Rolling in the deep

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Una domanda divenne un inalterabile rimuginare ed un dubbio divenne certezza. Questo fu il potere che ebbero le parole della sorella, all'interno della mente del corvino, le quali riuscirono a catalizzare le due trasformazioni citate in un programma fissato su tutta la restante parte della giornata.

Da modello esemplare di overthinker qual era, le questioni si sarebbero moltiplicate e avrebbero fatto il giro delle sue sinapsi, facendogli venire strane connessioni, anche dove non avrebbero dovuto esserci ed idee alquanto bizzarre, ma fortunatamente la pittura lo aveva tenuto occupato tanto da fermarsi su quei punti chiariti dalla sorella, i quali restavano però abbastanza grandi da divenire due monoliti con delle fondamenta che districavano le proprie radici tra le increspature neurali del diciottenne, legandosi forse, definitivamente al suo essere, che fu accompagnato a dormire e poi risvegliato indelicatamente dalla loro presenza. San fu privato di ogni briciolo di privacy, poiché essi approfittarono malignamente della sua inesistente autonomia nell'alzarsi dal letto, per penetrare maggiormente la sua testa, facendogli fissare il soffitto, oramai momentaneamente espropriato delle sue guardie del corpo, i pennelli. Sulle pareti c'era una piccola macchia o forse era un semplice insetto, però da quel minuscolo punto nacque una bocca carnosa; da quella bocca comparvero due zigomi e a loro volta, da quella pariglia di zigomi, nacquero un paio di occhi ed un naso. Forse, la colpa era da affibbiare all'esagerato tempo trascorso a dipingere e a disegnare, però unendo i pezzi immaginari del puzzle, la visuale che ne veniva alla luce era il ritratto in primo piano di Wooyoung, al quale le ombre proiettate dai primi raggi del sole facevano da chioma e creavano un movimento genuino della figura apparsa, quasi questa prendesse vita.

Proprio come chi aveva una sua esistenza, il dipinto, generato da adombramenti e chiazze, decise di scomparire, farsi da parte e richiedere con eleganza la riservatezza a lui antecedentemente serbata, non appena captò una terza presenza nella camera e il conseguentemente sovraffollamento di quest'ultima. Forse, con la dovuta quiete ed il recupero dell'intimità del luogo mediante l'abbandono dell'intruso, la figura sarebbe poi ricomparsa di sua spontanea volontà, ma chissà quando sarebbe accaduto, poiché la nuova arrivata era impegnata a far sollevare delicatamente il corvino dal suo giaciglio e farlo appianare sulla sua mobile, rigida, fredda ed immortale compagna, la sedia a rotelle, che lo stritolava e lo soffocava col suo fare apprensivo e la sua comfort zone fatta di acciaio ed alluminio da dove non aveva via di scampo, nemmeno nei suoi sogni. Lo teneva in pugno fin dalle prime ore del mattino, laddove la colazione era una catena in più che non faceva altro che aumentarne il vincolo presso quella sua routine condannata a cui era destinato. Era un circolo vizioso che, come diceva la definizione stessa, non portava a nessun miglioramento, ma ad un insulso ed inutile ripetersi di azioni e comportamenti più o meno uguali, che ti facevano rivivere la medesima giornata ogni singolo giorno. Uno di questi meccanismi esistenti, oltre a quello della madre, era quello del padre.

-Buongiorno, amore. - gli disse il genitore, con la sua solita frase mattutina, andandogli immediatamente verso le spalle, con una premura del tocco un pizzico esagerata, a parar del figlio, come se stesse trattando una bambola di porcellana. Può darsi che volesse rimediare a quello che aveva fatto o, meglio, non fatto a distanza di nemmeno di ventiquattro ore?

-Se così si può definire...Ciao a tutti. - rispose il corvino, non seccato o spento, ma senza altro da aggiungere.

Non volle farsi spingere dall'uomo, non che in generale gli piacesse, però in quel momento il disagio si era duplicato, soprattutto perché sembrava che il padre non volesse nascondere affatto e sbattere in faccia quello che il liceale aveva dedotto. Più osservava l'uomo e più gli veniva l'istinto di porgergli le domande che continuavano a frullargli in testa, come se volessero venire fuori dal suo petto per conto loro; però si controllò, volendoci andare a fondo a quella faccenda. Così il corvino non fece altro che avvicinarsi al tavolo e posizionarsi adeguatamente, in modo tale da poter consumare in pace il pasto e notare qualsiasi percezione. Non si rivolgeva in tale maniera per dispetto o per dare fastidio, ma per una questione di principio, perché la sua famiglia blaterava tanto di rispetto, di sincerità, di fare la cosa giusta in qualsiasi contesto, senza scorciatoie, soprattutto se c'entrava i membri della sopracitata e poi invece loro da bravi ipocriti avevano appena fatto il contrario. Non che fosse sicuro al cento percento, ma già San era certo che qualcosa non quadrasse e sperava da un lato che ciò gli si leggesse in faccia e si passasse il contenuto delle sue riflessioni. Era contraddittorio con le sue vere intenzioni, però si sentiva tradito dai suoi stessi famigliari.

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