Sesto piano

426 25 20
                                    

Quackity

L'ascensore si fermò e nel momento esatto in cui sentì quel maledetto ding, mi paralizzai.
"Che fai, resti lì o vieni?"
Wilbur aveva un tono di sfida che mi fece subito tornare in me e in men che non si dica uscì con il carrello.

Davanti a me trovai solamente un lungo corridoio nero, ai lati c'erano delle finestre coperte, anch'esse nere, e l'unica luce proveniva da delle piccole lampadine poste sopra ad ognuna di esse per illuminare il numero postogli al di sopra.
Alla fine di questo corridoio si vedeva una luce molto più intensa delle altre e Wilbur mi fece cenno di seguirlo fin li.

Ci ritrovammo davanti ad una porta bianca.
"Puoi ancora tornare indietro, non ti biasimerei"
"Ho detto che c'è la faccio"
Wilbur sbuffò "eh va bene, prego entra"
Subito entrai e la stanza che mi trovai davanti era molto strana, completamente sgombera di arredi, se non di un'appendi abiti, con delle strane tute appese ad esso.
"Lascia qua il carrello, indossa una tuta, prendi i vestiti e poi seguimi"
Io mi limitai ad annuire andando a prendere una tuta. Me la misi, presi i rimanenti panni e seguì Wilbur tonando al corridoio di prima.

"Ora ascoltami bene e non rispondere finché non avrò finito... allora qua ci sono persone al quanto particolari, non so te, ma sono immagini alquanto forti quindi, quando vorrai potrai tornare indietro. Io non so se tu sai di queste persone o no, ma comunque mantieni in qualsiasi situazione la calma. Basta che lasci le divise e quando ai finito ce ne andiamo, io devo solo prendere qualche appunto per Clay, l'altro psicologo e poi me ne vado anch'io. Tutto chiaro"

Anche qui mi limitai ad annuire e non appena Wilbur ritornò verso il corridoio nero, ingoiai il groppo che ormai da troppo tempo mi si era formato in gola.

Appena arrivati, quelle grandi finestre si aprirono mostrando ciò che non mi sarei mai aspettato di vedere.

Mostri

Letteralmente mostri. Uomini sfigurati in maniera disumana mi ritrovai davanti, e dovetti trattenere i conati di vomito.

Il cuore mi cominciò a battere molto forte e strinsi le divise che tenevo salde nelle mani.
"Ch-che gli è successo?"
"Radiazioni chimiche"
Mi guardai intorno, ma ogni persona che vedevo davanti a me era sempre più raccapricciante.

Passammo per il corridoio e a ogni finestre, deposito i vestiti in uno scompartimento a lato.
Nessuno mi guardò e per questo ne fui grato, fin quando non arrivammo all'ultima finestra.

Wilbur rimase un attimo indietro finendo di prendere degli appunti ed io mi diressi verso l'ultima finestra.
Qui il paziente sembrava molto più problematico, la stanza era ricoperta di graffi, sangue, capelli e pezzetti sparsi di pelle. Lui non era come gli altri, non aveva con lui dei dottori a tenerlo sotto controllo, era da solo, rivolto verso un angolo, ma riuscivo a vederlo comunque di profilo.

Era messo veramente male, la faccia era magra e scalfita, sembrava gli mancassero dei denti. Non aveva più le guance, probabilmente le aveva staccare lui, perché in quel momento nelle mani scheletriche giocava con un grande pezzo di pelle. Gli occhi fissavano incessantemente il pezzo di carne tra le mani. Erano grandi, rossi e secchi, di un colore nero pece che non trasmette ne vita ne morto, ma un'angosciante oblio che c'è tra le due. Le dita, come anche tutto il resto del corpo erano ridotte all'osso e grattavano incessantemente quel pezzo di pelle che ogni secondo che passavo osservandola, mi faceva accapponare la pelle.

Appena finì di scrutarlo aprì lentamente lo sportello e ci lasciai la divisa.
Non appena sentì il rumore quell'uomo si girò lentamente puntando i suoi occhi su di me. Mi scrutò per molto e io rimasi immobile.

Pian piano quella figura si alzò, girò completamente anche il corpo verso di me, mi continuò a fissare, ma questa volta il volto gli si contorse in un'orribile sorriso.
Io ero completamente paralizzato. Aprì la bocca e cercai di chiamare Wilbur ma dalla bocca non mi uscì alcun suono.

Quell'uomo lentamente camminò verso di me e a metà strada iniziò a correre avvicinandosi al vetro. Io tenevo ancora la mano nella piccola fessura, lui se ne accorse, l'aprì e con una forza disumana mi tiro il braccio. Il dolore mi fece tornare la lucidità ed urlai a pieni polmoni "WILBUR"

Wilbur che era poco distante da me si catapultò verso il mio braccio e con forza mi aiutò ad estrarlo. Il paziente cadde a terra ma si affrettò a rialzarsi. Si appiccicò al vetro e in tono veramente spregevole disse "tu, tu sei quel verme che ci ha fatto fare questa fine, muori, muori, MUORI"

Appena finì di parlare arrivarono nella stanza degli uomini, lo presero e lo sedarono.
Io e Wilbur ci affrettammo a tornare verso la porta. Entrammo nella stanza ed io subito caddi senza più il sostegno di Wilbur.
Lui si tolse la tuta ed io mi affrettai a fare lo stesso.
"Cosa cazzo è appena successo?"
Rimasi seduto e Wilbur si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a me.

"Loro sono in quello stato per colpa di Schlatt"
"C-cosa?"
"Un anno fa, erano degli scienziati che lavoravano per creare armi chimiche. Schlatt scopri la produzione che era sotto ad una banda nemica, subito andò alla fabbrica, ci piazzò qualche bomba e ora hai visto con i tuoi occhi il danno che ha fatto"
"Perché mi hai portato qui se sapevi sarebbe potuta succedere una cosa del genere?"
"Perché volevo farti vedere di cosa è capace quel mostro"
"So bene anch'io di cosa è capace, ma perché?"
"Penso solamente che dovevi saperlo, e anche per darti un avvertimento. Io sono pronto a darti una mano se tu lo vuoi"
"Io non vendo informazioni di Schlatt, e non mi faccio abbindolare da queste cazzate."
"Vedila come vuoi, ma credo che un mio aiuto sia meglio rispetto a quello di un mafioso"

Si alzò e mi porse una mano. Io la scansai e mi affrettai ad uscire da quel luogo. Andai verso l'ascensore. Arrivò anche Wilbur, e prima che io potessi scendere, mi afferrò per un braccio.
"Pensaci, ok?"

Lo disse con un tono talmente dolce che avrei voluto veramente dire di sì, ma non mi feci abbindolare, non sono più quello di una volta.

"Grazie, ma no grazie"





Wilbur

"Allora, scoperto niente"

"E andiamo, stai calmo, non è così facile convincere una persona diffidente, ma pian piano mi sto avvicinando."

"E se, tra un po', quando sarete più vicini, tu dovessi avere le informazioni, come pensi di trattarlo finita la missione?"

"Semplice, lo si lascia al suo destino. Il problema è: se mi avvicino lui non deve avere sospetti quando gli chiederò informazioni. Scampata quella e avendo le informazioni, lo abbandonerò molto tranquillamente."

"Sta attento a non affezionarti, l'ultima volta sei finito in questo posto di merda per un'inutile persona."

"Sta tranquillo, non ricapiterà più"

~Prison~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora