La Spesa.

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Okay la spesa c'entra davvero poco. C'è solo cucciolosità e porno e tanto aw e Yevgeny che vive con Ian e Mickey per un po'.

Mickey iniziava a svegliarsi, allungando il braccio per poter sentire il calore del corpo di Ian, ma ovviamente, Ian si era già alzato.
Farfugliò qualcosa in tono scocciato e si tirò le coperte fino a coprirsi gli occhi, non volendo vedere la luce del sole che filtrava dalla finestra perchè Ian aveva aperto le tapparelle.
Dopo un pò decise che non era effettivamente assonnato e provò a chiamare Ian che però non riusciva a sentirlo.
Si alzò dal letto, completamente nudo dalla sera precedente e si diresse in cucina, se quella poteva essere definita una cucina.
"Mi spieghi perchè hai questa mania di alzarti così fottutamente pres..."
Si bloccò quando vide Ian con in braccio Yevgeny intenti a preparare dei pancake.
Ian coprí gli occhi al piccolo e si girò per guardare Mickey.
"Ti prego, ti metti qualcosa addosso? Non vorrei che a Yev prendesse un infarto."
Mickey era talmente scioccato che non disse nulla, tornò in camera e si ficcò un paio di boxer, probabilmente neanche suoi ma non gli importava molto, e la prima maglietta che gli si presentò sotto il naso.
Riattraversò il corridoio e si avvicino ai fornelli.
"Papà!" Esclamò Yev saltando dalle braccia di Ian a quelle di Mickey.
"Ehi, bamboccio." Lo stritolò e gli diede un bacio su quella chioma bionda che erano i suoi capelli.
Sussurrando chiese a Ian cosa diavolo ci facesse lì.
"Sai, qualche giorno fa mi ha chiamato Svetlana, ha detto che sarebbe dovuta andare da qualche parte, non ho capito esattamente dove, ancora non sa parlare bene l'inglese."
"E non avrebbe potuto portarlo da Fiona? Cristo, neanche sono il suo vero papà." disse Mickey mettendo giù Yev e chiedendogli di andare a vedere un pò di tv.
"Cosa c'entra Mick? Noi siamo comunque la sua famiglia. E poi sinceramente sono contento che si fidi più di noi che di Fiona o dei Fisher."
"Ma New York è fottutamente lontana da Chicago, come cazzo è arrivato, volando?"
"No, stammattina gli ha fatto prendere il primo treno e sono andato a prenderlo alla stazione!" Rispose Ian, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre impiattava il primo pancake.
"Ha messo un bambino di cinque anni sopra un treno da solo?"
Ian rise.
"Mick, tu a sette anni spacciavi, quindi in confronto mi sembra una cosa più che normale."
"Ma che diavolo di ore sono?"
"Le dieci, principessa."
Mickey gli diede uno scappellotto in testa.
"Non mi chiamare così, lo sai che non lo sopporto."
Ian annuì ma subito dopo si voltò per baciarlo sulle labbra, gentilmente.

Quando i pancake erano tutti pronti si misero a tavola per mangiare.
"Non mettere troppo succo d'acero, ti fa male."
"Non fare la mamma, Ian."
Gli rispose Mickey, ma gli diede retta.
Continuarono a mangiare per tipo mezz'ora, mentre bombardavano di domande il piccoletto.
Come va a scuola, hai la ragazzetta, mamma come sta, mangi bene, mangi male, non hai iniziato a spacciare. Domande simili, insomma. Domande che gli fece praticamente solo Mickey, palesando il suo istinto paterno; nonostante non fosse neanche il vero padre, lui lo adorava quel bambino, gli ricordava se stesso da piccolo, e la cosa lo faceva sorridere come un ebete.
Finito di pulire i piatti, Mickey andò in bagno per una doccia rapida.
Ian lo raggiunse per lavarsi i denti. Quando ebbe finito e fece per uscire, Mickey lo afferrò per il polso, quasi facendolo cadere dentro la vasca.
"Ancora non mi hai dato il buongiorno come si deve."
Gli sussurrò avvicinandolo sempre di più.
"Bambino di cinque anni in salotto, ti dice qualcosa?"
Ma a Mickey non sembrava importasse molto, dal modo in cui guardava le labbra del rosso.
"Cinque minuti."
"Facciamo dieci."
Si spogliò in una frazione di secondo, chiuse la porta a chiave ed entrò nella doccia.
Iniziò a baciare Mickey come se non lo avesse fatto per mesi, mordendogli il labbro inferiore e succhiandogli la lingua generando un rumore quasi indecente, ma ai due non importava.
Poi Mickey gli prese la mascella e la spostò leggermente per avere libero accesso al collo del suo ragazzo, che marcò un succhiotto enorme, cosa che amava fare per ricordargli che era l'unica persona alla quale appartenesse.
Si piegò sulle ginocchia e già questo semplice movinento fece quasi venire Ian.
Cerco di tapparsi la bocca per non urlare troppo. Mickey lo stava torturando, lentamente, mordendo, succhiando, senza però concludere nulla, un pò perchè voleva stare più tempo in intimità con lui, un pò per farlo incazzare.
"Cristo, Mickey, il bambino di la, muoviti."
Mickey si staccò e sorridere.
"Non usare il bambino come scusa."
"Va bene, okay, ma muoviti."
Strinse i denti e poggiò la testa al muro.
Mickey riprese il lavoro e questa volta molto più velocemente e aggressivamente. Ian venne in meno di due minuti.
Si fece sciacquare da Mickey e iniziò a piegarsi ma venne fermato.
"Sto a posto così io, il mio obiettivo eri tu."
Ian lo baciò di nuovo ed uscirono dalla doccia. Si vestirono e andarono in salotto dove Yevgeny stava vedendo un cartone animato.
"Io devo andare a fare la spesa, volete venire con me?"
"Ugh, no Ian, sono troppo stanco."
"Cos'hai, un crampo alla bocca per caso?"
"Testa di cazzo."
Risero insieme.
"Io voglio venire, Ian!"
"Va bene campione."
"Papà, dai, vieni anche tu con noi!"
Si alzò in piedi e corse verso Mickey per abbracciarlo.
"Se insisti così tanto, ma vi prego non passiamoci ore, odio la musica che mettono a quel fottuto supermercato."
"Posso mettermi nel carrello?"
Chiese con sguardo speranzoso Yevgeny.
"Certo, ma ciò significa che possiamo comprare meno cose poi."
"Allora prendiamo due carrelli!"
Mickey scoppiò in una fragorosa risata e lo prese in braccio.
"Va bene, marmocchio, vada per due carrelli".

New York, oh New YorkWhere stories live. Discover now