Capitolo 10

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«Lo spirito divino... devo recuperare lo spirito dell'eroe ad ogni costo...»
«Credevi davvero di uscire incolume da qui? Questo è il mio regno, dove l'eterna ombra ricopre le anime ormai inutili. Tu, sciocca, credevi di potermi ingannare?»
«Io... i...o...»
«Sei stata una sprovveduta. Ma quale onore: il mio impero presto ospiterà lo spirito di una Dea!»
«Maledetto... io...»
Io devo far continuare il destino. Devo riavere quello spirito.

Il dolore. Stava ritornando il dolore. "Perché sento ancora il corpo farmi male? Perché non c'è più quel piacevole sonno eterno?"
Ricominciai a sentire la mia forma terrena esattamente come prima: c'era lo stesso odore di limone e piante mediche, lo stesso pacifico suono della natura, percepivo la stessa identica presenza al mio fianco che mi sfiorava il braccio. Sentivo una goccia d'acqua, una sola, che accarezzava la mia pelle scendendo verso la terra che l'aveva creata. Non era semplice acqua: quella goccia era debole, strana, trasportava tristezza. Il lamento di Mido era sussurrato dal debole vento proveniente da occidente.
«Non avrei dovuto lasciarti andare da sola.»
Provai ad aprire gli occhi per confermare la visuale che stavo immaginando e realizzai che, finalmente, potevo muovermi. Poco, ma ce la facevo. Iniziai a girare i bulbi oculari un po' a destra ed un po' a sinistra con le palpebre chiuse, emettendo un verso strozzato che fece da ambasciatore del il mio risveglio. Con uno sforzo immane strinsi gli occhi per poi riaprirli lentamente; la luce del sole mi attaccò all'istante, li richiusi in un gesto di involontaria protezione.
«Elpha?» La voce di Mido era un miscuglio tra la meraviglia, sollievo ed incredulità.
«Elpha... sei viva?»
«Ugh... si... credo.» Il mio parlare era confuso: non riuscivo ad esprimermi senza incappare in un suono flebile e roco.
Facevo fatica anche a respirare a causa dei polmoni pieni di fumo nero: un terribile e persistente ricordo della catastrofe.
La foresta.
Di colpo apriì le palpebre noncurante dei raggi che schernivano il mio sguardo ed alzai in fretta il busto, che subito venne immobilizzato dal dolore.
«Ferma! Sei ferita, non muoverti.» disse Mido mettendomi una mano sullo stomaco. I suoi occhi verdi erano contornati dal rossore del pianto; si fermarono all'altezza del mio viso sorpreso.
«Ferita... dove?»
«Beh, diciamo ovunque.»
«Ah...»
È vero: faceva male. Ma lo ignorai e mi alzai lo stesso, dolorante; riprovai a guardarmi intorno scorgendo stupita gli alberi viridi le cui chiome brillanti toccavano il cielo perfettamente azzurro. Il prato era corto, sottile e ben curato; accanto a me giacevano medicine naturali e bende, le stesse che mi ritrovai attorno all'addome e alle braccia.
Era tutto così diverso da quello che avevo immaginato... forse era davvero tutto come prima. Guardai Mido tentando di comunicargli ciò che sentivo, lui abbassò lo sguardo distrutto sulle foglie mediche che continuava a spalmare per allievare le mie bruciature.
«No, non è come credi. Vorrei che lo fosse, ma non lo è.» Tentava di restare calmo.
"Cosa... cosa significa?" Pensai, poi domandai:
«Ma qui sembra tutto a posto, no? Cos'è successo?»
«Potrei farti la stessa domanda, sai? Tu dovevi andare dal Grande albero Deku, invece ti ho trovata morente in prossimità della radura sacra. Vuoi dirmi perché eri lì?» Nella sua voce c'era un'accusa che tutt'ora mi ferisce al solo pensiero: l'amarezza di quelle parole mi fece realizzare che non avevo nessun ricordo riguardo ai miei ultimi istanti di lucidità. Rimasi ferma, inerme, per poi riprovare a porre la stessa domanda.
«Cosa è successo, Mido? Cos'avete fatto dopo la mia partenza?»
Il Kokiri attese un po' soffocando il bisogno di lasciar andare lacrime.
«Noi... abbiamo fatto il possibile. Cercavamo di domare le fiamme che stavano divorando il villaggio usando le fate e tutta l'acqua che c'era in quel momento, ma... non ce l'abbiamo fatta. Quando realizzai che non saremo mai riusciti ad attutire il fuoco, ho tentato di chiamare i superstiti per scappare. Tutti... sono morti tutti. Prima o durante la fuga, non importa: siamo sopravvissuti solo noi.» Fece un profondo respiro per frenare il suo tremolio, poi parlò tutto d'un fiato:
«Quello che vedi è un luogo sacro, protetto dalla diretta luce divina. È l'unico posto sicuro per ora, ma è solo questione di tempo prima che la barriera...Ah!»
Un suono cristallino di vetri infranti rimbalzò nelle mie orecchie e ruppe la bellezza del posto.
Era come se i meravigliosi alberi, il cielo ed i graziosi animali che vi abitavano fossero solo dipinti su una tela che, una volta caduta a terra, rivelava la terribile verità che vi era dietro: mi raggiunse un'aria soffocante ed arida che alimentava altre terribili lingue di fuoco. Non c'era più nemmeno un arbusto e l'incendio, ingordo di vita, proseguiva uccidendo tutto. Un urlo di Mido mi svegliò.
«Siamo... siamo finiti.» Il bambino tremava sempre di più, ma i suoi occhi erano rassegnati da quello che sarebbe stato il suo destino. I'ombra scarlatta camminava lentamente verso di noi prendendosi beffa del nostro terrore, finché non ebbi un'idea.

L'ultimo eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora