70 - Ho fallito

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JESS

Le mani sono piegate sui manubri della moto, li stringono come se li volessero strozzare, mentre un calore nero come la pece, sembra farsi largo dalle dita, percorrere i polsi e le braccia, per poi impadronirsi di ogni centimetro della mia pelle, che diventa ogni istante più nera, come se fosse diventato uno spettro a guidare.

Le due ruote percorrono l'asfalto ad una velocità poco sicura per la città, ma con la testa io sono già lì.

Sono a Baron Street.

Lì da dove ho bisogno di portarla via, un luogo fatto di schifo e dannazione.

Provo a mantenermi concentrato, a fare attenzione alla strada che ho davanti, alle auto che mi suonano agli incroci e alla gente che attraversa la strada, ma la mia mente non mi permette altro che vedere Grace, sola in un posto del genere, a cosa potrebbe succedere se qualcuno si accorgesse di lei, a cosa potrebbero farle senza la mia presenza accanto, a cosa potrebbero dirle proprio perché non ci sono io.

Cerco di non far annebbiare la vista, di resistere all'agitazione dei miei nervi che mi portano a credere che la moto stia andando fin troppo piano, e che se scendessi e iniziassi a correre riuscirei ad arrivare prima.

Cristo, non devo perdere la ragione. Non posso permettermi di farlo, soprattutto arrivando in un posto come quello, dove a regnare sono soltanto gli istinti più crudi e crudeli.

Come diavolo è venuta a sapere di quel posto maledetto? Come cazzo è possibile che Jasper l'abbia portata volontariamente in un posto da cui per mesi mi ha chiesto di tenermi alla larga?

Focalizza e trattieni, Jess, mi sforzo di ripetermi.

Entrando lì dentro, i suoi occhi avranno visto tutto quello che sono stato, la merda di cui mi ero ricoperto anni fa.

Quegli occhi blu saranno stati obbligati ad infettarsi di un veleno che ho sempre tentato di tenerle lontano, un veleno di cui le avrei parlato, adesso che forse sono pronto a farlo. Adesso che sono pronto ad affrontare con lei e con la sua famiglia le conseguenze che Baron street potrebbe avere sulla nostra reputazione.

Ma tutto questo andava fatto con le giuste premesse, in giuste dosi, senza spaventarla, senza che potesse credere che gli occhi che la guardano, che la implorano di prendersi cura dell'anima a cui appartengono, abbiano guardato così tanto sangue e lividi da farmi vomitare di notte. Senza che toccasse con mano quanto in fondo possa cadere una persona a causa del dolore. Senza che la sua delicatezza ne potesse essere intaccata.

E io, in quel posto non ci sono più tornato, perché sì mi è stato proibito, perché avevo toccato il fondo, ero diventato la bestia peggiore di tutte, accusato di aver tolto la vita ad un ragazzino di diciott'anni, anche se però non era vero.

Perché siamo stati tutti un po' colpevoli di quello che è successo quella notte, ed è stato facile trovare un capro espiatorio nel ragazzo che sembrava avere meno speranza di sopravvivenza nel mondo, al tempo.

Quello è un posto dannato e se qualcuno avesse dovuto prendersi la colpa sarebbe stata tutta Baron Street, non io.

E con la consapevolezza, adesso, di doverci tornare, di dover rimettere piede nell'Inferno di cui non avevo più bisogno, giro l'angolo imboccando la strada che per tanto tempo ho evitato di nominare ad alta voce.

Vedo la Jupiter parcheggiata al lato del marciapiede e accelero, imprecando contro il mondo che ha voluto mettermi ancora una volta davanti alla paura di non riuscire a proteggere qualcuno, a proteggere lei che ha preso il mio cuore, allo stesso tempo con forza e delicatezza, facendolo rinascere.

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