Era... buio. I miei occhi erano mortalmente chiusi, ma io sentivo ogni cosa: parole, odori, un sapore acre che inondava la mia bocca. Il sesto senso entrò in gioco per sostituire la mancata vista; riuscivo a concepire la mia posizione nello spazio che non identificavo, ero sdraiata a terra. Volevo muovermi, camminare, vedere, ma più ci provavo e più fallivo, più fallivo e più ci riprovavo. Sentivo un leggero pizzico sulla guancia sinistra, poi uno schiaffetto, poi un altro pizzico. Era davvero irritante, ma non ci feci caso: ero troppo occupata a chiedermi come fosse possibile avvertire la presenza del proprio corpo senza riuscire a controllarlo totalmente. Perché tutti i sensi funzionavano alla perfezione tranne la vista?
Avvertivo l'odore di deliziosa e dolcissima frutta, dell'erba mattutina accarezzata dalla rugiada, di limoni e piante mediche che alludevano alla loro insopportabile amarezza. Nella lingua c'era qualcosa di pungente, di fastidioso ed aspro; la gola pizzicava e soffriva, sembrava infiammata. Le mie orecchie udivano i placidi e graziosi suoni della natura: i leggiadri versi dei passeri, la strindente nenia delle cicale, lo zompettio degli scoiattoli sulle cortecce degli alberi. Mi sembrava di essere nella foresta, la mia verdeggiante e pacifica foresta. Avevo sperato per poco tempo che tutta quella tragedia di fuoco fosse un semplice incubo, poiché quei suoni mi cullavano così dolcemente da donarmi sicurezza. La mia pelle era sensibilmente sfiorata dai sospiri di un calmo venticciolo, lo stesso vento che a casa mi veniva in contro nelle giornate afose e mi spingeva lontano, nella pace. Lo stesso vento che Dhera creava per alimentare le fiamme del suo focolare, far asciugare i pavimenti bagnati nel giorno delle pulizie o far divertire me e... Vanille. In quell'inferno non l'avevo proprio vista, e ne ero piuttosto felice: forse era riuscita a scappare. Forse era ancora in tempo per rifugiarsi in altre terre, dato che le fate non vivono solo nelle foreste. Sarebbe diventata la piccola guida di qualcun'altro, forse un forte soldato in grado di proteggere davvero il suo popolo, un essere coraggioso che non perdeva i sensi nel momento del bisogno. Qualcuno diverso da me.
Sentivo una presenza accanto al mio corpo: mi teneva al braccio e scuoteva il mio viso; spalmava una poltiglia disgustosa sulla mia pelle, una pappetta viscida che bruciava come il fuoco infernale.
«Elpha?» una voce indistinta mi chiamava in un possente eco.
«Elpha, svegliati!»
Volevo davvero svegliarmi, ma non ci riuscivo. Sentivo il dolore ovunque mentre la mia mente naufragava in pensieri tutt'altro che felici.
"Quanti... quanti kokiri hanno perso la vita...?"
Era tutto così orribile, strano, surreale. Perché il Grande albero Deku non aveva nemmeno aiutato il suo popolo diletto? Perfino Mido aveva perso ogni speranza.
A lui non importa, aveva detto.
A lui non importa.
"E se fosse colpa mia?"
"E se gli Dei avessero voluto punirmi per aver mentito a tante persone, alla mia famiglia?" Sentivo il fiato mancare. Il cuore batteva lentamente, piano, calmo, sempre di più.
"È colpa... mia."
«No, non lo è!» sentiì, in un lamento sempre più lontano.Un'aura di ristoro circondò le mie membra incontrollabili. Ricordo ancora la pace e il riposo che mi portò in quei momenti: era come dormire per la prima volta. Era come distendersi sul mio letto di paglia morbida, poggiare la testa sul mare di piume del cuscino, chiudere lentamente gli occhi e far morire una dura giornata nella speranza di un domani più piacevole. I sensi che poco prima avvertivano indizi sul luogo dove giacevo, poco a poco si attutirono fino alla totale inibizione. Persi di nuovo concezione di me stessa, mi addormentai dolcemente nelle fredde braccia della morte. Non faceva male... anzi. Alleviava ogni mia emozione, ogni ricordo difficile. Paradossalmente, era come rinascere. Non capivo perché gli Dei ci avessero tolto una sensazione così piacevole, così calma.
Tutto svanì.
Una sola cosa udivo:
«No! Resisti, coraggio!»
"Perdonami... perdonami, Mido."************************
Voci anonime circondavano la mia testa in un confuso rimbombìo di suoni, rumori, parole.
«Questa non ci voleva. Com'è potuto succedere?»
Una leggiadra e fredda voce femminile.
«Qualcuno sta cercando di far saltare i nostri piani.» Altra voce di donna, questa volta calda ed avvolgente.
«Cosa facciamo? Non possiamo scegliere qualcun'altro, è troppo tardi.»
Anche questa: voce di donna. Una voce tremante e preoccupata.
«È semplice: recuperiamo il suo spirito. La sua morte prematura è solo un piccolo ostacolo nei nostri progetti, possiamo superarlo.»
«Non possiamo farlo, ci metteremo contro tutti gli Dei.»
«Non credo "Tutti", ma di sicuro Morph ci metterà i bastoni fra le ruote.»
«E allora cosa conti di fare?»
«Mh...»
«La ragazza l'hai scelta tu, dunque è una tua responsabilità. Trova una soluzione in fretta: il tempo scorre.»
«Io... Va bene. Potremo metterci nei guai, ma dobbiamo farlo.»
Facciamo ciò che ha proposto Nayru."...Nayru..."
Si, non avevo sentito male. Nayru.[Note dell'autrice:
Vi prometto che non inserirò più miei messaggi in mezzo al racconto, lo giuro! Volevo scusarmi per la parte più corta del solito, ma ci vuole un po' di tempo per farmi... ehm... riambientare? È come tornare in un posto a te molto caro dopo tanto tempo, un luogo in cui hai passato bei momenti che, però, non ricordi alla perfezione. E dunque stai lì, calmo, a rievocare ciò che hai fatto... più o meno è la stessa cosa che mi succede con questa storia. Vi prometto che i prossimi capitoli saranno più lunghi e più "action", va bene? A presto! :3]
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L'ultimo eroe
FanfictionUn umano cresciuto nel popolo dei Kokiri sarà l'ultima speranza per il regno degli Dei. "L'ultimo eroe" è una fanficton basata sulla saga "The legend of Zelda".