Scheletri nell'armadio(Parte 4)

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Ho passato 3 notti in bianco, con la sola compagnia dei miei attacchi di panico, non mangio da 3 giorni, cibandomi solo delle mie ferite autoinflitte nel braccio, non ho visto Riccardo a scuola in questi giorni, la cosa mi tortura sempre di più, guardo l'orologio sono le 2:30 del mattino, io sono nel letto intenta a combattere un altra guerra con la me interiore.

Cazzo, e se non gli piaccio? Alla fine a chi potrei mai piacere...magari pensava pure ad un altra mentre mi baciava.

Eppure ho una voglia costante di vederlo e sentire la sua voce.

Prendo di scatto il telefono, compongo il numero che so ormai a memoria, ho ripetuto questa scena troppe volte in una giornata.

Uno squillo...due squilli...tre squilli...

Mi risponde solo la voce della segreteria telefonica, così gli scrivo un messaggio su WhatsApp:

Sono Sofia, vorrei tanto vederti.

Invio, aspettando la risposta con ansia, quello che ricevo dopo un'ora è una chiamata, che mi fa sussultare, rispondo subito.

<<Pronto?>> Non ho nemmeno visto il contatto che mi chiamava <<Cazzo, sei talmente bella...>> È la voce di Riccardo, molto persa, <<Sei strano, stai bene?>> Gli domando preoccupata <<Si si, ho bevuto solo qualche bicchierino, vorrei vederti tanto anch'io>> lo sento ridere attraverso la cassa del telefono che tengo ben saldata sul mio orecchio, <<Sei a casa?>> Gli domando, la risposta tarda un po' a venire <<Non...non proprio, no, sono a un garage>> mi spiega quasi con difficoltà, <<Mandami la posizione>> gli ordini, mentre mi alzo dal letto per vestirmi, sento il telefono vibrare, con la conferma che mi ha mandato la posizione, quando stacchiamo esco di casa e mi incammino velocemente nel posto.

Quando arrivo a un grande garage busso violentemente, poco dopo mi apre Riccardo, decido di entrate, sentendo la porta chiudersi dietro di me, ora siamo solo io e lui.

<<Che cosa è successo?>> la mia voce e ferma e tranquilla, torno a guardarlo, dopo aver analizzato ogni punto della stanza, c'è una moto, un beta per l'esattezza, una chitarra posteggiata all'angolo della stanza, mi soffermo su una bottiglia di whisky per terra <<Questo fa parte del mio inferno>> si giustifica aprendo le braccia, <<Perché?>> Gli chiedo...

<<Non mi chiamavi, ne scrivevi, ero perso, mi sei mancata>> quest'ultimo lo sussurra, avvicinandosi al mio viso, poggia la sua fronte sulla mia, chiude gli occhi e ispira a pieni polmoni il mio profumo, <<Sono stata impegnata>> mento, in realtà sono stata impegnata solo a farmi male, giocando con la mia stessa mente, che ha preso il sopravvento. Fa scivolare, con un tocco delicato, che a pena sento, la sua mano sulla mia, risale percorrendo il mio braccio che ritraggo facendomi ancora male le ferite fresche, lui lo nota, aprendo gli occhi, mette una minima distanza fra noi, quel che basta per guardarmi, <<Che è successo>> mi domanda, passando il suo sguardo da un occhio all'altro,<<Nulla>> mi difendo, ma la mia risposta arriva troppo in fretta, redendo la mia menzogna ancora meno credibile.

<<Che hai fatto al braccio>> insiste

<<Non ho fatto nulla>> sibilo, mi prende di scatto il braccio, <<Lasciami!>> mi dimeno, lui sposta la manica, rivelando il mio braccio martoriato, alza il suo sguardo nel mio, leggo un pizzico di rabbia, ma la maggior parte è dolore.

Prende un kit medico, obbligandomi a sedermi sul divano, mi disinfetta la ferita, e ci avvolge una fascia.

Rido tra me e me, pensando all'ironia della sorte, <<Che c'è da ridere?>> mi domanda Riccardo con un tono serio, <<Ero venuta per aiutarti, invece è finita al contrario, purtroppo anch'io ho i miei scheletri nell'armadio>> sospiro, <<Parlamene>> si interessa, pende dalle mie labbra adesso.

Così faccio un lungo sospiro, <<Soffro di autolesionismo da ormai 5 anni, è collegato molto al mio disturbo alimentare, che anche questo mi porta spesso ad avere attacchi di panico>> scelgo le parole giuste, con la stessa attenzione che Riccardo mantiene verso di me, <<Chi lo sa?>> Mi domanda

<<Nessuno, solo le mie amiche e ora tu>> sospiro

<<Che onore>> prova a scherzare ma il suo tono lo tradisce.

<<Non se ne accorge nessuno?>>

<<Non te ne sei accorto nemmeno tu>>

<<Ma io ti conosco da poco, non sto sempre con te>> mi fa notare.

<<I miei non ci sono quasi mai, mia madre è avvocato, mentre mio padre è un cardiochirurgo, mia sorella vive con suo marito e suo figlio>> mi spiego, <<Ma parlami un po' di te>> mi metto comoda, portando il mio sguardo sulla bottiglia vuota, <<Beh...ho delle dipendenze>> si gratta la nuca, <<questa è solo una ricaduta>> aggiunge poi.

Solo?

<<Solo alcool?>>

<<Droghe anche>>

<<Da quanto?>>

<< Uhm...3...anni, sì 3 anni>>

<<I tuoi genitori lo sanno?>>

<<Sono a conoscenza che tendo ad alzare troppo il gomito, ma non sospettano che mi drogo>>

<<Che lavoro fanno?>>

<<Mio padre è un falegname, mia mamma invece è una maestra di asilo, ho un fratello di 13 anni, ma l'unico a conoscenza delle mie dipendenze è solo il mio migliore amico, che lo considero come un fratello, anche se non siamo legati col sangue>>

<<Quello al bar?>>

<<Proprio lui, Dario>>

Dario...deduco non gli ha parlato di me, visto che quel giorno c'è stato un flirt dalla sua parte.

Mi rannicchio contro il petto di Riccardo, che mi circonda con le sue forti braccia, alzo lo sguardo verso di lui, gli do un delicato bacio a stampo, pieno di amore, <<Ora siamo in due ad affrontare questi demoni>> lo rassicuro, so quando è difficile uscire da certe situazioni, ma quando qualcuno capisce il tuo dolore, automaticamente ti senti già meglio.

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