UshiTen

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Era notte fonda, la luna piena illuminava l'accampamento dal quale si levavano le urla festanti degli uomini seduti attorno ai bracieri accesi. Un ragazzo si allontanò furtivamente dirigendosi verso la sua tenda. Nessuno ci fece caso in quanto erano quasi tutti ubriachi e il ragazzo, oltre ad essere il figlio del capo, era anche considerato parecchio strano. Nel frattempo un giovane principe si alzò dal tavolo e salutò i genitori con la scusa di dover riposare per la battaglia del giorno seguente. Il reale percorse il labirinto di corridoi che costituiva il suo palazzo fino ad arrivare nella sua stanza. Il principe si assicurò che la porta della camera fosse ben chiusa e si diresse verso la finestra da cui si calò. Il ragazzo sgattaiolò per tutta la cittadina e raggiunse una piccola grotta isolata in cui trovò una figura magra e alta dai capelli color del fuoco ad aspettarlo. <<Buonasera principino>> disse il rosso per sfotterlo. Il reale, dal fisico più più alto e muscoloso e i capelli scuri, non rispose e si avventò sulle labbra dello strano figlio del capo del popolo invasore. I due ragazzi passarono la notte a baciarsi e coccolarsi. Il rosso era ben consapevole che uno di loro l'indomani sarebbe morto e quindi cercò di godersi a pieno quel momento e tutte le piccole attenzioni che il reale gli dedicava e riservava. Il ragazzo cercava di imprimersi nella mente i lineamenti, il profumo e la morbidezza della pelle dell'amato per poter affrontare serenamente il combattimento dell'indomani. I popoli dei due ragazzi erano in guerra da anni ed entrambe le fazioni avevano subito ingenti perdite. Proprio per questo motivo i due re erano scesi a compromessi, avrebbero fatto combattere in un duello mortale i loro figli. Nel patto che i sovrani avevano sottoscritto veniva dichiarato che il principe che sarebbe morto avrebbe decretato la sconfitta del proprio popolo e che se il sovrano del popolo vincitore avesse ritenuto il principe deceduto un guerriero abbastanza valoroso, gli avrebbe riservato alcuni onori funebri della famiglia reale a cui apparteneva.

Il rosso, pur sapendo di dover combattere contro l'amato, non aveva rivelato la sua vera identità di principe nemico, per questo motivo cercava di donare all'amato più carezze e baci possibili così da sopperire al dolore e alla mancanza che l'altro avrebbe provato quando l'avrebbe ucciso. Il principe invasore non aveva paura di morire, secondo lui era un onore riservato a pochi spegnersi per mano della propria anima gemella e poter esalare il suo ultimo respiro accanto ad essa.

<<Stasera sei molto silenzioso>> disse il ragazzo dal fisico possente. <<Sono solo preoccupato per domani>> rispose il rosso. <<Non ti preoccupare, tornerò da te>> sussurrò stringendo maggiormente l'esile ragazzo. I due ricominciarono a coccolarsi e si separarono con un lungo bacio alle prime luci dell'alba. Era quasi mezzogiorno, i guerrieri all'interno dell'accampamento stavano incitando il loro principe facendo gli ultimi riti per prepararlo al duello. Il padre gli si avvicinò, lo guardò negli enormi occhi rossi e gli posò l'elmo sulla testa. L'esercito straniero si avvicinò al punto in cui si sarebbe tenuto lo scontro. Il rosso prese un respiro profondo. Non avrebbe mai voluto convivere con il dolore di aver ucciso l'amato per il resto della sua vita, ma sapeva anche di non poter deludere il proprio popolo. Dentro all'enorme reggia il principe veniva abbracciato dalla madre e dalle sorelle agitate e in lacrime da quella mattina. Invece il sovrano rimase composto, si permise solo di lasciare una carezza sul capo del figlio prima di passargli elmo e spada, ben consapevole che il proprio erede avesse un'indole troppo buona per uccidere qualcuno ma che, per la propria natura servizievole e ubbidente, avrebbe rispettato il patto sottoscritto con i nemici. Come il popolo invasore anche, il ragazzo si diresse sul luogo dello scontro accompagnato dal proprio esercito. Il castano non provò neanche a individuare il proprio amato tra la schiera di soldati nemici perché sapeva che, molto probabilmente, non sarebbe riuscito a riconosce quel corpo minuto e delicato con l'armatura addosso. I sovrani e gli eserciti osservarono i due giovani eredi avvicinarsi e scambiarsi i convenevoli che si addicono a un guerriero per poi mettersi in posizione. Il rosso inspirò profondamente. Addio amore mio pensò prima di attaccare l'amato. L'altro principe non si fece cogliere impreparato, parò impeccabilmente il colpo e contrattaccò. Tra stoccate, affondi, parate, fendenti e lotta il duello andò avanti per ore. Nessuno dei due eredi sembrava volersi arrendere, nonostante i corpi doloranti pieni di graffi, tagli e lividi e le braccia pesanti. Ad un certo punto il principe invasore riuscì a far sbilanciare l'altro facendolo cadere in ginocchio ai suoi piedi. Con un colpo secco gli fece volare l'elmo, voleva vedere il suo viso per l'ultima volta. L'esercito invasore esultò mentre quello locale tratteneva il fiato, le principesse piangevano coprendosi gli occhi per non vedere la scena, la regina singhiozzava mentre il re aveva il viso contratto in una smorfia di dolore. <<Se questo è il mio destino voglio almeno conoscere nome e volto del valoroso principe che mi ha battuto>> disse il ragazzo in ginocchio cercando, in un ultimo gesto disperato, di parare il fendente che gli avrebbe tranciato di netto la testa. Tutto tacque. Il tonfo sordo di un corpo che cade sulla sabbia. L'urlo disperato di un padre che perde il proprio figlio che fa tacere le urla festanti dell'esercito nemico. Il principe in ginocchio aprì gli occhi e tirò un sospiro di sollievo nel sentire la testa ancora attaccata al collo, davanti a lui un corpo agonizzante con una spada piantata in gola. Non si era accorto che, con quel gesto disperato, aveva conficcato il proprio ferro nella gola dell'avversario. Il possente ragazzo si avvicinò al corpo dell'altro principe, allontanò le armi e gli estrasse la propria spada dalla gola. A quel punto, sotto gli sguardi tristi e attenti del popolo nemico, tolse l'elmo all'abile duellante contro cui aveva combattuto per ore. I lineamenti mostravano un viso magro dalle guance quasi scavate e la pelle chiara di un ragazzo che doveva avere circa la sua età. La bocca dalle sottili e rosee labbra, che tante volte aveva baciato, era spalancata in cerca d'aria e grondante di sangue, gli occhi grandi, lucidi, dello stesso colore dei capelli lo guardavano amorevolmente e una chioma fulva incorniciava il volto del suo amato. Il vincitore si impanicò, qualche lacrima gli solcò il viso, la sua grande mano esercitava pressione sulla mortale ferita che aveva inflitto all'altro <<T-Ti salverò! Adesso ci penso io>> sussurrò. Il ragazzo morente sorrise e si sforzò di parlare <<Fino alla morte>>. Allora il principe vincitore si avvicinò al suo viso sussurrandogli dolci parole, gli diede un ultimo bacio dal gusto ferroso e ricevette un <<Ti amo principino>> prima di tagliargli la giugulare con un pugnale, ponendo così fine alle sue sofferenze. Si alzò da terra, prese in braccio il corpo senza vita dell'amato, lo portò al cospetto del re nemico e si inchinò <<Con il suo permesso vorrei riservargli alcuni onori tipici del mio popolo>>. Il sovrano accarezzò la testa del figlio defunto e annuì. Il ragazzo si girò verso le mura, fece un cenno e si incamminò verso una meta incognita. Il principe venne seguito da un'ancella, dal padre, dai sacerdoti e da qualche guerriero. Dopo un po' li seguì anche l'esercito nemico così da poter dare un ultimo saluto al proprio principe. L'erede sopravvissuto si pulì velocemente e indossò una tunica, lasciando al sovrano nemico il compito di svestire il figlio. Successivamente prese il corpo esanime e lo lavò nel fiume che si trovava nella radura che avevano raggiunto. La salma venne preparata secondo gli usi e i costumi di entrambi i popoli e, giunta la sera, venne portata e poggiata sulla pira dalle possenti bracca dell'amato. Il sovrano invasore accese il fuoco sotto il corpo del figlio e, con l'aiuto dell'erede nemico, spinse la pira al centro del corso d'acqua dolce. Il fuoco si alzava nel cielo scuro facendosi sempre più distante e, una volta sparito del tutto dalla loro vista, una luce abbagliante illuminò il cielo.

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