5. A

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E scusa se ti amo

E se ci conosciamo

Da due mesi o poco più



Il piacere che mi provocava avere il pene di Christian in bocca a toccarmi la gola con colpi regolari e forti era impareggiabile. Avrei potuto sopportare anche quell'assurda tortura dei ceci sotto le ginocchia di cui mi parlavano i miei nonni nei loro assurdi racconti sulla scuola ai loro tempi, come compromesso, e vi assicuro che il dolore che stavo provando in quella parte del corpo, proprio in quel momento, non era tanto lontano da quello che mi immaginavo.

Eppure non avevo nessuna intenzione di fermarmi.

Presi un po' di più quell'erezione perfetta causandomi quasi un conato.

"Matti" ansimò lui mentre tirava piano i miei capelli. Capii che era quasi al limite e decisi di sfiorargli piano i testicoli, sapendo che reazione avrei ottenuto.

La violenta collisione che sentirono le nostre pelli creò un rumore sordo mentre il suo liquido si riversava a fiotti caldi sulla mia lingua.

Alzai lo sguardo e vidi uno dei panorami più belli della mia vita: il mio scopamico se ne stava con gli occhi serrati e la testa buttata all'indietro, i muscoli del collo tesi a creare dei curiosi giochi di ombre, le sue labbra socchiuse a catturare un po' d'aria, mentre la sua mano aveva preso a farmi delle dolci carezze e il suo petto riportava ancora i segni che la mia bocca gli aveva lasciato con estrema cura.

Mai avrei pensato di poter assistere a uno spettacolo di questa portata.

Deglutii il suo sperma per buttare giù l'enorme nodo che mi si era formato in gola.

Dovevo smettere di guardarlo al più presto, se no sarebbe successo l'inevitabile, quello che sospettavo già da tempo ormai.

Mi alzai lentamente con lo sguardo basso.

"Sei incredibile" la sua voce mi fece arrossire mentre recuperavo la mia maglietta gettata sulla sedia senza alcuna cura.

Mi sentivo osservato.

Sorrisi, ma non risposi. Non riuscivo a trovare delle parole adatte da dire, al momento il mio cervello era troppo occupato a combattere una dura guerra contro se stesso.

Rabbrividii quando il suo indice prese a fare su e giù sulla mia colonna vertebrale. Mi bloccai con il cotone della maglia infilato solo sulle braccia.

"Te ne vai già?" Il suo mento si appoggiò sulla mia spalla e il suo respiro caldo sbatté contro la mia clavicola.

"Devo prepararmi per l'evento di stasera" risposi semplicemente, riuscendo in qualche modo a staccarmi da quella presa e a mettermi finalmente i vestiti.

Caddi nella tentazione di guardarlo negli occhi. Mi aggrappai alla sedia per sicurezza; per qualche motivo, dopo un orgasmo, le sue iridi erano ancora più verdi e intense. E ora mi stavano guardando confuse.

"Lo spettacolo di primavera" gli ricordai ovvio, usando un tono forse troppo rude per calmarmi le palpitazioni. "Con i genitori, hai presente?"

Ogni anno, in questo periodo, si teneva un saggio aperto esclusivamente a parenti e amici. Non erano ammessi talent scout, altre scuole private, commissioni, borsisti o critici. Solo noi e le nostre persone più care.

Per il saggio vero e proprio avremmo dovuto aspettare luglio.

"Ah, sì, è vero" farfugliò con un'aria improvvisamente malinconica. "Sì, beh, non penso che ci sarò. Almeno, non al ricevimento".

"E perché no?" Gli domandai cercando disperatamente di incontrare di nuovo la sua attenzione.

"Perché non ho persone care" l'angolo delle sue labbra si alzò con aria amara. "Mio padre non mi parla e mia madre di sicuro preferisce assecondarlo per non creare liti inutili. Forse verrà mia sorella" disse l'ultima parte della frase con un minimo di speranza.

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