14. A

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Ma ti amo

Mi presentai davanti a camera di Guido e Christian alle 6.50, puntuale come un orologio svizzero.

Mi aprì il biondino, già pronto, vestito e operativo.

"Buongiorno" mi disse raggiante.

Quando gli sorrisi di rimando notai che ancora arrossiva in mia presenza e qualche senso di colpa si fece di nuovo largo dentro di me. Sapevo che tra noi fosse tutto ok, ma io ero un overthinker professionista e non mi sarei mai messo l'animo in pace di aver provato a usarlo come "chiodo schiaccia chiodo".

Non se l'era meritato, era un bravo ragazzo e io mi ero comportato male. Non avevo scuse.

"È pronto?" Chiesi mettendo le mani in tasca. Volevo provare a distrarre la mia testa da quei brutti pensieri.

"Figurati, è ancora in bagno in pigiama" mi sorrise di nuovo facendomi entrare nella stanza.

Sentii l'acqua del lavandino scrosciare e il ronzio dello spazzolino elettrico rimbombare dal bagno.

"Grazie per esserti offerto di portarci in macchina" sussurrai e non seppi nemmeno il perché. Non volevo che la mia gratitudine fosse un segreto, non aveva senso. Forse era la mia paura di interferire con i suoi sentimenti a intimidirmi.

"Non devi ringraziarmi" lui sembrava tranquillo e provai a imitarlo. "Lo faccio con piacere" mi diede una pacca sulla spalla. "Meritate entrambi di essere felici".

Lo guardai dritto negli occhi per scorgere un minimo di cedimento, ma vederlo così sereno , per qualche motivo, mi spezzò ancora di più il cuore.

"Mi dispiace Guido, per come sono andate le cose tra noi"

"Me l'hai già detto" ridacchiò. "E io ti ho risposto che non importa, ricordi?"

"Sì, ma.."

"Niente ma" mi si parò di fronte e mi mise le mani sui bicipiti come a volermi bloccare. "Io ti voglio bene, Mattia, sei una bella persona e mi basta saperti felice, ok?" Abbassò la voce perdendo l'espressione felice che aveva poco fa. "Mi dispiace solo un po' che non sia per merito mio"

"Mi dispiace" ripetei, ma avevo perso qualsiasi capacità di ragionare. Mi veniva da piangere e stavo usando tutte le mie forze per trattenere le lacrime.

"Anche a me" mi rispose stavolta, e la conversazione morì, ma il suo sguardo si era definitivamente intrecciato al mio e non aveva intenzione di sciogliere quel contatto.

In altre circostanze mi sarei sentito a disagio, ma i suoi occhi erano così tranquilli e saldi che mi trasmisero la serenità di cui avevo bisogno.

Non aveva funzionato.

Non era colpa di nessuno alla fine. Sono sempre stato convinto che se due persone non sono fatte per stare insieme, semplicemente non accadrà. Guido mi aveva inseguito, ma in queste cose non si può correre da soli, e in questo caso era tutto destinato a sparire nel giro di poco.

Sentimmo una porta sbattere e ci riportò alla realtà. Christian se ne stava in piedi, ancora in pigiama, a fissarci con uno sguardo sospettoso.

Non avevo motivi di impanicarmi, eppure i miei occhi si riempirono di sensi di colpa, quando si posarono su di lui.

Boccheggiai, ma non uscì alcun rumore dalla mia bocca.

"Sono in ritardo" disse solo, e ci sfilò di fianco mostrando una certa indifferenza.

"Amore" provai a chiamarlo, ma lui prese a vestirsi senza dire nulla. Preparò anche il borsone, ma nella stanza non volava una mosca.





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