Capitolo 2 - La mia migliore amica

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Era il 6 di novembre. Quel giovedì non faceva particolarmente freddo ancora a Roma, ma non cessava di diluviare. Erano trascorsi quasi due mesi ormai da quel primo giorno di scuola, 52 giorni per la precisione.

In quei 52 giorni Giulia aveva avuto modo di conoscere Giovanni un po' meglio. Nonostante non fosse un tipo di molte parole, dal suo comportamento, ma soprattutto dai suoi occhi, aveva capito tanto di lui. Le bastava guardare anche solo per un secondo quelle pozze azzurre ghiaccio per capire se Giovanni fosse di buon umore o se preferisse essere lasciato in pace, se avesse voglia di parlare o di rimanere in silenzio, se avesse bisogno di un abbraccio o semplicemente che lei stesse lì al suo fianco, senza la necessità di dirsi per forza qualcosa. Giovanni era stupito da come Giulia fosse riuscita a capire cosa fare e sapesse come comportarsi in ogni occasione, ma lei lo faceva stare bene e questo gli bastava. Quando stava con lei non si sentiva mai obbligato a parlare o raccontare cosa fosse successo nelle ore in cui non si erano visti, rivelando il motivo del suo comportamento o di una sua reazione. Molto spesso le aveva risposto in modo brusco, eppure Giulia, anche se il suo atteggiamento l'aveva colta impreparata e l'aveva delusa, non l'aveva mai dato a vedere. Giovanni, però, sapeva che lei ci rimaneva male, ma si stupiva per come, nonostante il suo lato più irrazionale spesso la ferisse, lei non avesse mai avuto paura di lui e fosse sempre rimasta al suo fianco.

Quel giorno, la maestra di italiano, che insegnava loro anche storia e geografia, stava appunto parlando loro dell'evoluzione dell'uomo, o meglio, degli antenati degli esseri umani: le scimmie. Aveva consegnato loro una scheda introduttiva sull'Australopithecus afarensis, una specie estinta di ominide vissuta in Africa tra i 4 e i 3 milioni di anni fa. A Giulia e Giovanni piaceva molto storia. Erano due bambini molto curiosi, ma molte volte Giulia non osava porre domande alle maestre. Aveva paura di sembrare insistente e per questa ragione preferiva tenersele per se e soddisfare le sue curiosità alla sera quando tornava a casa, cercando su Google dal computer di sua mamma. La scheda parlava di una certa Lucy, un esemplare di Australopithecus afarensis, il cui scheletro era stato ritrovato ad Hadar, in Etiopia, nel 1974.

Giu: "Gio, guarda che carina che era questa Lucy" disse Giulia indicando l'immagine che rappresentava un tentativo di ricostruzione di come doveva essere Lucy da viva.

Gio: "Hai ragione, ti somiglia!" le rispose ridacchiando

Giu: "Ehi! Mi stai dando della scimmia?!Fa niente, a me piace Lucy. Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerla, doveva essere simpatica proprio come me, guarda come sembra allegra nella foto!"

Gio: "Ah sisi, sono sicuro che sareste andate molto d'accordo voi due ahahah! Però due te, oddio no, ti prego, sai che palle!" scherzò Giovanni, che non riusciva a smettere di ridere.

M: "Là in fondo! La vogliamo smettere di disturbare che forse sarebbe meglio ascoltare e stare attenti! Si dà il caso che io sto cercando di tenere una lezione!" parlò la maestra, in tono di rimprovero.

Giu: "Cretino! La vuoi finire di ridere e prendermi in giro che ci farai rimproverare di nuovo dalla maestra se no?! E guai a te se dici un'altra volta quella parolaccia! Si può sapere dove l'hai imparata?"

Giulia non sopportava di sentire pronunciare le parolacce. Sua madre l'aveva educata rigidamente e le aveva insegnato a comportarsi da perfetta signorina, ma questa sua intolleranza verso quelle brutte parole era una questione più personale. Giulia conosceva molto bene qualcuno che le diceva e, ricordare, faceva male. Ma questo non lo aveva detto a nessuno, se non a Serena, che sapeva tutto di lei.

Gio: "I miei fratelli sono grandi. E smettila di fare la bambina puntigliosa" le disse facendo roteare gli occhi e sbuffando.

Giu: "Solo perché i tuoi fratelli le dicono, non significa che facciano bene a dirle e sono sicura che lo sanno anche loro..."

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