Capitolo 4 - L'inizio dell'incubo pt.1

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Era il 24 febbraio 2015. Dall'inizio del mese, non aveva mai fatto così freddo nella capitale.

Quella mattina Giulia era a letto, rannicchiata su stessa mentre stringeva a sé Marius, orsacchiotto che le era stato regalato dal suo prozio Álvaro sei anni prima, su consiglio della persona che l'aveva cresciuta, in modo da sostituire il vecchio pupazzetto Pepito, ormai troppo piccolo per riuscire a "proteggerla" dato che era cresciuta. Così le avevano detto, promettendole, però, che Pepito sarebbe sempre rimasto lì, sulla mensola della sua cameretta a Barcellona. Teneva gli occhi chiusi, evitando così la luce del sole che entrava dalle piccole fessure delle tapparelle. L'insonnia, come sempre, non le aveva permesso di addormentarsi fino alle 2, quando era caduta in un sonno profondo, ma tormentato. In balìa di uno dei suoi incubi, che la accompagnavano da più di un anno e mezzo ormai, si era rigirata nel letto a scatti, in modo agitato e sconclusionato, senza trovar pace. Si era svegliata verso le 3 all'improvviso, con il fiatone e tutta sudata, andando ancor più nel panico quando non aveva trovato Marius accanto a lei. Ancora scossa dall'incubo, si era precipitata a cercarlo sotto le coperte e poi per terra, trovandolo sul pavimento sotto al comodino. Aveva subito tirato un sospiro di sollievo e, dopo aver stretto Marius a sé, il suo respiro si era finalmente regolarizzato. Era rimasta per un'ora buona con la schiena contro la testiera del letto, le gambe piegate quasi fino al petto, con Marius tra le braccia e lo sguardo perso ma fisso davanti a lei, l'abat jour sul suo comodino accesa e le lacrime che scendevano silenziosamente da quegli occhietti tristi che esprimevano tutta la consapevolezza di ciò che l'avrebbe aspettata una volta che il sole sarebbe sorto, come ogni giorno d'altra parte. Dopo aver guardato la sveglia, che segnava le 4 di mattina e aver tirato un sospiro di frustrazione, decise di stendersi, rimanendo rannicchiata a Marius, pur sapendo che quasi sicuramente non sarebbe più riuscita a chiudere occhio. Al suono della sveglia, Giulia non si mosse di un millimetro. Sapeva perfettamente cosa l'attendeva a scuola e a danza e avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non dover rivivere quello che sperava fosse solo un incubo da cui si sarebbe prima o poi risvegliata, anche se ormai era "intrappolata" in questo da un anno e mezzo.

La consapevolezza che quell'incubo era la realtà, la sua vita, le provocava una tristezza e una stanchezza mista alla rassegnazione, che non la facevano essere più la solita Giulia, solare, socievole e simpatica. Quella Giulia era quasi completamente scomparsa (se non per i momenti in cui si trovava da sola con Serena) e aveva lasciato posto a una più taciturna, introversa, insicura. Raramente si poteva vedere uno dei suoi sorrisi spontanei e sinceri comparire sul suo volto e tantomeno si sentiva più la sua risata contagiosa, capace di scaldare il cuore anche alla persona più fredda. Non aveva rinunciato a se stessa, semplicemente si tratteneva. Quando la vera Giulia sarebbe scoppiata volentieri a ridere, invece, quella di oggi rifletteva attentamente prima di proferire parola e ciò, la maggior parte delle volte, la portava a prendere la decisione di non parlare, finendo per stare zitta per ore. A casa, quando uno dei suoi genitori tornava o quando stava dai nonni paterni, fingeva che tutto andasse bene e cercava di essere la solita Giulia. Non voleva far preoccupare i suoi parenti né appesantirli con il racconto di ciò che era costretta a vivere ogni giorno. Era un suo problema e tale doveva rimanere, e in quanto suo, era determinata a risolverlo e superare questo ostacolo da sola, come la persona per lei più importante le aveva insegnato: andando avanti e tenendo duro, ma rimanendo sempre fedele a se stessa. Avrebbe tanto voluto che il suo angelo custode fosse ancora lì, che quel giorno non fosse mai esistito, ma sapeva che purtroppo non era così. Era tutto vero e lei non poteva fare nulla per cambiare il passato, ma come le era sempre stato detto, poteva concentrarsi sul presente e fare il possibile affinché il suo futuro fosse luminoso. Inevitabilmente, ci sarebbero sempre stati momenti bui, ne era consapevole. Non poteva e mai avrebbe potuto controllare o prepararsi a ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, ma poteva decidere come reagire alle sfide che la vita avrebbe posto sul suo cammino, decidendo come affrontare e superare questi ostacoli, uno ad uno, giorno dopo giorno. Sì, probabilmente, se avesse avuto la possibilità di parlargli un'ultima volta, le avrebbe detto questo.

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