Mi svegliai terrorizzata.
Era notte, avrò dormito massimo tre ore. La mia opera continuava a perseguitarmi del sonno: com'era possibile che una Kokiri fosse in grado di eseguire una magia? Quella fu la notte più lunga della mia vita. Chiudere un solo occhio non era permesso: in un attimo, la mia mente iniziava a viaggiare in mezzo alle mie più profonde paure.Tutti al villaggio sapevano.
Non era chiaro come facessero a saperlo e non mi importava, volevo solo scomparire da quello sfondo onirico. Mi evitavano, mi davano della traditrice... ridevano di me, della ragazza cresciuta in mezzo a loro ma che era dannatamente diversa. Persino la foresta mi rifiutava. Gli animali con cui giocavo di solito diventavano ostili nonappena mi giravo, gli alberi non mi permettevano di arrampicarmi nei loro ampi rami e si ritraevano alla mia terribile vista.
E poi c'era lui, il Grande albero Deku. Aveva un'espressione molto più severa del solito. Il suo sguardo colmo di odio e disprezzo era destinato unicamente a me. La sua alta chioma era scura, di un verde che si avvicinava più al nero. Al suo fianco c'era l'essere che più temevo di incontrare in quel caos:Vanille.
La fissavo. Non riuscivo a staccare gli occhi da lei, la mia unica vera amica. Volevo gridare, ma la bocca non rispondeva al comando. Tentai di restare calma.
"Vanille starà sempre con me, non è come le altre fate. Lei mi difenderà."
Mi ostinavo a pensare ciò, pur sapendo che non era così. In quella foresta non c'era posto per la mia felicità: lei non era la mia Vanille. Era fredda, priva d'espressione e si limitò a dire una sola, terribile frase:"Le fate possono seguire solo i veri Kokiri".
A quelle parole, tutto scomparve. Il buio calò tutto d'un tratto. Fu come quando, poche ore prima, aprì gli occhi e misi fine alla magia: prima il buio, poi i contorni sempre più nitidi dei mobili e degli scaffali colmi di pesanti volumi. Non avevo mai aperto uno solo di quei pesanti tomi, erano lì solo per riempire le sfoglie pareti di legno. Realizzai che mi trovavo a casa mia.
Era solo un sogno.
Ero sul pavimento, sotto di me c'era la morbida paglia sulla quale dormivo. Mi chiesi come mai fossi lì, poi mi ricordai di colpo che il mio letto era occupato da lui. L'istinto mi diceva di andare a vedere come stesse il mio ospite, ma io esitai per un po'. Perfino la vista di quell' essere mi faceva paura. Se avessi di nuovo perso il controllo di me, se avessi ascoltato quelle terribili voci nella mia testa e avrei eseguito un'altra magia, tutto ciò che avevo lo avrei perso. Rimasi per qualche minuto ferma, sospesa tra la preoccupazione per il ragazzo e il terrore di cadere di nuovo nel mio errore, ma alla fine il riguardo e la curiosità ebbero la meglio. Mi diressi nell'altra stanza e mi avvicinai. Ciò che vidi mi lasciò di stucco:
Lui non c'era. C'erano solo le candide lenzuola stropicciate che coprivano il letto, ma nient'altro.Presi la lanterna e mi guardai intorno come se vedessi casa mia per la prima volta. Era parecchio in disordine. Ovunque c'erano barattoli con erbe e vari mestoli, al centro della stanza dominava un piccolo focolare dove cucinavo le poche volte in cui ero a casa per il pranzo. In un angolino erano ammassate varie coperte, alcune dai colori brillanti e puri ed altre sporche e rovinate, e il pavimento era coperto da polvere, così tanta che quasi non si capiva che in realtá era di legno. Le provviste giacevano vicino al focolare, la maggior parte di esse erano un cumulo bacche prossime al marciume. Casa mia non mi era mai sembrata così messa male.
Da quanto non la pulivo?
Non c'era alcuna traccia del misterioso ospite. "Che sia stato rapito?" pensai, ma scartai all'istante quella sciocca ed insensata ipotesi. Nessuno sapeva di lui oltre me e Vanille, e i Kokiri di certo non passavano la notte ad infiltrarsi in case altrui. Se n'era andato. Non sapevo se sentirmi felice per il fatto che, in qualche modo, lo avessi salvato oppure triste per la sua fuga: avevo tante cose da chiedergli. Decisi comunque di non trarre conclusioni conclusioni affrettate, prendendo in atto l'ipotesi che fosse uscito per una passeggiata. Guardai fuori dalla piccola finestra che si affacciava verso l'entrata della foresta, sperando di vederlo in qualche modo.
Aspettai lì davanti per pochi minuti che mi sembravano un'eternità, ma poi il sonno si fece sentire a tal punto da offuscare i fantasmi di quel giorno e andai a letto senza pensarci.La mattina dopo ero esausta. Il sonno non fu tranquillo come aveva promesso la sera prima, e il terrore che tutti sapessero era così vivo che sentivo di poterlo toccare con le mie piccole dita. Rivolsi il mio sguardo verso il letto.
Vuoto.
Era scappato. Appresi la notizia dapprima con tristezza, perchè ero terribilmente incuriosita da quel ragazzo e avevo tante, troppe cose da chiedergli sul mondo esterno e una voglia matta di soddisfare la mia innata curiosità. Ma dopo ripensai a quello che era successo, a come lo avevo salvato, ed ero quasi sollevata. Se lui era sparito, forse si era portato con sè il mio terribile segreto. Sarebbe stato più facile nascondere l'accaduto senza di lui e poi, pensai, se era scappato voleva dire che almeno stava bene. Speravo solo che non subisse il cambiamento radicale che ricevevano gli intrusi nella foresta.
"Nessuno sa cosa hai fatto, nessuno lo saprà mai"
Ripetevo quelle parole nella mia mente come una cantilena nel blando tentativo di calmarmi. Era tarda mattinata, dovevo uscire. Mi avvicinai alla piccola porta di quercia ed esitai. Mi girai verso lo specchio che c'era alla destra dell'ingresso, un semplice pezzo di vetro senza alcuna decorazione, e analizzai la mia espressione. I miei ricci capelli castano scuro erano arruffati e in disordine, ma incorniciavano il mio viso in un modo che, tuttosommato, mi piaceva. Gli occhi mi tradivano. I miei piccoli occhi castani ruscivano sempre a spiccare nel viso leggermente tondo e pallido, ma dentro di essi si notava tutto ciò che mi passava nella mente. Provai a sorridere un pò per cambiare espressione, ma non ero convincente. Ci riprovai, con più sicurezza. Meglio, ma non abbastanza. Per la terza volta, incurvai le piccole labbra rosee.
Bene.
C'era comunque insicurezza nei miei occhi, ma si sarebbe confusa con quella che avevo di solito. Dovevo solo trovare il modo di mantenere così il mio viso. Mi girai nuovamente verso la porticina e misi la mano sul pomello in ciliegio dipinto d'oro. Esitai, ma usciì poco dopo."Niente paura, nessuno sa niente"
Vanille mi aspettava. «Buon giorno, Elpha!» gridó con la sua meravigliosa allegria. Era pimpante come al solito, non sembrava possibile che solo un giorno prima fosse senza alcuna energia. Finsi un saluto sereno socchiudendo un po' gli occhi e le spiegai della fuga del nostro protetto.
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L'ultimo eroe
FanficUn umano cresciuto nel popolo dei Kokiri sarà l'ultima speranza per il regno degli Dei. "L'ultimo eroe" è una fanficton basata sulla saga "The legend of Zelda".