Walking in unreality

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L'aria respirata, consumata, percepita, riciclata nei suoi stessi polmoni, non sembrò avere il solito odore, sebbene fosse, in realtà, effettivamente lo stesso. La fuga dal suo piccolo mondo, in cui era costretto a sostare, durante la sua interminabile convalescenza, durò meno di un giorno, ma fu in grado di promuovere all'interno del corpo del ragazzo, una sorta di allontanamento dall'abitudine, evento, che credeva ormai impossibile da verificarsi, non volontariamente almeno; nelle rare occasioni in cui capitava un differente trascorrere delle ore infatti, era, di consueto, sotto comando di altri, che San agiva, seguito dalla sua inesistente voglia e dalle battute, che pronunciava senza enfasi.

Avvicinatosi ormai alla realità, sapeva il lungo interrogatorio, che avrebbe atteso il suo rientro in scena, ma non poteva evitarlo e da un lato comprendeva quella prevedibile pressione. Dopotutto, i suoi genitori non erano avvezzi a gesti simili. Prese un bel respiro e strinse i bordi delle ruote, agganciate alla sua sedia a rotelle, come a scaricarci la tensione e a prenderne forza, dimenticando l'odio, che conservava per quell'oggetto.

La porta si aprì e davanti apparve suo padre, che fece catapultare immediatamente le proprie iridi, in quelle del figlio, che, se non fosse stato per la loro forma, sarebbero state quasi identiche.

-San, ma dov'eri finito? Ti abbiamo cercato dappertutto. - disse il genitore, con un tono di voce sorprendentemente e stranamente calmo.

Il liceale, trascorrendo la maggior parte delle ore ad osservare, aveva sviluppato una sorta di occhio di falco, capace di notare il ben che minimo dettaglio, soprattutto nel campo delle emozioni umane. La sua persona era stata come attraversata dalla funzionalità, del riflesso, di uno specchio: difatti, nella maniera in cui la luce colpisce la superficie metallica, che compone quest'ultimo e viene respinta completamente con la stessa lunghezza d'onda, restituendo l'immagine iniziale, però nel verso opposto, così le sensazioni perdute fecero, con il corvino, il quale era in grado di ritrovarne di nuove e di sentire il loro eco negli altri, avendo persino la capacità di decifrarle, proprio perché non riguardavano più lui, in prima persona. Era più facile oggettivare una situazione, se non vi erano sentimenti di mezzo, si era, in un certo senso, più lucidi e grazie a quella nitidezza, ciò che lo circondava venne estirpato della sua sporcizia, con un colpo di spugna, mostrando la sua vera forma, laddove il diciottenne vide il prima e il dopo del lavaggio, ossia l'ingannevole apparenza della preoccupazione del padre e il veritiero stato d'animo dell'uomo. Il corvino si azzardò a paragonare quella scena ad una farsa, ma perché il genitore avrebbe dovuto mentire? Eppure, anche il manifestarsi del viso era forzato, come se i muscoli si spingessero a mostrarsi sofferenti, quando invece, erano tutt'altro. Inoltre, il giovane ricordava perfettamente di essersi voltato indietro, con il viso, affinché potesse scorgere, in anticipo, qualche inseguitore alle calcagna e di aver constatato, che nessuno fosse presente.

-Sono andato via con un amico. - rispose San, non volendo far percepire il dubbio, che stava invadendo il suo corpo, poiché non ci avrebbe guadagnato nulla, se non altre ipotetiche menzogne.

I suoi genitori nascondevano spesso la crudezza, che circondava il suo essere, questioni indirette comprese e se il comportamento fosse stato quello, allora sarebbe stato a significare, che dietro a quest'ultimo, si celava una verità scomoda, verso chissà quale argomento o soggetto e San non aveva voglia di affrontare anche quei pensieri, dato che già ogni cellula, del suo corpo, urlava "Wooyoung" a caratteri cubitali; ancora poteva avvertire il calore delle labbra del ragazzo sulle proprie.

-Uno dei tuoi soliti amici? – chiese il padre. Ordinariamente, lui evitava di fare domande specifiche sulle sue amicizie, perché sapeva, che erano un punto sensibile per il figlio.

-Ma certo, altrimenti chi dovrebbe essere? - disse San, volendo vedere dove stava andando a parare. Se un adulto di quel calibro, non era sincero, non vedeva il motivo per esserlo al suo posto.

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