Capitolo IV

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Si svegliarono tutti e tre a tarda mattina, il sole era alto nel cielo. Uscirono dalle stanze sereni e apparentemente dimentichi di tutti i pericoli e le paure del giorno prima e scesero nel salone. Ora ci voleva una bella colazione abbondante per saziare la fame.

«Non mangiamo da più di un giorno ormai» esclamò Pierrick con la sua splendida calma mattutina.

«Pierrick, tu sai cucinare. Ci prepari qualcosa?» chiese gentilmente Anatole.

«Volentieri, ma... cosa? Non penso ci sia qualcosa di mangiabile qua. Faccio un giro nelle cucine e cerco la dispensa» rispose il ragazzo incamminandosi.

«In effetti non abbiamo pensato al cibo mentre scappavamo dai gendarmi» borbottò Victor.

Il ragazzo purtroppo non trovò assolutamente niente da considerare commestibile, decise così che l'unica cosa da fare era andare nel bosco a cacciare. Dopotutto aveva una certa abilità con la balestra. Rimaneva solo il trovare l'arma in questione.

Si avviò deciso verso il portone d'ingresso senza avvisare gli altri due e uscì. Dovette abituarsi alla luce abbagliante del sole; vide poi una piccola casetta degli attrezzi sul fianco sinistro del castello. Entrò e come sperava trovò una balestra di qualità con molte frecce a disposizione.

Tornò dai suoi compagni per annunciare le sue intenzioni: «Vado a cacciare. Spero di trovare capre o altro in questa zona. Dovrei farcela in poco tempo. I lupi a quest'ora saranno rintanati nelle loro luride tane.»

«Va bene, vai pure» acconsentì Anatole.

«Sì, abbiamo fame!» disse Victor con tono deciso ma non volendo sembrare maleducato.

Dopo un veloce saluto Pierrick si incamminò sicuro di sé, dirigendosi verso il bosco.

Rimasti soli, Anatole andò a chiudere il portone e si rivolse a Victor: «Cosa facciamo noi nel frattempo?»

«Andiamo a vedere cosa c'è giù da quelle scale buie» propose l'altro.

Anatole annuì e si diressero alla porta dietro la quale scendevano le scale che non avevano voluto esplorare precedentemente. Aprirono la stessa e fecero un passo avanti. Dopo un cenno d'intesa proseguirono cercando di non inciampare capitombolando in fondo alla rampa di scale, verso l'ignoto. Per quanto ne sapevano, lì sotto potevano celarsi dei pericoli. Man mano che scendevano la luce, che grazie alle grandi finestre arrivava dal salone inondato dai raggi del sole, cominciava ad affievolirsi. In fondo alle scale trovarono infine una pesante porta di metallo socchiusa. Entrarono, si vedeva a malapena, e Victor urtò contro quella che gli pareva una lampada appesa al soffitto. Non avendo possibilità di poterla accendere risalì le scale, prese una torcia ancora accesa nel salone e tornò da Anatole.

La stanza si rivelò un laboratorio estremamente complesso: pavimento, pareti e soffitto erano interamente rivestiti di metallo argenteo. Il locale era misurabile in circa cinque metri per lato. Al centro vi era un tavolo di legno bruno completamente occupato da fogli con appunti, fiale di sostanze sconosciute e strani macchinari futuristici. I due non sapevano che toccare e se farlo.

«Ok... Andiamocene» disse Victor non volendo aver nulla a che fare con qualsiasi strano sortilegio o magia, esattamente quello che tutto ciò gli sembrava. Anche Anatole ne fu convinto, e decisero di andarsene al più presto. Risalirono dunque nel salone principale.

Decisero di provare a sfogliare qualche volume della biblioteca, cosa che avevano fatto – il leggere – poche volte nella loro vita e senza particolare piacere.

«È passato molto tempo dall'ultima volta che ho potuto leggere un libro» disse Anatole.

Trovarono interessanti libri sulla mitologia classica, e per quanto facessero fatica a leggere rimasero incantati da quegli scritti e passarono veloci un paio d'ore dimentichi della fame. Quando si accorsero del tempo trascorso, immaginarono che Pierrick stesse ormai tornando. Così uscirono dalla biblioteca.

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