23. Una cosa seria

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258 giorni prima della scomparsa di Laura

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258 giorni prima della scomparsa di Laura

Piego l’ultima maglietta da mettere in valigia svogliatamente ed esito prima di appoggiarla sul resto dei vestiti. Me la rigiro tra le mani, leggo la scritta multicolore MIAMI stampata sopra e decido di buttarla nel cestino sotto la scrivania, insieme al mio recente passato. Voglio mettere un punto definitivo a ciò che ero stato e riprendermi in mano la mia vita. È stato solo un incidente di percorso, un lungo momento di debolezza che ho affrontato in maniera sbagliata e non ricapiterà. Non sarò mai più Miami, né voglio continuare a pensare a quel giorno di Gennaio che mi ha rovinato l’esistenza.
Archiviato, basta, insieme a quella merda che usavo per andare avanti.
Mi volto appena ed incontro il mio riflesso nello specchio dell’armadio. Ho passato solo due mesi in comunità, ma mi sembra di essere rinato, mi sembra di rivedere di nuovo me stesso. Ho ripreso qualche chilo e la mia pelle ha riacquistato un colorito normale.

«Tra quanto te ne vai?» la voce di mia sorella Matilde arriva flebile dalla porta.

«Ho il treno tra un paio d’ore»

«Sei stato qua solo due giorni» fa qualche passo nella mia stanza stretta nelle spalle.

Matilde ha solo tre anni in meno di me, ma nonostante questo sembra ancora una bambina quasi certamente per via della sua misera altezza ed il corpo minuto. I suoi occhi smeraldini vagano per la mia stanza e solo ora riaffiorano in me i ricordi di tutte le notti passate abbracciati nel mio letto. Matilde ha sempre avuto paura del buio, in realtà di qualsiasi cosa, persino della sua ombra, da quando Melania le aveva raccontato spaventose storie di fantasmi. Una volta, per convincerla a finire le cena, le aveva detto che nello scantinato viveva un vecchio signore pronto a portarla via se non avesse finito le zucchine.

Che stupida Melania. Non l’ho mai sopportata.

Invece con Matilde c’è sempre stato un rapporto speciale. Abbiamo passato gran parte dei nostri anni a condividere la mia stanza. L’aiutavo con i compiti, ero il suo migliore amico a cui raccontava delle litigate con le sue amiche e delle prime cotte, non senza un minimo di gelosia da parte mia, ma ero il suo confidente e avrei passato le ore ad ascoltare la voce dolce della mia sorellina. La notte, invece, giocavamo ad inventare nuove ombre con le mani, ridendo, fino a quando Matilde non si addormentava tra le mie braccia.

Il divorzio dei miei aveva distrutto tutto questo, ci aveva allontanati e sono sempre più convinto che se non mi avessero spedito negli Stati Uniti a quest’ora non avrei il corpo ed il cervello ridotti ad una poltiglia.

«È già tanto se mi hanno concesso questi due giorni» rispondo dopo un’infinità.

Mi siedo sul letto e Matilde si fionda accanto a me. Mi stringe forte, l’odore della sua pelle candida è qualcosa di unico. Lei non usa deodoranti, profumi né tanto meno bagnoschiuma con additivi. È allergica a gran parte dei prodotti chimici presenti in quella robaccia. Ma non ne ha bisogno perché il suo corpo emana un odore inconfondibile di libertà, giovinezza, spensieratezza. Affondo il naso nell’incavo del suo collo solo per tatuarmelo nella testa e rispolverarlo per ritrovare casa mia quando mi sentirò troppo solo.

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