Capitolo 8

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«Non siamo tutti un po' soli in fondo?»


La solitudine è indipendenza: l'avevo desiderata e me l'ero conquistata in tanti anni

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La solitudine è indipendenza: l'avevo desiderata e me l'ero conquistata in tanti anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente nel quale girano gli astri.

Hermann Hesse


4 gennaio 2016


Sentivo la testa andare a fuoco mentre mi giravo e rigiravo in quel letto ancora più scomodo del normale. Non riuscivo a trovare una posizione nella quale non provassi del dolore acuto all'altezza del ventre.

Erano arrivate in anticipo di una settimana rispetto al solito intervallo temporale e – tra una valigia preparata alla rinfusa e un biglietto di sola andata per l'Afghanistan – non avevo nemmeno portato con me gli antidolorifici che ero solita prendere i primi due giorni per placare il dolore.

Il caldo di quel posto dimenticato da Dio sicuramente non aiutava i miei ormoni del tutto scombussolati, ma almeno ero circondata da altre donne che avevano compreso al volo la situazione e si erano gentilmente offerte di coprire il mio turno in mensa.

Dopo essermi svegliata alle cinque del mattino, per via dei dolori, ero sgattaiolata fuori per prendere una boccata d'aria, sperando potesse aiutarmi. Avevo provato a svolgere i compiti assegnati per quella giornata, ma solo a trascinare un sacco con dei semplici guantoni, per poco non ero svenuta.

Poggiai il palmo della mia mano sul viso, chiudendo gli occhi ancora imbarazzata dall'essermi mostrata vulnerabile davanti a lui.

Non aveva impiegato nemmeno un paio di minuti per accorgersi che qualcosa in me non andasse, ma mai mi sarei aspettata di ricevere il suo aiuto. Quel gesto mi aveva preso del tutto in contro piede, la stessa reazione che sembrava aver avuto lui quando l'avevo ringraziato.

Era chiaro che non fosse una persona socievole, ma i suoi occhi nascondevano un'altra verità e per quanto fosse difficile averci a che fare, la curiosità iniziava ad avere sempre più la meglio rispetto ad un comportamento razionale.

Evitarsi sarebbe stata la soluzione migliore per entrambi, smettere di cercare costantemente un pretesto per battibeccare. Non era certo un segreto che provenissimo da due mondi decisamente lontani fra loro, senza contare la differenza di età che ci separava ancora di più.

Quel tenente saputello mi vedeva come una bambina viziata e nulla più. Non era il primo e non sarebbe stato l'ultimo, ma qualcosa in lui mi spingeva a volergli dimostrare il contrario.

Non ero mai stata una ragazza che rendeva il suo carattere malleabile dalle situazioni o dalle persone che si trovava davanti, al contrario. Non mi era mai importato cosa pensassero gli altri di me perché l'unico rapporto duraturo nella mia vita sarebbe stato sempre quello con me stessa.

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