panic

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>Genre: Angst/smut
>ship: shigadabi
>disclaimer: farole forti e linguaggio esplicito
>words: 2767

***

La mia stanza è vuota.

Troppo vuota.

È tutto silenzioso attorno a me.

Non sento nemmeno il rumore dei miei piedi sul parquet.

Il respiro si fa sempre più veloce. I polmoni bruciano, la gola è in fiamme, le corde vocali sembrano bloccate. Nessun suono esce dalla mia bocca.

Porto le mani alla gola cercando di liberare le vie respiratorie.

Perché non esce, perché non riesco a parlare.

Vorrei urlare, chiamare qualcuno ma nessun suono esce. È anche vero che, chi verrebbe mai ad aiutare uno come me. Chi mi vorrebbe mai aiutare. Io faccio male alle persone. Tutti mi stanno alla larga perché hanno paura di me.

La vista si appanna. Non so se sia il panico o le lacrime. Forse tutte e due.

Cado a terra in ginocchio. Fa male, tanto male. Le lacrime scendono, il panico sale, i polmoni bruciano e l'aria non entra in essi.

Mi appoggio con le mani al letto e cerco di fare dei respiri profondi. Cerco di regolarizzare il respiro ma è tutto inutile.

Non sento niente. Intorno a me è tutto ottavato. Non sento la pioggia che aggressiva e prepotente sbatte contro i vetri di camera mia. Non sento la porta aprirsi e poi richiudersi subito dopo. Non sento nemmeno chi entra. L'unico rumore che percepisco e una specie di ronzio nelle orecchie, forte e constante.

Una mano si posa sulla mia spalla. Sussulto.

Chi è? Chi verrebbe mai a vedere come sto io? Chi verrebbe mai in mio soccorso? Eppure io non ho chiamato nessuno. Non ci sono riuscito. Non c'è l'ho fatta. La voce non è uscita.

Non riesco a distinguere chi è. Parla ed è agitato, lo percepisco, ma non capisco cosa dice.

Mi prende per le spalle, mi scuote, cerca di svegliarmi dalla specie di trans in un cui sono entrato ma non succede niente.

Piango, è l'unica cosa che posso fare.

"Mi dispiace, io non volevo, mi dispia..." singhiozzo mentre mi sforzo di mettere insieme un paio di parole.

Scaccio le lacrime degli occhi, giù per le guance. E lo vedo. È davanti a me, bello come sempre.

Ha i capelli un po' scompigliati, neri come la pece. I suoi occhi mi penetrano fino all'interno, blu come il mare. La sua voce non la sento ancora, le orecchie fischiano e sembra che non abbiano intenzione di smettere. Però me la immagino, rauca e cupa come sempre.

Lui ha questo problema che si deve sempre preoccupare di tutti. Deve sempre assicurarsi che tutti stiano bene.

"Tomuraa" la voce è bassa, quasi non la sento.

Lui è qui per me. Lui sta chiamando me. Vuole aiutare me.

"Dabii" lo chiamo disperato.

Ti prego salvami, vorrei dire ma non ci riesco. La voce gratta la gola e brucia. Fa male parlare. Non riesco.

"Tomura ascoltami, sono qui, va tutto bene" no Dabi, non va tutto bene.

"N-non las-ciarm-i"

Mi abbraccia, io spalanco gli occhi e rimango immobile tra quelle braccia calde.

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