Capitolo 3

1.3K 89 2
                                    

Non ce la fece Christian, il proprietario di quegli occhi che scrutarono il ragazzo piangente pochi minuti prima, a non tornare sui suoi passi e rientrare nel bordello.

La sua famiglia lo stava aspettando a casa già da un po' ormai, ma avrebbe indubbiamente trovato qualche scusa da rifilare ai suoi genitori, tanto era abituato a mentirgli. Andava spesso in quel posto, era l'unico modo per sentirsi se stesso senza che nessuno lo giudicasse. Si sentiva un po' in colpa in realtà, era a conoscenza di usare quei ragazzi, che molto spesso erano più piccoli di lui, solo per trarne un po' di piacere. Sapeva di non comportarsi bene con quei poveri, quando entrava nella camera non riusciva più a controllarsi, come se gli si annebbiasse il cervello dalla lussuria e qualsiasi cosa gli chiedesse o sentisse di voler provare, d'istinto era portato a farlo, noncurante di tutto il resto. Poi, dopo essere venuto tornava alla realtà e con quello il rimorso di non essere stato in grado di controllarsi. Perciò non tornava mai dallo stesso ragazzo, dopo averci scopato, non riusciva più a guardarli negli occhi, il senso di colpa lo attanagliava tanto da non poter più sfiorarli una seconda volta. Credeva di essere un mostro ma non poteva farne a meno, aveva solo 19 anni e quella, seppur non la migliore, era l'unica sua via di fuga da quel mondo fittizio che il padre gli aveva imposto.

Ma Christian anche se non riuscisse a trovarlo in sé, aveva sempre un cuore e la visione di quel ragazzo così distrutto l'aveva colpito tanto da non lasciargli neanche un briciolo di forza per andare a casa. E la curiosità, che nascondeva la preoccupazione, era tanta da spingerlo fin alla porta del proprietario di quella struttura.

Non ebbe neanche il tempo di bussare che Nunzio gli aprì la porta,<Siete tornato indietro, qualcosa non è andato bene?> chiese, e allo sguardo scettico e sorpreso di Christian continuò <Vi ho visto dal balconcino> concluse con una risatina che portò l'altro all'esclamazione di aver compreso. Nunzio allora prima fece entrare il giovane nella stanza che fungeva da ufficio e poi gli indicò una sedia sulla quale sedersi. Dopo ciò, il vice della struttura continuò < Allora ditemi, se quel pezzente di prima non è stat-> iniziando ad usare un tono nervoso e spregevole, ma l'altro lo bloccò subito mettendo le mani avanti per evitare problemi al ragazzo con cui aveva avuto un rapporto non più di un'ora fa. <No, non dire così, il ragazzo è stato perfetto, non è questo. C'è Raimondo? Gli devo parlare> finì. <Si c'è, a quest'ora starà facendo il giro delle camere, ma per voi si può sempre fare una eccezione, lo vado a chiamare>. <Grazie, allora aspetto>, finì il discorso, vedendo l'altro già prodigarsi per cercare il proprietario della struttura e uscire dalla porta per raggiungerlo.

Mentre aspettava, chiuse gli occhi e girò la testa facendo una piccola circonduzione del capo, che fosse una tensione muscolare o interiore lo faceva sempre quando era teso, e stavolta era proprio quest'ultima. Non sapeva perché quel ragazzo l'avesse così tanto colpito, non si capacitava per quale motivo adesso fosse lì, ma era più forte di lui. Voleva vederlo, a tutti i costi. Poi al suono di una porta aperta, aprì gli occhi e si girò di scatto.

<Christian buonasera, cosa vi porta qui?> esclamò Raimondo <Nunzio mi ha detto che il servizio delle nostre puttane non è un problema>, a quella parola Christian storse un po' il naso ma l'altro continuò <Quindi in cosa posso esservi d'aiuto? soprattutto a quest'ora della notte> concluse cordialmente. <Ciao Raimondo, si vero, i vostri ragazzi non c'entrano. Anzi> ci pensò un secondo <in realtà si> poi continuò un po' titubante <ecco, prima ne ho visto uno> e Raimondo bloccò il suo discorso <ha fatto qualcosa? Giuro che questa volta chi sia sia, lo faccio a pezzi>.

<Raimondo!> esclamò brusco Christian quasi sull'orlo di una crisi di nervi, odiava quando veniva interrotto <Fammi finire di parlare. Nessuno ha fatto niente di male. Stai in silenzio e fammi concludere un concetto>. <Si, scusatemi> Raimondo detestava essere così servile, ma il ragazzetto davanti a lui aveva potere e a questo doveva sottostare <Continuate>.

<Dicevo, prima di uscire ho visto un ragazzo. Penso avesse appena finito di> cercò la parola <lavorare> disse leggermente titubante, quasi fosse una domanda <eh beh, l'ho visto abbastanza provato>. Alchè Raimondo <Nessuno li costringe, stanno tutti qui per loro volontà, se non interessa a loro essere usati come feccia, a me importa ancora meno. L'essenziale è solo che durino tanto e non mi facciano perdere denaro. Ora, mi dica, ha qualcos'altro da dire?> concluse leggermente irritato. Il giovane stava mettendo il naso dove non doveva. Christian lo odiava ma se quei ragazzi erano lì per loro scelta allora lui non poteva farci niente, a meno che.. <Vorrei avere un incontro con questo ragazzo, adesso>. <Ma se è per questo potevate dirlo subito> disse sollevato e ridente il proprietario <fatemi solo capire chi è e vediamo se è libero>. <E' biondino, il fisico asciutto e tonico, gli occhi erano chiusi non sono riuscito>.

Raimondo gli spiegò che con questa descrizione potevano essere almeno una decina, allora si sforzò di ricordare un dettaglio che potesse portarlo a ciò che desiderava, poi lo trovò <aveva un mazzo di rose sul tavolinetto e un taglio sul-> venne bloccato dal proprietario, che a quel dettaglio capì immediatamente chi fosse e non ne fu entusiasta, ma si sforzò in un sorriso finto e disse <Mattia, solo quel cretino si riem->. Christian lo ammonì, detestava quando trattava quei ragazzi così. <Quel ragazzino> cercò di riprendersi Raimondo <è l'unico che si riempie di rose, mi rovina tutte le aiuole che ho in giardino>.

Allora l'altro fece un sorrisetto e portò il discorso a dove era partito <Ecco, questo Mattia, è possibile vederlo adesso?> e Christian quasi fece un salto quando <NO> esclamò gridando Raimondo. Il ragazzo era confuso, non aveva mai ricevuto un diniego. <Come no?> , <No, il ragazzo è occupato> cercò di sviare il proprietario. Christian aveva capito che quello di fronte gli stesse mentendo, era impossibile che quel ragazzo stesse già con qualcun altro dopo neanche trenta minuti che avesse visto uscire l'uomo precedente. <Non mentirmi Raimondo, so che non è così, fammelo vedere>. Allora l'uomo tentò un'altra strada. Era estremamente geloso di Mattia, aveva paura che il ragazzo parlasse o che si infatuasse facilmente dell'altro di fronte a lui. Per questo non gli faceva mai avere appuntamenti con giovani, era suo e così doveva rimanere. Ma doveva ingraziarsi il giovane Stefanelli e quindi <ha finito il suo turno, sarà indubbiamente stanco. Se vuoi posso farti vedere con qualche altro adesso> tentò, ma invano <no, voglio parlare con lui. Solo parlare>. Raimondo iniziava ad innervosirsi oltremodo, allora gli disse che per Mattia era tardi, che stava sicuramente già dormendo.

<Allora domani> incalzò Christian. <Ha finito i suoi turni, non incontrerà nessuno prima di cinque giorni> e con questo Raimondo provò a chiudere il discorso.

<Raimondo, stai tentando di nascondermelo per caso?> lo guardo' con aria di sfida e Raimondo seriamente preoccupato <No ma che> alzando le mani in segno di difesa <gliel'ho detto prima, mi devono durare, non posso rischiare che a lungo andare il fisico non regga>. A ciò Christian si mise con l'anima in pace e leggermente più sollevato tentò di chiedere <e lo farai riposare per cinque giorni? Non posso davvero neanche parlargli?>.
Raimondo fece un grande respiro <Christian> si fermò per poi continuare <ho detto no, è estremamente delicato, non voglio che incontri nessuno, in nessun modo. Ora, se avete finito io avrei altro da fare> e lì chiuse definitivamente il discorso.
Non era vero che il ragazzo avesse cinque giorni di pausa, ma sperava che in quel lasso di tempo il giovane davanti a lui si dimenticasse e passasse oltre, non avrebbe potuto dirgli di no un'altra volta. Christian era leggermente adirato dal discorso, aveva una voglia matta di vedere quel biondino ma se il proprietario gli aveva detto di no non poteva farci molto. Così cambiò discorso promettendosi che dopo cinque giorni avrebbe richiesto del ragazzo. Leggermente annoiato si fece segnare un appuntamento due giorni dopo con Luca, un moretto con il quale aveva scambiato due parole, quando senza farsi vedere sgattaiolava nel giardino dietro la casa d'incontri. Sperava che, avendogli parlato già, non si tramutasse nel mostro che era solito diventare.

Dopo ciò, con i pensieri che viaggiavano velocissimi nella mente uscì di nuovo dalla struttura. Doveva cercare una scusa plausibile da dire ai suoi genitori e in quel pensiero, un altro più piccolo ma con una prepotenza inaudita si fece spazio.

Mattia.

Mattia.

Questo nome tornava a ripetizione nel cervello. E dopo il nome, le immagini di lui piangente, accovacciato sul letto. Lì sentì una stretta allo stomaco. E nel freddo della notte si disse <Mattia> e fece un mezzo sorriso <che bel nome, gli sta proprio bene>.

La Casa delle Rose   -Zenzonelli / MatianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora