8. November Rain

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Cause nothin' lasts forever
And we both know hearts can change
And it's hard to hold a candle
In the cold November rain

(Guns'N'Roses – November Rain)


360 giorni prima della scomparsa di Laura

«Mi dirai mai il tuo vero nome?»

Iris è seduta sul bordo del suo letto con le gambe lunghe accavallate, lasciate scoperte da una striminzita gonna di pelle nera.

Mi fermo di fronte alla sua scrivania con in mano una di quelle orrende palle in vetro con dentro dei glitter rosa. La agito, le pailletes iniziano ad adagiarsi lente su una torre Eiffel anch'essa deturpata da alcuni brillantini. Non mi aspettavo che ad una ragazza fine come Iris piacessero oggetti di dubbio gusto. Dallo stereo giunge flebile la voce di Madonna che canta Like a prayer.

«Ha così tanta importanza?» scrollo le spalle e appoggio di nuovo la sfera sulla scrivania.

«Non mi piace chiamarti Miami. Che razza di soprannome è?» si allunga sul letto, appoggiando i gomiti sul materasso.

La maglietta bianca che indossa scivola leggermente, scoprendo il pizzo chiaro del suo intimo. Deglutisco appena, intento a guardare i suoi seni tondi strizzati generosamente dalla lingerie. Sollevo lo sguardo e l'imbarazzo mi coglie quando un sorriso malizioso si dipinge sulle sue labbra lucide. Temo lo abbia fatto apposta solo per provocarmi e ci è riuscita perché ho il viso, e non solo, che mi va completamente a fuoco.

E, cazzo, è talmente perfetta che inizio a credere non sia reale. Non solo ha delle curve pericolose, dove so che prima o poi perirò, ma il suo viso è qualcosa di magnifico. Mi incanto nel fissarlo ogni dannata volta. I suoi occhi verdi, puntualmente, mi divorano. Mi scruta sempre con un briciolo di malizia alla quale non resisto più.

Mi avvicino lentamente. Iris sorride, la punta della lingua spunta da quelle labbra così piene da sembrare dei frutti maturi e succosi. Appoggio un ginocchio accanto a lei, mentre con l'altro mi insinuo tra le sue gambe. Sorride soddisfatta, si stende sul letto ed io mi sorreggo con le mani ai lati della sua testa. I suoi lunghi capelli biondi si spargono sul materasso delicati e morbidi e da questa distanza ridotta noto delle pagliuzze dorate attorno alle pupille.

«Semplice. Perché ho vissuto a Miami qualche tempo» le spiego a bassa voce.

Il mio indice percorre la curva del suo naso all'insù, giù fino al suo arco di cupido e si ferma sulle sue labbra vellutate.

«Che facevi a Miami?» continua, il suo fiato profuma di caramella alla fragola.

«Inseguivo il sogno americano»

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