Capitolo 6

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Quando arrivai a casa, mi buttai sul letto sperando in un lungo sonno ristoratore. Erano successe tante cose strane, quella sera: prima su tutte l'incontro con Daraen, che mi aveva davvero stupito. Nonostante la stanchezza, le emozioni di quella sera mi impedivano di prendere sonno e mi misi a pensare sperando che la quiete dei primi raggi del sole mi avrebbe presa all'improvviso nelle sue confortevoli braccia.

"Un dono... il mio, dunque, sarebbe un dono? Direi più una condanna, dato che mi allontana dai miei simili..." Daraen, poi... era davvero strano. Aveva la capacità di farmi saltare sui nervi con la sua voce terribilmente irritante e sicura di sè. Prima che Vanille arrivasse ad annunciarmi che era la mia fata, tutti i Kokiri mi prendevano in giro perchè non ero una di loro ma avevo sempre lasciato perdere qualsiasi tentativo di difesa. In fondo, sapevo che senza fata non ero una vera Kokiri e non sentivo il bisogno di mettermi nei guai tentando di controbattere. Ma con Daraen era diverso: nonostante quel tipo fosse arrogante e presuntuoso, non riuscivo a nascondere un certo interesse. Tanto per cominciare, era un Esterno ed incontrarne uno vivo era davvero impossibile, ma non soltanto per questo: Adoravo il suo essere così misterioso, la sua provenienza ignota, le numerose domande che continuavo a formularmi nella mente su di lui. Domande che avrei fatto senz'altro se non fosse stato per il suo carattere... o per il mio. La mia curiosità, un mostro che stonava con il resto del mio carattere, che tentavo sempre di soffocare negli antri più profondi del mio animo -senza successo- mi rimbalzava in testa con milioni di quesiti su di lui.

"Perchè si trova nella foresta? A che razza appartiene? Come fa a sapere che sono stata io a salvarlo? Se è un Esterno, come ha fatto a sfuggire alla trasformazione per ben due settimane?" La mia testa era sul punto di scoppiare, e ancora oggi non capisco come feci ad addormentarmi in quel caos... ma lo feci, e i sogni di quella sera mi cullarono.

Un' enorme distesa d'acqua leggera e salata si estendeva per milioni di braccia e si muoveva al richiamo del vento che odorava di sale. Dei volatili che non avevo mai visto spiegavano le candide ali verso l'orizzonte, mentre il sole baciava l'acqua limpida con i suoi raggi sempre più vicini e la rendeva rossiccia come il cielo sul quale avrebbe dominato ancora per poco. L'ombra dei pesci era ben visibile in quel campo bagnato e puro. All' improvviso, calò la luna e l'enorme foresta d'acqua si fece blu come il cielo illuminato dagli astri, mentre si infrangeva in quella che sembrava della sottilissima terra dorata. Ad un tratto, apparve una luce azzurra dal fondo del mare, piccola ma luminosa. Qualcosa scosse i miei sensi che poco prima erano addormentati.

Dov'ero?

Tentai di guardarmi i piedi o una qualsiasi parte del mio corpo e mi accorsi che io, almeno fisicamente, non c'ero. Potevo solo stare a guardare quella favola meravigliosa, l'acqua blu notte che si schiariva sotto il lieve brillio della luna, ormai alta nel cielo. Il tempo passava davvero in fretta in quella dimensione che mi sembrava irreale. La luce si faceva sempre più forte, ed emetteva un debole suono che, poco a poco, cresceva di intensità. Mi accorsi solo quando la luce era ormai fuori dall'acqua che quel suono, in realtà, era una voce dolce e leggera che poco prima veniva deformata nelle profondità di quella distesa blu notte. D'un tratto l'acqua, la luna, la terra...tutto svanì e quel paesaggio meraviglioso divenne uno spazio bianco... il nulla. L'unica cosa che era rimasta era la luce, che adesso parlava con tono solenne una lingua che non riuscivo a capire, ma che mi attirava a sè in qualche modo. Una parte di me conosceva quelle parole e urlava affinchè si facesse sentire nella mia testa. Cercavo di ricordare, di comprendere quella pronuncia del tutto ignota nella foresta.

All'improvviso, tutto finì.

Mi svegliai quando il sole era ormai basso in occidente, e mi resi conto che avevo appena sognato. Mi capitava spesso di fare sogni strani, meraviglie create dalla mia mente in momenti tutt'altro che lucidi, ma c'era qualcosa di strano in quella fantasia onirica. Non riuscivo a capire cosa mi turbasse, ma di certo non era un sogno come gli altri. I miei pensieri durarono poco quando volsi il mio sguardo verso la finestra e intravidi il rossore del cielo, poi il suo nome rimbombò violentemente nella testa: Vanille. Con mia grande sorpresa, quella mattina non venne a prendermi e gliene fui immensamente grata, anche se sapevo che il motivo della sua assenza non ero io: accanto alla mia testa trovai un messaggio da parte della mia fata, comodamente appoggiato sul cuscino:

L'ultimo eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora