Capitolo 6 - L'addio tanto atteso...o forse no.

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Era il 24 giugno 2016, finalmente. Solo lei sapeva quanto aveva desiderato che arrivasse quel giorno. Giorno che avrebbe segnato la fine di quell'incubo orribile dal quale non riusciva a svegliarsi da ormai tre anni. La fine di quello che, senz'ombra di dubbio, aveva rappresentato uno dei peggiori periodi della sua vita.

Giulia aveva passato la notte in bianco. Era rimasta sveglia a ripetere come un disco rotto e perfezionare quasi maniacalmente l'esposizione di quello che aveva definito "il suo piccolo capolavoro". Era stanca sì, ma era riuscita a resistere fino all'ultimo. "L'ultimo sforzo Giu" si era detta la sera precedente. Non aveva, neanche per un millesimo di secondo, preso in considerazione l'idea di provare a dormire, consapevole che sarebbe stato inutile. Non si era addormentata sui libri né aveva avuto la tentazione di appisolarsi. Non aveva sentito nemmeno le sue palpebre farsi pesanti data la quantità di caffeina che aveva assunto, consumando totalmente il contenuto del suo thermos rosa perlato, che era ormai diventato per lei fondamentale. Quando alle 7:15 il suono della sveglia l'aveva disturbata, aveva appena terminato di ripetere la sua tesina per la milionesima volta da cima a fondo e i suoi occhietti erano già, o meglio, ancora, aperti. Pochi secondi dopo, Susi aveva fatto il suo ingresso nella camera della figlia per svegliarla, convinta di dover combattere per l'ennesima volta una delle loro battaglie mattutine. E invece no, quel giorno no. Giulia non fece storie per alzarsi, anzi, volò giù dal letto con una rapidità tale da lasciare piacevolmente stupita la madre. A Susi, anche se molto spesso era stata assente per via del lavoro e del fatto che il resto della famiglia fosse a Barcellona, in quei tre anni non era mai capitato di vedere la figlia così pimpante di primo mattino. Certo, non l'aveva mai neanche vista piangere. Giulia non aveva mai condiviso né fatto sapere a nessuno cosa era costretta a sopportare ogni giorno a scuola, tantomeno aveva dato a vedere quanto questo l'avesse segnata dentro e per sempre.

Era talmente contenta di essere quasi giunta alla fine di quel tunnel e di iniziare a intravedere la luce in fondo a esso, che, anche se allo stesso tempo era comprensibilmente agitata, dopo essersi fatta una doccia veloce, decise di non mettersi i soliti leggins neri e una delle sue felpone giganti. Non quel giorno. Indossò, invece, dei jeans chiari, skinny e a vita alta, una semplice t-shirt corta girocollo bianca e ai piedi le sue immancabili Air Force bianche. Corse poi di nuovo in bagno a coprire le occhiaie, più evidenti del solito, data la nottata completamente insonne. Si mise un po' di mascara e si fece una perfetta coda alta con il suo elastico nero. Tornò quindi in camera sua e aprì il suo portagioie, tirandone fuori uno dei gioielli per lei più importanti: una collanina in oro bianco con un punto luce 0,05 carati, regalo del suo angelo custode, come la maggior parte dei suoi gioielli. Era stato uno degli ultimi doni che le aveva fatto e quando gliel'aveva regalata, in occasione del suo settimo compleanno, si era raccomandato spiegandole che avrebbe dovuto indossarla solo in circostanze importanti che l'avrebbero fatta sentire nervosa. Quello swarovski le avrebbe dato forza, ricordandole quanta luce lei avesse dentro di sé, mantenendo viva in lei la determinazione che avrebbe dovuto conservare sempre. Non aveva più indossato quella collanina dal giorno più difficile della sua vita, in cui aveva dovuto dire addio al suo mentore. L'aveva tenuta con cura nel suo portagioie e, insieme ad essa, aveva custodito anche quella luce, proteggendola da tutto e da tutti, nonostante tutto. Quel giorno era pronta a indossarla, ne aveva bisogno. Si voltò verso lo specchio, sistemando il gioiello sotto la maglia insieme alla collana d'oro con la piccola croce, regalo che non si toglieva mai e proveniente dalla stessa persona. Per la prima volta, dopo tempo, non le dispiacque il riflesso di sé che vide allo specchio e l'avere indosso quelle catenine le restituì quella forza e determinazione, che credeva di aver perso, risvegliando nei suoi occhi quella luce, che non vedeva più da tempo. Afferrò il suo "prezioso e piccolo capolavoro", perfettamente rilegato, e si avviò per raggiungere la madre in cucina.

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