Bottiglie abbandonate sulla moquette, resti di cibo e di vomito, lasciati negli angoli delle camere, preservativi usati e depositati con non curanza sul tavolo principale, della sala da pranzo, ragazzi avvinghiati, intenti a fare tutto quello, che passava loro per la testa... sembrava che in quella casa fosse appena comparso un tornado, ricco di ormoni da teenagers. Non c'era una sola cosa, che riportasse al mondo degli adulti e della disciplina, in quel dannato posto.
Un certo giovane, dai capelli scuri, fissava il tutto con un'espressione, di puro disgusto, stampata sul volto, ma nonostante i suoi occhi fossero rapiti, da quella vista orrida, la sua mente era da tutt'altra parte. Come se non riuscisse, a connettere il proprio flusso di pensieri, con sé stesso. Era stranito, quasi alienato dal presente. Continuava a riflettere, senza riflettere davvero. Lui, che dopo aver subito quell'incidente, era diventato un tipo di persona, la quale non faceva altro che rimuginare tra passato e futuro, attraverso il susseguirsi di parole invisibili, che girovagavano, per la sua testa. San non riusciva a percepire il mondo esterno, come se stesse sognando e stesse per oltrepassare quella determinata soglia, che ti permetteva di svegliarti. Il problema era che quel risveglio pareva esser lontano e il corvino odiava quella sensazione di impotenza. Aveva già mezzi arti paralizzati, l'unica cosa che riusciva a comandare, senza limitazioni, era il pensiero, ora non aveva nemmeno quel potere.
Aveva voglia di andare via, però allo stesso tempo non voleva. Era letteralmente sfrecciato fuori, a causa di quel ragazzo con cui aveva appena avuto un rapporto, il suo primo rapporto. Non sopportava l'idea che alla fine gli fosse anche piaciuto e che avesse trovato il giovane attraente.
Il liceale batté un pugno sul bracciolo, appartenente alla sedia a rotelle. Non sapeva cosa stesse facendo o meglio cosa avrebbe dovuto fare. Si diceva, in giro, che compiere diciotto anni stava a significare avere più maturità, ma l'appena diciottenne non avvertiva nulla di nuovo, non un solo aiuto in più, dal suo essere maggiorenne.
Quello di cui era certo era che il giovane, pagato per far sesso con lui, si trovava ancora nell'edificio, ma voleva davvero trovarlo? Per dirgli cosa poi? Perché pensava a lui? Era finita lì, di sicuro non voleva nemmeno rivederlo, perciò perché sprecare tempo?
Un grugnito di pura rabbia si fece spazio, nella sua gola. Era stufo di sentirsi così.
-MINGI! - urlò con tutte le forze, che aveva dentro di sé.
Normalmente, con tutto quel frastuono, nessuno avrebbe udito un nome gridato nell'aria. Era stata, forse, l'ira che reprimeva ogni giorno, a farsi strada, nei corridoi dell'abitazione, fino ad arrivare all'amico. Infatti, quest'ultimo si presentò dinnanzi ai suoi occhi, con il fiatone, le guance arrossate e la patta dei pantaloni aperta.
-Ma ...si può...sapere...che cavolo fai! - disse, respirando più velocemente che poteva.
Durante i primi minuti dell'incontro, il più alto aveva fatto finta di chiudere la porta a chiave, tenendo ferma la maniglia, con l'aiuto del suo compagno di avventure, Yunho, andando via poco tempo dopo, non volendo sprecare un party come quello. Wooyoung, il ragazzo pagato, avrebbe potuto girare i tacchi, non appena ne avesse avuto il desiderio e anche San, perciò credeva, che non ci fossero stati casini.
-Mi chiedi pure cosa è successo!? Hai dato dei soldi ad un ragazzo, per farlo venire a letto con me! - esclamò il liceale, che se avesse potuto, si sarebbe alzato dalla sedia a rotelle e se ne sarebbe andato via, invece era inchiodato in quel posto.
Mingi si passò una mano tra i capelli, aprendo più volte la bocca, come a dire qualcosa, ma ciò non avvenne e finì per fissare il pavimento.
-Volevo solo farti sentire normale, per una volta. È Solo un ragazzo che ha delle amicizie in comune, con quelli della nostra scuola. Nessuno è a conoscenza del lavoro, che svolge. - disse l'amico, pentendosi istantaneamente delle parole, che aveva utilizzato nella prima frase.
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Fix you
FanfictionMonotonia era il secondo nome di Choi San. Essa circondava la sua vita, da qualche anno, ossia da quando aveva perso l'uso delle gambe, costretto a vivere su una sedia a rotelle [...]