«Allora, riguardo a quei tre criminali evasi... Chi sono e che fine hanno fatto?» domandò l'ufficiale seduto alla propria scrivania.
«Anatole Deluxe, 43 anni, barba e baffi incolti, capelli neri lunghi e lisci, occhi marroni. Pierrick Augster, 24 anni, baffi e barba radi, capelli castano chiaro lunghi e mossi, occhi azzurri. Del terzo conosciamo solo il cognome, Rayon. 39 anni, baffi, pizzetto, capelli castani corti. Siamo sulle loro tracce, signore. Durante la tempesta hanno probabilmente imboccato un sentiero che sale verso Le Grand Galbert. Due gendarmi hanno proseguito sul sentiero nel caso fosse così e abbiamo lasciato invece due uomini a valle» spiegò il soldato.
«Perfetto. Se saremo fortunati non li rivedremo più. La montagna non perdona chi non la conosce» replicò l'ufficiale superiore. «Può andare.»
Intanto, a più di venti chilometri dalla città di Gren Oble – sede del comando di zona della Gendarmeria – la tempesta che prima imperversava furiosa stava lentamente diminuendo in semplice pioggia.
I due fuggiaschi, passata circa un'ora tra lamenti ed incoraggiamenti, si stavano riprendendo e cercavano di uscire da dove si erano rintanati. Ormai era sera e non mancava molto a fare buio.
Anatole allungò le gambe fuori dalla nicchia e si ritrovò con i piedi a penzoloni nel vuoto. Mentre stavano dormendo evidentemente era crollato un ulteriore tratto del sentiero. Pregando che la parete verticale di lato non cedesse, cercò degli appigli per attraversare il tratto mancante. Mentre metteva il piede su un appoggio, il terreno franò e con un abile riflesso lo ritrasse prima che il suo peso lo trascinasse nel vuoto.
«Attento!» si preoccupò Pierrick per la sorte del suo amico mentore.
In salvo, Anatole porse poi la mano a Pierrick per aiutarlo ad attraversare.
Raggiunto nuovamente il sentiero percorribile, i due cominciarono a riflettere. Stavano scappando, ma non sapevano neanche dove. Cosa avrebbero fatto ora? Avrebbero percorso il sentiero, ma dove portava? Cosa si sarebbero dovuti inventare per nascondere la loro identità? Sul punto di scoppiare in una crisi isterica, una figura umana precipitò da sopra urlando. Seguendola con lo sguardo, la videro cadere sempre più giù fino a scomparire nella fitta vegetazione del versante. Doveva aver fatto proprio una brutta fine.
Spaventati, i due si misero a correre. Il sentiero, dopo un tornante che girava a destra, proseguiva più o meno dritto salendo fino a un piccolo spiazzo d'erba circondato da pini sui tre lati, mentre dal bordo si poteva osservare il crepaccio che scendeva fino al tratto di sentiero percorso da Anatole e Pierrick prima della frana.
Poco più in là da dove si erano fermati per osservare, giaceva a terra un uomo con la divisa da gendarme e sotto di lui si allargava una chiazza di sangue che colorava il prato di un rosso mattone.
I due capirono che era una delle guardie sulle loro tracce, proprio come l'uomo visto precipitare poco prima. Chissà come erano più avanti nel sentiero, forse giunti da un'altra via che si congiungeva proprio in quella piccola e nascosta radura.
«Pensandoci bene, quel gendarme è precipitato esattamente da qui. Che l'abbia spinto giù qualcuno? Mi sembra strano che sia caduto da solo...» disse esaminando la scena il più giovane dei due.
Anatole si limitava soltanto a guardare il cadavere, serio in volto e sguardo fisso. Non era certo il primo cadavere che vedevano, ma la situazione era molto più grave e opprimente di quanto abituati. Pierrick invece osservò bene tutto l'ambiente che li circondava.
Più avanti di una decina di metri scorse una piccola cappella ex-voto che, avvolta nel mantello delle tenebre ormai scese e circondata da alti pini che si innalzavano adiacenti ad essa, gli suscitò un senso di inquietudine. Sulla sinistra della radura si apriva un piccolo varco nella pineta da dove partiva un altro sentiero che proseguiva fin dove l'occhio non riusciva più a scorgere, nascosto dalla fitta boscaglia e dall'oscurità.
Il ragazzo non si accorse che mentre osservava attentamente la zona, dietro di lui Anatole stava parlando con qualcuno. A destarlo dai propri pensieri fu questo qualcuno che da dietro gli saltò addosso abbracciandolo.
«Pierrick!» urlò la persona con sincero entusiasmo.
«Victor!» si girò. «Dunque sei vivo.»
«Capisco siate confusi, adesso vi spiego tutto. Stavamo risalendo insieme la montagna, su quel sentiero. Io ero qualche decina di metri dietro di voi e ad un certo punto ho notato un percorso secondario, che voi non avevate visto passando. Una spaccatura nella montagna, una vera e propria breccia che penetrava dritta nel versante roccioso. Ho provato a chiamarvi, ma nel frastuono della tempesta non mi avete sentito.
Improvvisamente l'urlo di un infuriato gendarme che evidentemente ci stava pedinando mi è arrivato alle orecchie. Erano in due e ormai troppo vicini a me, così non ho avuto il coraggio di correre verso di voi su un sentiero pericolante. Inoltre, con buona probabilità, a causa della fitta pioggia non si erano accorti che voi due eravate più avanti sul sentiero. Così mi sono infilato nella fenditura e dopo una decina di metri mi sono ritrovato su un sentiero molto più agevole, circondato dal bosco.
Ho proseguito di corsa fino ad arrivare a questa radura oltre la cappella. Ero ragionevolmente certo che i gendarmi mi avessero seguito, e di questo ero sollevato pensando a voi; poco dopo infatti i due mi hanno raggiunto. Uno di loro, vedendomi, ha immediatamente sparato. D'istinto mi sono buttato a terra e il proiettile mi ha colpito solo di striscio ad una spalla. Prontamente mi sono rialzato per correre incontro all'altro che aveva ancora il colpo in canna e così sono riuscito a strappargli l'arma dalle mani. Gli ho sparato, ed ecco il suo povero corpo qui a terra.»
«E l'altro?» chiese Pierrick.
«Ovviamente è scappato. Non aveva il tempo di ricaricare, e neanche io, ma probabilmente pensò che in uno scontro corpo a corpo io avrei avuto la meglio» continuò Victor.
«Tutto ciò non spiega ancora la persona che è volata giù da qui» osservò Anatole.
«Adesso ci arrivo... Circa un'ora dopo il gendarme è tornato indietro per affrontarmi con la baionetta. Io l'ho fronteggiato e lui, indietreggiando imprudentemente fino al dirupo, ha inciampato precipitando giù» concluse Victor.
«Bene, ora tutto quadra» disse Anatole.
«Adesso troviamo un modo per tornare a valle?» propose Pierrick con una smorfia.
«Non se ne parla. Guarda lassù» indicò Victor con un gesto verso un punto molto più in alto di dov'erano.
I tre osservarono stupiti la sagoma scura di un castello che spuntava da sopra una distesa di conifere, incorniciato da un cielo nero punteggiato di stelle. L'odiata pioggia di quella notte era infatti ormai cessata e le nuvole si stavano diradando. Probabilmente il sentiero conduceva proprio al castello.
«Chissà quante ricchezze là dentro...» sospirò Victor.
«No, non ci sto!» esclamò Anatole. «Ci siamo ripromessi che non avremmo più derubato, ingannato o ucciso alcuno. Hai già ammazzato due gendarmi, Victor! Preferirei andare a vivere nel villaggio del mio amico Bernard. Cambiamo vita, forse là le forze dell'ordine non ci troveranno.»
Anche Pierrick gli diede ragione.
«Facciamo così allora» insistette Victor. «Se il castello è abitato lasceremo perdere e ce ne andremo via. Se però scopriamo che è abbandonato, entriamo e prendiamo quello che possiamo. In fondo, tutte quelle belle cose non serviranno agli spiriti.»
«Potrebbe comunque essere di proprietà di qualcuno» continuò a riflettere Anatole.
«Se fosse di qualcuno, quasi sicuramente ci vivrebbe. Chi rinuncerebbe a un'abitazione del genere?» replicò Victor.
Il ragazzo invece non si era ancora espresso. Era da poco attivo nella banda e non era ancora un esperto del mestiere, se così si può definire. Sicuramente era legato ad Anatole, che lo aveva trovato da ragazzino per le strade della città e lo aveva cresciuto quasi fossero una famiglia. Di fatto, nei dibattiti dava tendenzialmente ragione a lui che era stato quasi come un padre oltre che un amico.
«Ehm... io sto con Anatole» si pronunciò infine dopo più di un minuto in cui la discussione tra gli altri due era stata per lui poco altro che un sottofondo a cui non aveva prestato attenzione.
«Oh, bene» disse Anatole. «Vuol dire che siamo tutti d'accordo. Anche a me sta bene la proposta di Victor, seppur non sono proprio tranquillo.»
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Il Vecchio Castello
HororIl Vecchio Castello è il secondo romanzo breve autopubblicato di Tommaso Valsecchi, classe 2006. Azione, rischio, mistero e paura sono gli elementi essenziali di questo racconto lungo ambientato nella Francia della prima metà del '700. Anatole, Pier...