9. A

3K 200 55
                                    

Parlo poco, lo so è strano

Guido piano

Sarà il tempo, sarà il vento, sarà fuoco.



Tornai sulla retta via nello stesso istante in cui realizzai che tanto Christian non sarebbe tornato da me da solo. La cosa nemmeno mi sfiorava più, era che me l'aspettavo. A ferirmi era la situazione in generale: provavamo qualcosa l'uno per l'altro e non potevamo avere niente di concreto. Entrambi eravamo distrutti da qualcosa che avevamo creato con le nostre stesse mani, ma che non eravamo riusciti a mantenere. A rigor di logica, ora, forse non era una buona idea iniziare un rapporto esclusivamente fisico. Ripensandoci, non ho mai sentito una storia del genere finire bene al 100%; alla fine c'era sempre una falla nel sistema, magari incomprensioni, magari litigi, gelosie, o veri e propri innamoramenti.

Nonostante io non riuscissi togliermi il ballerino dalla testa, la sua assenza fisica riuscì a tenermi con i piedi per terra per gli esami di fine anno. Riuscii a studiare, a prepararmi decentemente, e quando consegnai l'ultima prova, quella di matematica, vidi due occhi nocciola guardarmi tristi da un banco in seconda fila.

Quel piccolo contatto e il crollo della tensione mi causarono delle crisi di pianto inarrestabili.

L'amore era sofferenza, l'amore era sacrificio, ora li capivo quei cantautori che scrivevano di speranze spezzate da un sentimento troppo forte. E io, che avevo sempre creduto nel lieto fine, invece, mi chiedevo ancora cosa ci fosse di sbagliato nell'amare veramente una persona.

Christian era un ragazzo fantastico, uno di quelli che ti sapevano sciogliere il cuore solo con uno sguardo, uno di quelli che sapeva farti sentire apprezzato nelle piccole cose, come una risata, una battuta, un contatto fisico, una breve parola di conforto, perché sapevi che, essendo stato ferito, lui sentiva tutto doppiamente. Lui era un sensibile vittima di uno stronzo che gli aveva calpestato il cuore, e non riusciva a liberarsene. Sarebbe stato bello vederlo sorridere di più, sarebbe stato bello vederlo libero di provare dei sentimenti veri, rischiosi, ma altrettanto gratificanti. Io avrei potuto dargli tutto e farlo finalmente sentire come meritava. Dietro quel viso sempre imbronciato in un'espressione da duro c'era un cuore di panna, io lo sapevo grazie a tutte quelle carezze che mi aveva fatto di nascosto, convinto di non essere visto, convinto che a me non importasse, tutto mentre facevamo del sesso che ha forse sempre avuto qualcosa di più.

Rimasi qualche giorno chiuso in camera nella speranza di non vederlo più. Più pensavo al fatto che solo io avessi visto quelle cose belle di lui, più mi veniva voglia di seppellirmi sotto alle coperte per sempre.

Dario ci aveva provato tante volte a tirarmi giù dal letto, cercando di convincermi ad approfittare di quel mese libero per tornare dalla mia famiglia almeno per un saluto, per invitarmi ad andare a nuotare con lui, per dirmi che i miei amici mi cercavano. Ma nulla al mondo era riuscito a risvegliarmi. Mi piaceva stare nel mio tepore con il mio iPad a guardare puntate su puntate su Netflix, o a leggere libri che avevo già letto mille volte, o a scarabocchiare poesie che mi rendevano solo un cretino. Dopo circa 96 ore anche il mio compagno di stanza rinunciò a cercare di riscuotermi. Per quello mi sorpresi quando qualcuno bussò alla mia porta. Mi tirai su di scatto, come se non aspettassi altro.

"Chi è?" Farfugliai coprendomi gli occhi improvvisamente accecato dalla luce che entrava spavalda dalle mie tende.

"Sono Guido" la sua voce mi arrivò ovattata, ma allo tesso tempo mi rimbombò nei timpani.

Non avevo voglia di vedere nessuno, in realtà, ma mi trovai il biondino seduto sul letto ancora prima che potessi dirgli di andare via.

"Come ti senti?" Mi chiese con la sua solita gentilezza mentre mi accarezzava i capelli con la mano calda.

Imbranato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora