Il sorriso gli era scomparso subito dalla faccia, appena quel signore sulla sessantina aveva varcato la soglia con un'espressione sadica in volto, aveva capito che no, non avrebbe retto quella sera.
Era stata una delle più nauseabondi scopate di tutta quella faccenda. Non che capitasse raramente di dover subire un atto con uomini anziani, tarchiati e con la pancia enorme, che gli gravavano addosso più del macigno che gli attanagliava lo stomaco, però quel giorno sperava che almeno l'ultimo cliente fosse un bel giovane, il quale almeno per l'aspetto, l'aiutasse a non pensare che, in tutto quello, Mattia non decidesse assolutamente niente.
E se non in un ragazzo almeno in qualcuno più magnanimo, il quale si ricordasse che sotto aveva pur sempre un essere umano. Ma no, non era stato fortunato.<Gemi cagna, dimmi che ne vuoi di più> disse ansimando quell'uomo ripugnante che aveva dentro di lui.
Mattia era sul letto sfatto, piegato con la testa conficcata nel cuscino tenuta dalla mano di quell'altro, aveva difficoltà a respirare e quindi non emise nessun suono ma quello, accorgendosi che il ragazzo non avesse obbedito, gli tirò un pugno sul fianco e al contempo assestò una spinta con il suo membro che fece gridare Mattia dal dolore e l'altro di puro godimento. Pianse, in silenzio, senza farsi vedere. Voleva solo sparire, non era tanto il dolore fisico quanto quello che partiva dal petto e si irradiava all'interno della tua testa, a fargli male.
Chiuse gli occhi, tentò di respirare per quanto potesse profondamente e poi obbedì all'uomo, iniziando a chiedere di più e a gemere, sperando che così facendo quella tortura finisse prima. Dopo poche stoccate l'uomo venne dentro di lui, ovviamente senza preservativo perché "se no non riesco a sentirti bene animaletto" e poi gli si accasciò addosso. Mattia ringraziava solo che il capo di quell'inferno richiedesse dei referti clinici per attestare la salute dei clienti, sapeva che almeno in questo non rischiava nulla e ogni volta, si sentiva come sollevato. Poi l'uomo alzò il busto, uscì da lui, non prima di aver tentato di rifarselo venire duro con un movimento di bacino, ma fortunatamente per il ragazzo, l'uomo aveva una certa età e non ci riuscì. Alché il vecchio, un po' contrariato tirò una sonora pacca sul sedere di Mattia, che preso alla sprovvista emise un grido. Soddisfatto del suono sentito, con un sorriso sghembo sul volto, prese gli abiti che prima aveva gettato per terra e si rivestì velocemente.
<Sei stato un bel passatempo moccioso, la prossima volta obbedisci prima però> disse e poi, con noncuranza di quel povero piccolo che era ancora fermo nella stessa posizione in cui l'aveva scopato, senza dire nient'altro, uscì dalla stanza, lasciando la porta aperta in modo che tutti potessero assistere a quel disastro che aveva combinato sul corpo del ragazzino.
Oltre al taglio ricevuto nel rapporto precedente, sicuramente gli sarebbero usciti dei lividi sui fianchi e sulla gambe e altri taglietti sparsi dappertutto, per non pensare a quello sul labbro che già sentiva bruciare quando passava la lingua sopra eppure, Mattia, sospirò di sollievo. Sapeva che finalmente Raimondo non gli avrebbe chiesto altri incontri, non per due o tre giorni almeno. Sorpirò quasi rasserenato, iniziò a muoversi e a cambiare posizione, lentamente si appoggiò prima sul lato sinistro e poi di schiena, e lì rimase fermo, gettando la testa sul cuscino. Cosi tentò di rilassare i muscoli e lasciarsi alla morbidezza del letto. In quel frangente sapeva che anche se non sentiva nessun dolore a breve sarebbero arrivati tutti insieme e quindi decise di prendersi quel millesimo di secondo per sé.
Prese fiato sonoramente e fece vagare la mente, tentando di ricordare com'era vivere in una casa vera, andare a scuola e ballare, perché quella era la sua più grande passione, la prima che gli era stata negata. A quel pensiero si rattristò immediatamente, avvertiva gli occhi riempirsi di lacrime. Non riuscì a trattenerle, e lì su quel letto insozzato di non sapeva neanche lui cosa, si lasciò andare, tutti i muri interiori gli crollarono addosso e pianse, singhiozzando fragorosamente. Alzò il busto e si strinse le ginocchia, ora piegate verso di sé. Il volto deformato in un'espressione di pura agonia.
Aveva bisogno di amore, un abbraccio caldo e sincero, qualcosa senza secondi fini. Sembrava un disperato in balia di ciò che gli mancava di più e in realtà, lo era davvero. Non aveva nessuno che potesse salvarlo da quel posto. Non riusciva a calmarsi neanche pensando alle rose. Buffo pensare che le stesse rose dessero il nome a quella struttura, anche se in genere erano per lui motivo di un sorrisino sincero. Ma neanche le rose riuscirono a farlo sorridere.
In balia delle sue emozioni, non riusciva neppure a pensare che la porta della stanza fosse aperta e che tutti potessero vederlo nella sua dolorosa interezza, senza armi a proteggerlo.Ma davanti alla porta quella sera, si fermarono due occhi, che lo scrutarono da lontano e che si domandarono quali crudeltà una persona, una persona e non un oggetto, avesse dovuto subire per stare così. Due occhi, che non riuscirono a reggere quella visione e che decisero di socchiudere la porta, lasciando quel ragazzo nel proprio dolore.
Due occhi e un cuore, che ormai pensierosi e tristi della visione appena avvenuta stavano lasciando La Casa Delle Rose, per uscire nel freddo della città di Bergamo.
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La Casa delle Rose -Zenzonelli / Matian
FanfictionMattia, 18 anni, costretto a prostituirsi nella Casa delle Rose, per vicessitudini del passato. Christian, 19 anni, assiduo frequentatore del luogo. Ambientata nella metà del 900. DISCLAIMER I personaggi non mi appartengono (purtroppo) e tutti gli...