Trascorsa una notte insonne, Anatole sedeva al tavolo del laboratorio, le mani sulle tempie, in cerca di un'idea che gli permettesse di mettere la parola fine a quest'incubo. Innanzitutto, decise che doveva stracciare tutti i calcoli e le formule lasciate da Juder e distruggere i macchinari presenti nel laboratorio, per non permettere a chi ne capisse qualcosa di riaprire il portale verso la dimensione del vampiro.
Era anche consapevole di dover escogitare un piano infallibile. Aveva ancora tanta rabbia da sfogare ma non era stupido e sapeva di non poter attaccare quell'essere senza precauzioni e una ragionevole certezza di batterlo.
Passarono alcune ore prima che decidesse di uscire dal laboratorio. Voleva tornare all'aperto, fuori dalle mura del castello. Un po' d'aria fresca lo avrebbe destato e forse avrebbe finalmente trovato le risposte che cercava. Stranamente, il pensiero di incrociare il vampiro non lo turbava più di tanto.
«Piove» osservò Anatole uscendo dal portone.
Pioveva talmente forte da far fatica a distinguere un uomo a pochi metri. Cominciò a camminare rasente al muro, intorno al castello, guardando dove metteva i piedi.
«Oh!» esclamò l'uomo quasi mettendo un piede nel vuoto e rischiando di volar giù dal burrone sul fianco del castello.
«Il burrone...» disse ad alta voce. Anatole si immaginò immediatamente la scena di lui che buttava giù quel mostro crudele che aveva ucciso così tante persone. Doveva trovare il modo di farlo, di ucciderlo.
«Bene, devo pensare ad un piano. Buttarlo giù non basterà. Può volare, quel mostro! Devo capire bene cosa fare.»
Rientrò e si chiuse dentro il laboratorio.
Passarono alcuni giorni in cui per fortuna Anatole non incrociò mai l'essere né all'interno del castello né all'esterno. Una mattina, in una giornata piovosa e senza sole, gli venne un'idea delirante, malsana. Gli ultimi giorni di solitudine e rabbia lo avevano davvero cambiato. Per vendicarsi avrebbe fatto di tutto. D'improvviso, sul suo viso comparve un ghigno malefico e la sua mente si illuminò come l'alba rischiara una notte oscura.
«Il vampiro vuole succhiarmi il sangue. Bene, lo accontenterò. Ah! Ah! Ah! Lo accontenterò, sì!»
Anatole rilesse la lettera di Lacroix.
«Le due sostanze che gli fanno male sono il legno e l'argento. In mancanza di argento...» disse prima di scoppiare in un'altra risata isterica.
Il piano che la mente ormai alterata di Anatole elaborò era terrificante e definitivo. La sua intenzione era di avvelenarsi. Avvelenare il suo stesso sangue. Avrebbe ingerito un veleno che gli avrebbe dato il tempo di trovare il vampiro e farsi succhiare il sangue avvelenando in questo modo anche il mostro. Sarebbero morti entrambi ma il suo sacrificio valeva bene la vendetta che cercava e il liberare infine il mondo da quell'immonda creatura.
Nei successivi due giorni Anatole studiò in biblioteca e lavorò nel laboratorio per creare un veleno a base di lignina, in grado di uccidere il vampiro in meno di un minuto ma un essere umano molto più lentamente. Avrebbe avuto così tutto il tempo di farsi trovare.
All'imbrunire del secondo giorno, durante l'ennesima tempesta che ricordò ad Anatole il giorno che erano evasi iniziando di fatto questa macabra avventura, uscì dal castello con in mano una fiala colma del veleno che aveva preparato. Si diresse verso il burrone.
«Coraggio, scriviamo l'ultimo capitolo!» esclamò prima di trangugiare tutto il liquido in un sorso. «Forza, orribile bestia, sono qui! Vieni a prendermi!» gridò nella tempesta.
Anatole sperava che il vampiro fosse uscito a caccia. Ormai era sera inoltrata. Il vento gli soffiava addosso un'aria gelida che lo fece rabbrividire. Improvvisamente, a circa trenta passi di distanza, ai margini del bosco, apparve l'essere. Fradicio nei suoi assurdi vestiti eleganti.
«Perché?» urlò Anatole. «Perché tutto questo?!»
Il mostro lo fissava immobile. La pioggia produceva un rumore assordante e il cielo era rischiarato da frequenti fulmini seguiti da fragorosi tuoni.
«Perché sei giunto qui? Perché indossi degli abiti umani? Perché hai ucciso i miei amici? Che fine ha fatto Juder?»
Nessuna reazione da parte del vampiro, solo lo stesso sguardo fisso sull'uomo che aveva di fronte.
«Scommetto che sei intelligente, eh?! Tu mi capisci, mi capisci vero?! Hai ucciso Pierrick solo per il piacere di farlo!»
Avresti potuto semplicemente andartene trasformandoti. Ma non l'hai fatto!» continuava a sbraitare Anatole mentre il vampiro cominciava lentamente ad andargli incontro.
«Vuoi davvero farmi credere che non comprendi la nostra lingua? Forse hai addirittura imparato a parlarla! Mi stai prendendo in giro!»
La creatura era ormai a meno di dieci metri da Anatole.
«Mi hai lasciato senza amici, senza speranza, senza più niente! Perché non mi hai ancora ammazzato? Perché non ti sei ancora cibato di me? Mi stai solo facendo soffrire! Avanti, sono qui ad aspettarti» lo provocò Anatole.
Il vampiro era ormai di fronte a quell'uomo esausto e forse già dolorante per il veleno ingerito. Lentamente avvicinò la sua testa all'orecchio di Anatole.
«Se hai così tanta fretta di morire, ti posso accontentare» gli sussurrò con una voce sibilante.
Poi si ritrasse e mentre si guardavano reciprocamente negli occhi, in attimi che sembrarono eterni, un freddo brivido percorse Anatole.
Poi, con uno scatto innaturale, la creatura affondò i canini nel collo di Anatole.
L'uomo urlò di dolore ma riuscì a vincere l'istinto di reagire. Il vampiro lo stava prosciugando del suo sangue tenendolo fermo con le braccia. D'un tratto la bestia sbarrò gli occhi e tolse i denti dal collo della sua vittima. Guardò sorpreso, quasi impaurito, l'uomo ormai in fin di vita. Il cielo sembrava partecipe del dramma illuminando quasi a giorno la scena con imponenti fulmini.
Anatole pensò che forse tutto quanto successo potesse avere un senso. Lui e i suoi due compagni avevano avuto un preciso ruolo. Victor li aveva condotti in questo castello, la morte di Pierrick gli aveva invece dato la forza e la pazzia di sacrificarsi per uccidere il mostro, liberando il mondo da questo male.
Approfittando del momento di smarrimento della creatura, Anatole la afferrò per le braccia e con un chiaro sorriso sul viso si lanciò dal dirupo portandola con sé. Il veleno stava sicuramente facendo effetto sul mostro che debole e intossicato non riuscì a liberarsi dalla stretta dell'uomo né a trasformarsi. Per la prima volta da quando era arrivata in questo mondo, la creatura si sentì vulnerabile.
«È la fine, mostro maledetto. Va bene così...» disse Anatole al vampiro mentre continuavano a precipitare scomparendo nel buio dell'abisso.
FIN

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Il Vecchio Castello
HorrorIl Vecchio Castello è il secondo romanzo breve autopubblicato di Tommaso Valsecchi, classe 2006. Azione, rischio, mistero e paura sono gli elementi essenziali di questo racconto lungo ambientato nella Francia della prima metà del '700. Anatole, Pier...