L'incubo.

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Credo che il titolo basti come spiegazione.
Okay non è solo fluffy, c'è anche un po' d'angst, ma persino io ho i miei momenti no.

Ian si svegliò urlando, gli occhi lucidi e la fronte zuppa di sudore. Aveva il respiro affannato e le coperte aggrovigliate attorno alle sue gambe.
Mickey si svegliò appena lo sentì, preoccupandosi.
Ian si era messo in posizione fetale, dando le spalle al suo ragazzo, e cercando di trattenere le lacrime per non svegliarlo.
Ma era troppo tardi perchè Mickey già se ne era accorto.
Provò a scrollargli la spalla ma Ian non si girava.
"Ian, Ian.." Iniziò a sussurrargli nell'orecchio destro.
"Tesoro, che è successo?"
Ma Ian era troppo scosso dall'incubo per rispondere, semplicemente tratteneva i singhiozzi e si asciugava le lacrime con il dorso della mano.
Mickey capì che probabilmente ancora non se la sentiva di parlare, e lo abbracciò semplicemente, senza dire nulla, aspettando quando fosse stato pronto.
Ad Ian capitavano spesso questi incubi, da anni ormai. Ultimamente sembravano essere diminuiti, ma a quanto pare erano tornati, brutti e vividi come in precedenza.
Era quasi sempre lo stesso sogno. Un flashback. Non proprio un flashback. Era reale, ma da un certo punto in poi la storia cambiava e finiva sempre con lui o Mickey che si suicidavano.
Come al solito il sogno era partito da quel giorno in cui i due avevano rotto definivamente.
Mickey che gli diceva ti amo, Ian troppo sbandato dalle medicine per curarsene.
Mickey rincorso da quella pazza di Sammi, Ian che tornava a casa come se nulla fosse.
E poi il buio.
Mesi tristi e cupi, Mickey sparito, volatilizzato, e Ian nell'angoscia più totale, resosi ormai conto che senza di Mickey, la sua vita era quasi inutile.
Ian che lo chiamava, Mickey che non rispondeva.
E al contrario di ciò che successe davvero, Mickey nel sogno non tornò indietro. E Ian, troppo addolorato, si sparò.
Ecco il punto, il punto Ian si svegliò dal sogno, nell'istante preciso nel quale aveva la pallottola ficcata in gola, quasi da poterne sentire davvero il sapore metallico in bocca, mischiato a quello del suo sangue.
È quello il punto in cui Ian si rendeva conto di quanto avesse bisogno di Mickey, ogni volta.
Dopo venti minuti buoni Ian decise di girarsi e di guardare Mickey negli occhi, che non dormiva affatto.
Mickey si irrigidì come tutte le volte nelle quali parlavano dei sogni di Ian.
Ma Ian non volle raccontarlo quella volta.
Ian inziò semplicemente a ripetere "ti amo" su "ti amo", cercando di non alzare troppo la voce per non svegliare Yev. Ma non riusciva a trattenersi, il suono della sua voce cresceva sempre di più. Stava quasi urlando, tra i singhiozzi che ormai non tratteneva più. Mickey lo strinse a se, quasi soffocandolo, cercando di catturare il suo dolore e di portarlo via, ma non poteva.
"Sh, è finito. È finito tutto, Ian guardami. Guardami. È finito."
Mickey alzò il mento di Ian in modo che quest'ultimo potesse guardarlo negli occhi.
"Mi dispiace. Scusami, mi dispiace, mi dispiace...mi dispiace."
Ian continuava a ripetere solo "mi dispiace" e "scusami" e "ti amo" e la sua voce si affievolì mano a mano, mentre smetteva di tremare e si calmava tra le braccia di Mickey.
"Ti amo anche io. Ian, cerca di dormire."
"Mi sparavo, questa volta ero io a spararmi. Perchè senza di te ero perso. Senza di te sono perso. Chi sono senza di te? Chi posso essere senza di te. Mickey, senza di te io sono inutile, senza di te la mia esistenza non ha senso. Senza di te non so a chi affidarmi, non so a chi appoggiarmi. Tu sei tutto per me. Non te ne andare più. Non ti lascerò mai più andare. Mai più... Mickey, mai..."
"Ian, respira. Sh, respira. Tu senza di me resti il ragazzo meraviglioso che sei, la persona forte, determinata, bellissima di cui mi sono innamorato.
Non ti lascerò mai più, lo sai benissimo. Ma ora prova a dormire."
Ma Ian non riusciva a chiudere occhio.
"Non ci riesco. Non ci riesco. Vedo solo una pistola, sangue, tu che piangi, io che muoio."
"Ascoltami, non è reale."
Lo baciò sulla guancia.
"Io sono qui."
Sulla fronte.
"E ci resterò finchè vorrai."
Sulle labbra.
"Allora preparati."
Disse Ian, calmatosi leggermente
"Perchè sarà per sempre."

Qualche ora dopo, verso le sei di mattina, Yevgeny entrò in punta di piedi in camera dei suoi papà, e in silenzio si ficco tra loro due nel letto.
Il primo a svegliarsi fu Mickey.
"Ehi, marmocchio, fai piano, Ian ha avuto una brutta nottata."
"Che gli è successo?"
Domandò Yev, accoccolandosi fra le braccia del suo papà.
"Un brutto sogno."
"Ma adesso sta bene?"
"Credo di si."
"Ma Ian è malato?"
"No, piccoletto."
Rispose guardando prima il bambino e poi il suo ragazzo.
"È solo un po' diverso. Ma non è malato."
"Io gli voglio bene anche se è diverso."
"Anche io."
Yev rise sotto voce.
"No papà, non puoi volergli bene come faccio io. Tu gli vuoi un bene diverso. Io non bacerei mai Ian!"
"Lo so, piccoletto, lo so. Il mio volergli bene, è leggermente diverso."
Tirò ancora più su le coperte, allungò il braccio per poter sfiorare la guancia di Ian, e si riaddormentò di nuovo, con la consapevolezza che probabilmente il resto della sua vita sarebbe stato così.
E gli stava più che bene.

New York, oh New YorkOù les histoires vivent. Découvrez maintenant