64 - Bigliettini di carta

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GRACE 

Dopo che Jess se n'era andato, cinque anni fa, continuavo per settimane a svegliarmi di soprassalto dopo aver sognato sempre le stesse immagini, in grado di scuotere talmente forte la mia mente da svegliarla.

Eppure, non c'erano mostri.

Il sogno era sempre lo stesso, io che con l'anima distrutta rientravo a casa dopo l'ultima volta che avevo parlato con lui, rivedevo le mie stesse mani aprire il cancelletto e i miei piedi percorrere la strada verso la camera da letto e, lì, ci trovavo centinaia di pezzi di carta stracciati, tutti con le stesse lettere scritte sopra.

Lettere che dovevano comporre le parole "ti amo", ma in ogni singolo bigliettino erano disposte in modo diverso, senza mai poterci leggere quella dichiarazione. E io, disperata, ne raccoglievo decine su decine, sperando di trovarci la scritta giusta – sperando che lui mi amasse, ma alla fine non ci riuscivo mai, in nessun sogno, nessuna notte.

Era così che Jess mi aveva lasciata, con il cuore spezzato come la carta e la delusione di non sapere mai se quel mio "ti amo", pronunciato quasi per disperazione, potesse essere mai ricambiato.

Questa notte, dopo anni che non tornava a tormentarmi, quel sogno l'ho fatto di nuovo.

Ho rivisto tutti quei bigliettini sparsi per la stanza, centinaia sul letto, attaccati alle finestre e dentro l'armadio. E sentivo già il mio cuore pulsare e un senso di paura invadermi, ma poi Jess arrivava. Non lo vedevo ma sentivo la presa delle sue dita sul mio bacino e la mia schiena appoggiarsi al suo corpo.

Quello che mi abbracciava non era più il Jess di cinque anni fa, ma era il Jess di adesso, che lentamente si abbassava verso la piccola poltrona accanto alla porta, prendeva uno dei tanti pezzi di carta tra le dita e lo poggiava tra le mie mani.

Ti amo, dicevano le lettere. Stavolta nell'ordine giusto.

E quelle erano le ultime parole che avevo sentito ieri sera prima di addormentarmi con la testa sul suo petto e con soltanto la sua maglietta addosso. E sono le prime che vorrei dirgli adesso, appena vedo le lunghe ciglia nere sollevarsi e il chiarore dei suoi occhi comparire.

Perché io rimango sempre quella ragazza di cinque anni fa, il cui cuore non ha mai battuto per nessun altro che non fosse Jess, per nessun'altro che avesse un'anima capace di capire la mia, strana, confusa, arrabbiata, fragile.

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Nelle ultime tre settimane, dopo l'incontro con Melanie né io né lui abbiamo più accennato all'argomento. Dentro di me ho sempre pensato di aver agito per il meglio, ma dopo le sue parole, sul tetto della casa di Jasper, mi sono resa conto di quanto male potrei avergli fatto involontariamente e di conseguenza ho evitato in ogni modo di insistere ancora.

Ma nonostante siano passati giorni e nonostante Jess non voglia farlo notare, so quanto aver rivisto sua madre, e aver potuto scaricare almeno un po' di quello che aveva dentro, lo abbia scosso dentro.

È sempre il solito sarcastico e arrogante Jess, il ragazzo capace di provocare e di addolcire il mio cuore nello stesso momento, ma ogni tanto osservo i suoi occhi spegnersi e la sua mente perdersi in pensieri che forse non è ancora pronto ad esternare. E io vorrei entrarci in quella mente, ma dopo lo sbaglio di aver accelerato le cose con sua madre, aspetto come una volta che sia lui a parlarne. Sempre che abbia effettivamente qualcosa da dire.

Appena si accorge che sono sveglia, allunga un braccio e mi trascina verso di lui, baciando le mie labbra ripetutamente, diventato da giorni un rito quasi più dipendente di quello che ha con la nicotina. E dopo che le nostre mani hanno esplorato la nostra pelle, risvegliandoci completamente dal sonno, gli ricordo che ci eravamo ripromessi di andare a correre questa mattina, dopo settimane in cui rimandavamo, trascorrendo l'ora dedita all'allenamento per fare un altro tipo di attività fisica. Ben più piacevole, certo.

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