrugò la fronte. «Ho sbagliato qualcosa? È colpa mia?» gli lanciò un breve sguardo preoccupato.
Scosse la testa. «Ha trentotto anni, Kiran... Mia sorella vuole un figlio tanto quanto te, probabilmente! Ma sa di essere una donna adulta» gli lanciò uno sguardo «troppo adulta. Decisamente adulta! Mi hai capito, no? Alla vostra età non sempre le cose vanno come dovrebbero. Insomma, può ancora riprodursi, ma è ovvio che non sarà semplice! Io vi auguro il contrario, ovviamente. Ma penso tu debba riflettere anche su questa eventualità».
«A me basta avere lei. Se un figlio arriverà, sarò ben lieto di accoglierlo. Se non arriverà, pazienza» arrivarono a destinazione «ci prenderemo un gatto» disse parcheggiando.
Scoppiò a ridere. «Prega che non sia allergica al pelo» fece una smorfia e uscì dall'auto, avviandosi con lui dalla guardia penitenziaria. Jeremy si annunciò ed entrambi passarono attraverso i controlli, mentre un altro faceva loro strada. Percorsero diversi corridoi e poi raggiunsero la porta dove si sarebbe tenuto il colloquio, entrando in sala poco dopo.
Jeremy si accomodò con lui e attesero i due ragazzi, che arrivarono da loro dopo diversi minuti.
«Kiran...» esclamò immediatamente Tom, non appena ebbe il suo amico davanti.
Jean apparve il più provato e salutò anche lui il suo capo, sorridendogli. «Finalmente! Non sai quanto abbiamo desiderato questo momento» esclamò, presentandosi a Jeremy.
«Ragazzi!» andò ad abbracciare entrambi «mi dispiace. È tutta colpa mia» sospirò nel vedere lo stato di Jean «ma vi tirerò fuori. Lo so che non è colpa vostra».
«Non abbiamo mai fatto nulla del genere e di sicuro non lo avrebbe fatto dentro il Karribean» sospirò Tom, accomodandosi con il suo amico dinnanzi ai due.
«C'erano due uomini, Kiran! Qui nessuno ha voluto ascoltarci, né farci dire la nostra verità. Ma ti assicuro che li ho visti quella sera» confessò Jean «sono entrati e hanno chiesto due scotch...Nulla di strano fino a qui! Se non fosse che li ho notati che osservavano troppo spesso la zona riservata al personale. Come se stessero cercando di capire come accedervi. Forse è solo un caso ma...Poco prima che arrivasse la polizia e che Richard fosse cacciato dal tuo ufficio, hanno abbandonato il locale».
«Merda!» scosse la testa «è tutta colpa mia. Hanno studiato tutto per filo e per segno...sapevano che provocandomi, Richard sarebbe entrato senza dover passare i controlli. La droga ce l'aveva sicuramente lui» li guardò dispiaciuto «perdonatemi, ragazzi».
Scossero la testa ad unisono. «Ehi...non penserai davvero che ce l'abbiamo con te, vero?» disse Tom «noi piuttosto siamo incazzati per ciò che ti hanno fatto, ancora una volta».
«Kiran, noi usciremo da qui! Non è questo che ci spaventa. Questo posto è una merda, ma ce la faremo. Quello in pericolo sei tu e anche Isabel» aggiunse, facendo irrigidire Jeremy.
«Pensate fossero uomini di Leone?» chiese il ragazzo, continuando a scrivere i suoi appunti.
«Assolutamente sì! Nessuno avrebbe voluto tutto questo a parte lui. Doveva colpire un altro suo punto debole e sapeva di poterci riuscire con me e Jean. Ha provato ad incendiare il Karribean ma non è riuscito ad ottenere la vittoria. Così ha deciso di introdurre proprio la merda per la quale Kiran si batte continuamente» rispose Tom.
«I cocktail di quelle ragazze sono stati drogati in un momento di distrazione mia e di Tom. Erano in due, quindi laddove agiva uno...».
«L'altro colpiva di conseguenza...» lo interruppe Jeremy, apparendo riflessivo.
«Kiran...Devi stare attento! Non è il momento per abbassare la guardia. Leone sicuramente ti osserva e osserva Isabel. Devi agire in fretta, prima che decida di colpire lei» lo avvertì Tom.
Annuì. «Ho già un piano. Lui e gli altri ragazzi mi aiuteranno...farò cantare Richard e voi sarete fuori in un batter d'occhio» spiegò, mostrando una calma apparente «dovete resistere solo un altro po'».
«Noi ti restiamo accanto, Kiran! È sempre stato così...Tu tieniti fuori dai guai ancora per un po' e tutto sarà finito. Charles Leone deve pagare per i suoi errori» Tom gli afferrò le mani «ti voglio bene, amico. Non pensare che io e Jean siamo arrabbiati con te».
«Già, boss! Vogliamo solo uscire e tornare al nostro lavoro. Sapere che credi in noi ci dà un motivo in più per lottare».
«Altri due minuti» esclamò la guardia alle spalle dei due ragazzi, allontanando le mani di Tom da quelle di Kiran.
«Vi tireremo fuori, avete la mia parola! Serviranno delle prove e poi sarete scagionati» li rassicurò Jeremy.
Lanciò un'occhiataccia alla guardia. «Gli altri vi salutano e non vedono l'ora di riavervi accanto» diede una pacca sulla spalla ad entrambi «resistete, ragazzi. Vi porto fuori di qui» sorrise.
«Ti converrà, boss! O giuriamo entrambi di seviziarti appena usciremo da qui» ribatté Tom sogghignando. Si alzarono e lo guardarono con un velo di malinconia «ci mancherai, capo! Salutaci i ragazzi e dà un bacio a Isabel da parte nostra».
«Anche più di un bacio, in realtà» lo punzecchiò Jean «grazie, avvocato. Grazie per questo colloquio e per tutto ciò che farai per noi».
«Nessun problema! Aiuto volentieri voi e mio cognato» fece loro l'occhiolino, alzandosi con Kiran.
«A presto!» mantenne il sorriso fino a quando non uscirono dalla stanza e poi si rabbuiò «come si può pensare che possano spacciare droga?» sospirò e si ricompose, guardando la guardia che era rimasta lì «la prossima volta ci pensi due volte prima di mettere le mani addosso a chiunque» gli disse con tono duro.
«Per le manifestazioni d'affetto non è questa la sede opportuna» gli rispose, facendo un cenno al collega di scortarli fino all'uscita.
«Lascia stare, Kiran!» disse Jeremy, allontanandosi da lì con lui «sono guardie di un penitenziario, cosa ti aspetti?» provò a tranquillizzarlo «e comunque, no! I tuoi ragazzi non hanno assolutamente la faccia di due spacciatori. È per questo che gli artefici la pagheranno molto cara...Soprattutto uno a me tanto caro» contrasse la mascella.
«Domani! Avverrà tutto domani» gli disse una volta fuori «devono uscire da questo posto in fretta».
Annuì. «Nel frattempo...Dove vuoi che ti porto?» fece un ampio sorriso, porgendogli il palmo in attesa «ogni promessa è debito cognato» sogghignò.
«Sai come si guida un gioiello del genere?» lo fissò poco convinto.
«Assolutamente sì!» continuò a sorridere, guardandolo in attesa «io aiuto te, tu fai divertire me».
«Ho come la sensazione che te ne approfitterai spesso» gli mise le chiavi in mano.
«Il bello di essere il cognato di Kiran Scott» si recò al posto di guida e ci salì su, accarezzando lo sterzo tra le mani. Fece una smorfia di apprezzamento e accese il motore, facendolo rombare un po' «wow! Devo fare una regalo a mia sorella. Si è finalmente donata a te e io ora posso godere di questa meravigliosa creatura» sogghignò «dove andiamo? A casa? Da Isabel? Ad ammazzare Richard?».
«Sei tu che guidi!» lo guardò divertito «anche se l'ultima proposta è molto allettante».
«Ok, ragazzaccio! L'hai voluto tu...» fece un sorriso cinico e uscì dal parcheggio, immettendosi nel traffico. Percorse qualche via del centro e poi svoltò per una strada a scorrimento veloce, godendosi la potenza di quell'auto con suo cognato.
Sentì l'adrenalina crescere e poi effettuò qualche sorpasso, godendosi quella sensazione di padronanza totale della strada. Lanciò un breve sguardo a Kiran e sogghignò, decelerando appena.
«Tu hai una bambina molto cattiva tra le mani, ne sei consapevole?» disse divertito, accelerando nuovamente.
«Io so come domare questo genere di purosangue» sogghignò «puoi tenerla per tutto il tempo che ti fermi qui. Io userò l'auto di Tom».
«Dici davvero?» decelerò ancora una volta, imboccando la strada per rientrare in città «e pensi che riuscirò anche a rimorchiare esattamente come te?» lo guardò divertito.
«Tom ha usato spesso la mia auto per concludere la serata...dovresti chiedere a lui».
«Allora è proprio vero che alle belle donzelle piacciono i soldi» fece una smorfia «non capisco cosa non abbia funzionato con mia sorella all'inizio...Non ti piaceva abbastanza o era troppo seriosa per te? O magari eri tu a non piacerle. Quest'ultima eventualità non so come possa risultare possibile, ma con Isabel nulla è scontato».
«Oh, io l'ho desiderata dall'inizio. Ma era lei a starmi a debita distanza» gli raccontò «quando entrò nel mio locale era triste in un angolino del banco. Mi avvicinai a lei e le offrii da bere».
«Pessima mossa, amico! Mia sorella devi farla ridere...Ha riso con te, vero?» chiese, imboccando la strada che portava a casa di Isabel «se è così...Ed è così, dato che vi ho visti con i miei occhi a quella serata di beneficenza, sappi che è stato in quel momento che ha iniziato ad amarti»lo informò «o, meglio, che ha iniziato a lasciarsi andare. Lasciarsi andare sul serio, senza più freni. Solitamente, quando avviene, è il suo modo per dirti 'mi fido di te, mi sento al sicuro'».
«Ed è proprio questo che voglio proteggere. I suoi sorrisi» disse, guardando fuori «quando lei sorride, trasforma anche la giornata più buia».
Parcheggiò nei pressi dell'appartamento, guardandolo. «Ora che ha te accanto, mi sento decisamente più sereno. Saperla qui sola e triste, non mi faceva star sereno. Aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse... Anche se, a dir la verità, sa difendersi piuttosto bene» fece una smorfia «picchia duro, credimi... Usa la sua borsa come arma, il più delle volte».
Scoppiò a ridere. «Grazie dell'informazione. Cercherò di stare il più attento possibile» guardò l'ora «mancano ancora un paio d'ore. A te l'onore di andare a prendere tua sorella dal lavoro...della cena me ne occuperò io. Ho bisogno di tenermi impegnato».
«Perfetto! Vado sin da ora. Preferisco girovagare all'interno della sua agenzia, così da tenerla d'occhio. Va bene se ti lascio solo? Devo controllare se ci sono pollastrelle carine lì» sogghignò.
«Va pure...e trattala bene» diede una pacca sul cruscotto «e non farci sesso qui dentro. È vietato...non l'ho mai fatto nemmeno io» rise e scese dall'auto, recandosi all'ascensore.
Jeremy sogghignò e si diresse da sua sorella, per farle compagnia e riportarla a casa. Arrivò in agenzia e salutò le ragazze e i ragazzi, andando da Isabel. Entrò nel suo ufficio e si accomodò, iniziando a raccontarle quanto si erano detti con Tom e Jean.
«Come può aver fatto una cosa del genere? Lasciarsi corrompere per potersi vendicare sull'uomo che amo» scosse la testa schifata.
«Cosa ti aspettavi da uno come lui? Io non l'ho mai sopportato e saperlo lontano dalla tua vita, è stato un sollievo per me!» fece spallucce.
Isabel sospirò. «Voglio che paghi! Per ciò che mi ha fatto, ma soprattutto per ciò che ha osato fare a Kiran».
«Accadrà, Isabel! E succederà domani» la tranquillizzò «a proposito...Il tuo quasi marito ha un'auto da sballo. E indovina? Mi ha detto che posso usarla per tutto il tempo che sarò qui» fece un ampio sorriso.
Isabel lo fissò accigliata. «Cosa siete diventati voi due esattamente? Una specie di Merlino e Anacleto, Cip e Ciop, Timon e Pumbaa?!» lo osservò attentamente, facendo scoppiare a ridere il ragazzo.
«Ehi...non capita tutti i giorni di diventare il cognato di Kiran Scott. In realtà, prime di te, non accadeva praticamente mai» fece spallucce.
Isabel sospirò rassegnata, alzando poco dopo gli occhi al cielo. «Quindi...È quello giusto?».
«Più che giusto, sorella! Sarai felice con lui, ne sono certo» le fece l'occhiolino.
«Ho dimenticato di assumere la pillola, Jeremy. E io non dimentico mai una cosa del genere» gli confessò, divenendo pensierosa «sono stati due giorni intensi e non ho minimamente pensato alle precauzioni. Il punto è che...Io non so se e quando riuscirò a renderlo padre. Non mi sono mai posta il problema, fino a questa mattina. Quando abbiamo affrontato l'argomento e io ho dovuto fare i conti con la mia età» gli lanciò uno sguardo.
«Isabel, non devi vederla in questo modo! Ne abbiamo solo parlato, io ti stavo provocando e lui era totalmente sereno a riguardo. So che la tua età ti porta a pensare che ormai non sei più una diciottenne che potrebbe restare incinta domani ma...Prendila con leggerezza. Non sforzare il tuo corpo e la tua mente. Non sarebbe l'approccio giusto» le spiegò «parlane con Kiran e vedrai che non c'è alcun motivo per preoccuparsi. Credimi se ti dico che lui non te ne farebbe mai una colpa, se tu non riuscissi a dargli un figlio. Siete grandi, maturi e intelligenti. Insieme troverete sempre il modo per risolvere e cercare altre soluzioni. Un figlio è la cosa più importante e preziosa che si possa avere, ma non lega necessariamente due persone. Si può stare insieme anche senza averne» le prese le mani e le strinse nelle sue «godetevi la vostra relazione e non pensarci. Se accadrà, sarà più che accolto e amato».
Isabel lo ascoltò attentamente e sorrise, alzandosi e andando ad abbracciarlo. «Quando è successo che sei cresciuto così in fretta, da dispensarmi consigli così maturi?» lo strinse forte, sentendosi leggermente più tranquilla.
«Ho trentadue anni ma conosco il mondo, Miss Moore. Tu mi sottovaluti, sorellina» sorrise e le riempì la guancia di baci.
«Andiamo a casa, uomo maturo!» si staccò e gli arruffò i capelli, chiudendo tutti i documenti sulla scrivania. Ripose i fascicoli in borsa e poi uscì dall'ufficio con lui, salutando i dipendenti e tornando finalmente dal suo uomo.

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