26 luglio

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Io e Shirai ci stavamo legando sempre di più, avevamo iniziato a parlare come se fossimo amici, gli insegnai a giocare a carte e gli feci assaggiare le pesche dell'albero di casa mia che mio nonno aveva curato con tanto amore, aveva detto che erano veramente buone; delle sette pesche che mamma mi portò quel pomeriggio, lui ne mangiò cinque.

«Posso chiederti una cosa?» Shirai si sarebbe mangiato anche il nocciolo se avesse potuto, mugugnò comunque in assenso. «Perché non possiamo vederci anche di giorno?» andò a buttare lo scheletro nel cestino e si pulì con il dorso della mano. «Perché ho altre cose da fare», «Posso sapere cosa fai durante il giorno?», «Te lo dirò quando sarai pronta».

Sbuffai e sprofondai la testa nel cuscino. «Mi nascondi troppe cose», «Sarà» ma mi alzai di prepotenza. «Sei troppo apatico», le sue sopracciglia si contrassero verso l'interno in modo tenero che quasi mi fece pena, quindi misi le mani davanti a me per rassicurarlo.
«Voglio dire, non riesco mai a capire cosa pensi».

Shirai prese la sesta pesca dal cesto di fianco al letto e vagò per la stanza. «Siamo in due», Più passavano i giorni e più sentivo che mi stavo legando a lui in una maniera tanto sciolta da quasi non rendermene conto. «Hai mai baciato qualcuno Shirai?», scosse la testa.

«Ci baciamo?», il suo sguardo era neutro come sempre, «No». La serietà con cui lo disse mi fece male, «Oh... va bene».

«Perché me l'hai chiesto?», «E perché tu hai detto di no?», «Perché sei troppo piccola per me», «Questo non è vero!» Quel botta e risposta non aveva intenzione di terminare in un punto d'incontro comune, insomma, morirò presto quindi perché non buttarsi?

La mano che teneva la pesca era veramente grande, era adornata di vene, le dita erano lunghe e affusolate dalle unghie consumate, pallide. «Perché controlli sempre quell'orologio?», Shirai se lo guardò e deglutì il dolce boccone, «É solo per controllare», «Controllare cosa?», «Fai sempre tante domande?», «E tu dai sempre così poche risposte?».

Stavo guardando verso la direzione giusta al momento giusto, perché mi parve di riuscire a scorgere, sotto la luce della luna, l'accenno di quello che sembrava essere un piccolo sorriso e subito dopo non lo vidi più. Ma ero contenta, non aveva mai accennato un sorriso in mia presenza.
Non sapevo per quale motivo, ma la presenza di Shirai mi faceva accapponare la pelle e allo stesso tempo mi faceva venire ancora più voglia di sapere qualcosa di vero, la tristezza quindi si fece strada nel mio petto, lo chiamai.

«Shirai».

«Mh?» strinsi il lenzuolo per darmi forza e costrinsi il mio respiro a non tradirmi, «Io vorrei ricordarmi di te».

Il ragazzo dai capelli di pece e gli occhi di ghiaccio lasciò il cadavere del nocciolo smembrato su di un tovagliolo che già giaceva sul ripiano e venne verso di me, prese una sedia durante il tragitto e la posizionò allineata al mio busto. Dopo essersi seduto appoggiò i gomiti sul materasso e si sostenne il mento con il palmo della mano.

«Perché mai vorresti? Sono una brutta persona». Quel suo sguardo inquisitore non mi trasmetteva la colpevolezza contenuta in quelle parole, sembrava più mi stesse studiando o meglio, che mi stesse spiando oltre gli occhi. Chissà dov'era arrivato con lo sguardo... sicuramente molto più a fondo di quanto sia arrivata io, da come mi guardava sembrava sapere moltissime cose su di me.

Ed é un vero peccato, perché io vorrei ricordarmi di lui. I farmaci che prendevo causavano una lieve perdita di memoria a breve termine, forse l'avevo incontrato da qualche parte, forse ci eravamo scontrati per sbaglio e ci eravamo conosciuti in mezzo alla strada, forse non ci eravamo mai conosciuti e questo era solo un pazzo ossessionato da me.

Ma di nuovo, io cos'avevo da perdere?

«Non lo so, ogni volta che sei qui il tempo passa più in fretta e mi addormento in modo più tranquillo».
Shirai ammorbidì lo sguardo: «Potrei essere un assassino come hai detto tu» stirai l'angolo della bocca, «Lo so, ma credo che mi stia affezionando a te ed é brutto, perché morirò presto», «Perché dici così?», «Non lo so, me lo sento e basta».

Shirai mi guardò a lungo, poi guardò il suo orologio. «Devi andare?» ormai sapevo che ogni qual volta guardasse il suo vecchio orologio dovesse andarsene e quindi stavo già impostando il mio cervello per dormire, ma egli scosse la testa: «Ho ancora un po' di tempo» annuii e giocai con le pellicine delle mie dita come ero solita fare.

«E tu?» Gli chiesi cosa intendesse, lui fece sdraiare i suoi avambracci sul letto e ci appoggiò la testa. «Tu hai mai baciato qualcuno?». Il mio cuore si fece sentire più forte solo per qualche istante, «No, ma ho letto da qualche parte che le sensazioni che provi quando baci una persona sono le stesse che senti quando ascolti una canzone», i suoi occhi blu mi guardavano di nuovo, «Si?», annuii fiera della mia capacità d'acquisizione passiva di informazioni sparse e lo guardai sorridente.

Lui a quel punto sospirò e scosse la testa «Perché sorridi sempre così?», mi rabbuiai all'istante. «Perché mi piaci, e mi piace la tua compagnia», egli sembrò quasi stupito e per la prima volta riuscii a notare un velo rosato sulla sua pelle chiara che mi dava la certezza di non essere un vampiro come pensavo, ma i suoi occhi raccontavano tutt'altro.

«La gente non mi sorride così, non mi sorride mai» provai una fitta al cuore che quasi mi fece male e mi venne un'idea. Invitai Shirai a sedersi sul letto accanto a me, spalla contro spalla e presi il telefono.

«Ascoltiamo della musica, ti va?» Annuì, gli chiesi che musica ascoltasse, mi disse che non ascoltava musica. Ma c'era questa canzone che aveva sentito una volta mentre passava di fianco un negozio che vendeva vecchi dischi in vinile e il giradischi ne stava facendo cantare uno. Mi disse che si fermò e là ascoltò fino alla fine, per poi riprendere la sua strada.

Purtroppo non ricordava il titolo e, anche se me la canticchiò non riuscii a riconoscerla. Me la descrisse come un'insieme di suoni che facevano molta armonia se suonati con tempi e pause giuste, scoprii dopo un po' che si trattava di musica classica e che la canzone a cui alludeva era un Nocturne di Chopin che dopo varie ricerche riuscii a trovare, quindi gli porsi un auricolare e ascoltammo insieme Chopin.

Personalmente trovai quella composizione troppo lenta e noiosa, le note sembravano sconnesse fra loro, ma dovevo ammettere che trasmetteva molta tristezza, malinconia e dolore alternato a momenti di pazzia. Forse quella composizione ero proprio io.

quella canzone che per me non terminò mai, poiché mi addormentai prima che finisse.

Quella notte di luglio i baci divennero musica, ci furono parole di ricordi dimenticati nell'aria e Morfeo che mi cullava mentre Chopin mi accarezzava le orecchie.

Non sentii Shirai andarsene; ma il mattino dopo, una rosa appassita giaceva sul davanzale.

•.*𝐿'𝒶𝓈𝓈𝒶𝓈𝓈𝒾𝓃𝑜 𝒹𝒾 𝓁𝓊𝑔𝓁𝒾𝑜*.• [Dabi x oc]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora