in my fumes

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«𝐝𝐨 𝐲𝐨𝐮 𝐫𝐞𝐦𝐞𝐦𝐛𝐞𝐫 𝐰𝐡𝐞𝐧 𝐰𝐞 𝐟𝐞𝐥𝐭 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐨𝐧𝐥𝐲 𝐭𝐰𝐨 𝐚𝐥𝐢𝐯𝐞?»𝐫𝐞𝐦𝐞𝐦𝐛𝐞𝐫 𝐰𝐡𝐞𝐧 - 𝐰𝐚𝐥𝐥𝐨𝐰𝐬

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«𝐝𝐨 𝐲𝐨𝐮 𝐫𝐞𝐦𝐞𝐦𝐛𝐞𝐫 𝐰𝐡𝐞𝐧 𝐰𝐞 𝐟𝐞𝐥𝐭 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐨𝐧𝐥𝐲 𝐭𝐰𝐨 𝐚𝐥𝐢𝐯𝐞?»
𝐫𝐞𝐦𝐞𝐦𝐛𝐞𝐫 𝐰𝐡𝐞𝐧 - 𝐰𝐚𝐥𝐥𝐨𝐰𝐬

Con un pugno ben assestato, Reiner affondò il casco nella sua testa. Se lo sistemò prendendolo dai lati, poi si accovacciò un poco. I minuti che seguitarono passarono velocemente, ma non per lui. Per lui era passato un tempo molto più lungo, perché ogni azione avversaria era a rallentatore, come la palla che stava arrivando nella sua direzione. La intercettò, prendendola tra le mani grandi e ruvide, per poi cominciare una corsa folle. Qualcuno della squadra avversaria tentò di placcarlo, ma al capitano bastò una spallata per respingerlo quasi senza sforzo. Arrivato alla meta, schiacciò la palla ovale a terra con tutta la sua forza. Da quel momento il tempo ricominciò a scorrere alla sua normale velocità, e Reiner si tolse il casco color cremisi. Sorrise, togliendosi il paradenti, e sventolò una mano mentre i compagni di squadra gli correvano incontro. L' università, che aveva riempito lo stadio, esultava festante, e i compagni del capitano gli saltarono addosso schiamazzando. Sempre sorridente, Reiner si rialzò in qualche modo da quel marasma di uomini fatti e finiti che lo avevano aggredito dalla felicità. Era una delle partite più importanti dell'anno, per altro contro l'università con la quale la rivalità era sempre stata alle stelle, quindi quella partita era stata di vitale importanza. Ma nulla per Reiner Braun era impossibile a quanto pare, del resto lo chiamavano anche gigante corazzato. Il suo fisico, frutto dei suoi geni favorevoli e anche di tanto allenamento, rassomigliava quello di un titano, e la sua difesa era impenetrabile. Ma anche il suo attacco, visto che con solo una spallata riusciva a mandare giù anche il giocatore più grosso della squadra avversaria. Reiner si asciugò la fronte con l'orlo della maglietta, rivelando gli addominali scolpiti degni di un giocatore professionista, e percorse il campo per tornare agli spogliatoi con la squadra. Le esultanze furono ancora più esagerate lì dentro, con lui che veniva continuamente preso a pacche sulle spalle, abbracciato o spintonato amichevolmente. Anche se ricevere tutto questo affetto violento da dei ragazzi prossimi ai vent'anni non era esattamente indolore.

"Non so che cosa tu abbia fatto prima, ma mi hai fatto venire i brividi" disse uno, tirandogli un pugno sugli addominali allenati del capitano.

"Ho solo fatto quello che andava fatto" rispose Reiner, sorridendo con la sua classica frase di circostanza per quelle occasioni.

"No, tu sei un mostro Reiner, un cazzo di gigante corazzato, letteralmente" si complimentò un altro.

"Ma cosa parli che anche tu hai fatto l'impossibile prima" lo congratulò di rimando il capitano, lasciandogli una pacca sulla spalla.

"Madonna Braun, me lo hai fatto venire duro!" Un suo amico fu ancora più audace.

"Ecco, non dirlo mai più" rispose Reiner.

I festeggiamenti continuarono in schiamazzi, cori, applausi rivolti a tutta la squadra generale perché il merito era anche degli altri se erano arrivati alla vittoria. Poi, Reiner si fece una doccia veloce per far scivolare via tutto il sudore sul suo corpo dopo la partita, e quando uscì si rinfilò mutande e pantaloni puliti. Non prima di aver ricevuto una frustata di asciugamano sul culo, come al solito. Ormai non si sforzava neanche più a rispondere di rimando o a dire che queste cose le faceva alle medie, si limitava a ridere alla stupidaggine dei compagni e a lasciarli fare in quel momento di euforia. Mentre cercava anche una maglietta pulita nella sacca, uno dei suoi compagni gli si avvicinò.

hold me up | reiner braunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora