10. A

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E scusa se ti amo

E se ci conosciamo

Da due mesi o poco più.



Capisci quanto effettivamente sei innamorato di una persona dal mondo in cui vedi i suoi occhi nell'istante che segue un bacio.

Quella sera, in quelli di Christian, dopo quel contatto disperato, vidi immensi prati inglesi. La campagna scozzese, con precisione, che nella mia vita avevo avuto l'onore di visitare solo una volta. Terreni sconfinati pieni di fitti boschi e l'erba sempre umida che scintilla sotto la limpida luce dopo un forte temporale. Immaginai di correrci, di sentirmi spensierato e senza alcun limite, come se il mondo potesse appartenermi, come se non avessi più alcuna scadenza o dovere. Vidi anche degli sprazzi sterrati in cui potermi fermare per godermi la vista, per bere un goccio d'acqua, per ascoltare il suono del mio sangue scorrere nelle vene libero come dei fiumiciattoli selvatici.

Quando vi ci immersi il mio sguardo, in quei pozzi profondi, tutto intorno a me sparì di colpo: la musica e il vociare erano solo mormorii distanti, cose di poco conto, e il leggero odore di fumo era diventato un tanfo indistinto alle mie narici.

Le mie mani giacevano ancora intrecciate dietro la nuca del ballerino, le dita appena incastrate tra i suoi ricci scuri.

Vedevo le sue iridi muoversi velocemente a destra e sinistra in piccoli scatti, simbolo che stesse anche lui cercando qualcosa dentro ai miei occhi. Le sue labbra, invece, stavano schiuse a pochi centimetri dalle mie. Mi presi un attimo per osservarle. Erano così rosse e peccaminose che mi invitavano a morderle, succhiarle accompagnarle fino alle mie parti più sensibili per sentirle più forti. Fu proprio in quel momento, quello in cui le immaginai a tirare la mia pelle, che realizzai che io, quello stupendo bacio al sapore di lime, dovevo dimenticarmelo il prima possibile.

Mi staccai di colpo, cercando di non pensare a me e Christian per mano in una corsa spensierata nel pieno della Scozia che viveva in lui.

"Cosa?" Sembrò leggermi nel pensiero. Mi guardava confuso, forse allarmato.

"Non avrei dovuto" dissi più che altro per auto convinzione.

"Ma ti è piaciuto" fece un passo verso di me.

"Ma non avrei dovuto" ripetei indietreggiando.

Non avrei voluto scappare. Osservavo le sue braccia forti e tutto quello a cui pensavo era finirci dentro e farmi coccolare fino allo stremo.

"Perché scappi da me?" Mi afferrò il gomito. Presa dalla quale mi divincolai a fatica, riunendo tutti gli dei che conoscevo.

"Lo sai il perché" mi venne appena il magone ora che lo stavo guardando.

Sembrava triste e la cosa mi lasciò più che sorpreso. Non è stavo di certo di farlo rimanere male dopo i nostri trascorsi. Mi resi conto di avere un tono fin troppo acido. Cercai di rimediare.

"Tu non mi vuoi nel modo in cui io vorrei e lo posso anche accettare se non continui a girarmi intorno".

La sua bocca si piegò in una smorfia piena di dolore, lo sguardo rivolto al pavimento.

"Non farla passare come se fosse colpa mia" sussurrò, e io non so nemmeno come riuscii a sentirlo in mezzo a tutto quel casino.

Improvvisamente qualcosa dentro di me scoppiò. Mi resi conto solo ora di quanto io fossi effettivamente ferito. Tutti i metodi che stavo attuando per attutire il colpo stavano facendo il lavoro opposto. Mi sentivo umiliato, messo da parte e non capito. Le mie emozioni diventarono un macigno di centoventi chili. Mi sentivo pesante.

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