2. A

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Ma il sesso è un'attitudine, come l'arte in genere

E forse l'ho capito e sono qui.



Mi spaventava intraprendere quel tipo di rapporto, soprattutto con una persona che mi era amica, ma c'era qualcosa nel nostro rapporto che mi spinse ad accettare.

L'eccitazione nel mio corpo dopo quella richiesta, inoltre, montò in me con una velocità impressionante. Il mio scetticismo iniziale si spense appena immaginai le mie mani sfiorare quella pelle morbida. Per sbaglio la mia fantasia finii su molti altri dettagli, come sentire le labbra di Christian su tutto il mio corpo, la sua pelle rabbrividire sotto la mia, la sua stretta sui miei muscoli, vedere i suoi occhi brillare nel godimento, ascoltare il suo respiro farsi affannoso tra le forti spinte.. tutto risuonava estremamente invitante nella mia testa.

Avevo le palpitazioni, così tante che faticai a compiere le mie attività quotidiane quel giorno.

Ero così perso nel mio mondo che ruppi addirittura un bicchiere della mensa. Provai a chiedere scusa una cinquantina di volte alla povera cuoca che mi fissava addolcita, facendomi sentire ancora più in colpa. Mi chinai a raccogliere i cocci e, come in uno di quei film schifosamente scontati e smielati, vidi un paio di mani familiari entrare nella mia visuale.

"Non immaginavo di averti emozionato così tanto con quella semplice proposta" la sua voce era un sensuale sussurro.

"In realtà lo sapevi benissimo" decisi di giocare anch'io la carta della sfacciataggine, era l'unico modo per non soccombere ai miei sentimenti e alle sue frecciatine. "Altrimenti non saresti qui a gongolare" quasi mi tagliai con una scheggia. Facevo quasi pena da tanto ero impacciato, in quel momento.

"Sei eccitante quando mi rispondi male ma arrossisci come un bambino".

Sollevai il viso basito, pronto a rispondere che non ero assolutamente diventato rosso, ma il calore delle mie guance mi tradì, e lo fece pure quel suo sorriso sghembo, che aumentò ulteriormente il mio imbarazzo.

Tirai su quei frammenti in pochi secondi, cercando di interrompere quella situazione.

"Smettila" dissi tra i denti.

Con un gesto poco elegante, Christian appoggiò il vetro che aveva raccolto sul vassoio che ora era ben saldo tra le mie mani.

"Stasera alle dieci Guido ha un incontro segreto con una tizia" mi soffiò nell'orecchio. "La mia camera è libera. Fai un salto, se ti va" si allontanò un po' per guardarmi dalla testa ai piedi. "Non mi dirai più di smetterla" si leccò piano le labbra.

Boccheggiai. Quella frase mi era arrivata come una freccia dritta al cuore, lasciandomi senza fiato. Tanto che, sul più bello che fui pronto a rispondere, mi trovai invece a guardare a bocca aperta la sua figura andar via, con la postura sicura.

Mi sentivo un idiota. Ogni volta che quel ragazzo mi guardava, mi parlava o mi toccava, io diventavo improvvisamente di gelatina.

Per tutta la giornata ogni nostro incontro casuale diventò un campo di battaglia per il mio autocontrollo. Ricevetti una spallata con la sola colpa di essere capitato nel suo stesso corridoio, un'occhiataccia che mi fece tremare le budella solo per avergli fatto notare di avere una scarpa slacciata e, la peggiore, una dolce carezza per avergli portato il cucchiaino che aveva dimenticato di prendere dalla cesta delle posate. Quest'ultima cosa, in particolare, mi fece venire il mal di stomaco. Se reagivo così a una semplice carezza, come avrei sopportato un rapporto sessuale completo con lui?

Solo un altro breve contatto mi trattenne dall'annullare tutto quanto.

Ricordo benissimo di aver visto, mentre chiacchieravamo con i nostri amici, una notifica che gli illuminò il telefono. Messaggio che lui aprì in pochi secondi, ma a cui rispose con testo sbrigativo. Eppure io feci in tempo a vedere la foto profilo del mittente. Era un bel ragazzo, con i capelli e gli occhi castani. Nell'immagine sorrideva, ma sembrava così triste.

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