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«𝐚𝐧𝐝 𝐦𝐲 𝐝*𝐜𝐤 𝐭𝐚𝐤𝐞𝐬 𝐨𝐯𝐞𝐫, 𝐚𝐧𝐝 𝐈'𝐦 𝐭𝐡𝐢𝐧𝐤𝐢𝐧𝐠 '𝐛𝐨𝐮𝐭 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐥𝐢𝐩𝐬 𝐛𝐮𝐭 𝐰𝐞'𝐫𝐞 𝐭𝐨𝐨 𝐝𝐚𝐦𝐧 𝐬𝐨𝐛𝐞𝐫, 𝐟𝐨𝐫 𝐦𝐢𝐬𝐭𝐚𝐤𝐞𝐬 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐢𝐬»𝐦𝐢𝐬𝐭𝐚𝐤𝐞𝐬 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐢𝐬 - 𝐩𝐫𝐞𝐥𝐨𝐰

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«𝐚𝐧𝐝 𝐦𝐲 𝐝*𝐜𝐤 𝐭𝐚𝐤𝐞𝐬 𝐨𝐯𝐞𝐫, 𝐚𝐧𝐝 𝐈'𝐦 𝐭𝐡𝐢𝐧𝐤𝐢𝐧𝐠 '𝐛𝐨𝐮𝐭 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐥𝐢𝐩𝐬 𝐛𝐮𝐭 𝐰𝐞'𝐫𝐞 𝐭𝐨𝐨 𝐝𝐚𝐦𝐧 𝐬𝐨𝐛𝐞𝐫, 𝐟𝐨𝐫 𝐦𝐢𝐬𝐭𝐚𝐤𝐞𝐬 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐢𝐬»
𝐦𝐢𝐬𝐭𝐚𝐤𝐞𝐬 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐢𝐬 - 𝐩𝐫𝐞𝐥𝐨𝐰

Reiner voleva sinceramente bene ad Alita ma, per quanto ci provasse, non riusciva a dimostrarglielo. La baciava, o la accarezzava, ma ogni gesto che faceva gli sembrava un progetto costruito nei minimi dettagli. Eppure non era difficile baciare o accarezzare una persona, lo aveva fatto più volte, con più ragazze.
Ma quando lo faceva con Alita, gli sembrava che le vene delle sue braccia venissero sostituite da cavi rossi e blu, e che la pelle gli diventasse dura come il metallo. La differenza tra lui e un automa non era tanto sottile, in quei momenti. Lei non sembrava accorgersene, e apprezzava quei gesti ricambiandoli. Reiner la sentiva la differenza, quando era lei a dargli affetto. Alita lo sapeva fare, lui no.
Un giorno erano andati a una festa insieme e lei si era messa a giocare a biliardo. Reiner stava in piedi accanto a Bertholdt in quel momento, nella cucina di casa di chissá chi. La situazione gli sembrò tremendamente familiare, e subito ricollegó quel momento alla serata a casa di Floch, dove conobbe Emmeline. Allora gli si accese una piccola scintilla nel cuore, che fu quanto bastava per chiedere un altro shot di tequila. Pronto come non lo era mai stato, guardó Alita con la stessa concentrazione con cui aveva guardato Emmeline giocare a biliardo mesi prima.
Ne rimase delusissimo. Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricreare neanche un briciolo di quanto aveva sentito mesi prima. Forse era troppo brillo, o troppo poco.

"Reiner, vieni a giocare?" lo chiamó Alita, qualche metro più lontano.

Reiner annuí e le si avvicinó, affiancandola al tavolo da biliardo. Quando vide la sua ragazza bere l'ennesimo shot, una parte malata di lui speró che lei poi sarebbe andata sul retro a vomitare sulla sua macchina.

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Il cielo, quella sera, si era dipinto dei colori del crepuscolo. Il blu turchese precedente era stato sostituito da un blu più scuro che anticipava il buio totale che sarebbe sceso di lì a poco. Reiner era rimasto a lungo seduto sul campo da football ad ascoltare musica finché non era arrivato quel momento.
Emmeline gli aveva dato la playlist qualche giorno prima, come gli aveva promesso sin dal loro incontro su quello stesso campo da football. Gli aveva consegnato sia un CD che aveva masterizzato per vie non legali, sia una copia digitale su Spotify da ascoltare ovunque. In tre giorni, quella era la settima volta che Reiner la riascoltava per intero. Emmeline, in qualche modo, era riuscita a cogliere la sua persona in poco più di una decina di canzoni. Alcune erano state selezionate per aiutarlo ad allenarsi, altre per passeggiare e altre ancora per pensare immobile. Ascoltare la playlist che Emmeline aveva fatto era come sentire la sua voce elencargli in un orecchio tutto quello che sapeva su di lui. Anzi, gli diceva tutto quello che lui era. Forse Reiner stava vedendo le cose dal punto di vista sbagliato, perché lui poteva essere chi voleva, ma non poteva fare a meno di pensare che sarebbe voluto essere tutto ciò che lei gli avrebbe chiesto di diventare.
Emmeline lo raggiunse sul campo da football poco dopo, era stato lui a scriverle e chiederle di venire a tenergli compagnia.

hold me up | reiner braunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora