17 luglio

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Shirai venne a trovarmi altre due volte, qualora se ne andasse mi diceva che sarebbe tornato, ma non mi diceva mai quando.

L'ultima volta che ci siamo visti abbiamo visto insieme una puntata della Signora in Giallo. Mi faceva domande sui personaggi, sul loro ruolo, facevamo ipotesi insieme -anche se io già avevo visto tutte le puntate e sapevo già tutto- e non rideva mai qualora ci fossero scene carine. Di conseguenza non lo feci nemmeno io, a lui sembrava interessare particolarmente la storia del delitto più che le scene secondarie.

La volta prima invece lo vidi fissare Mandarino che sguazzava in quella palla di vetro, quindi parlammo di animali. Gli dissi che mi piacevano molto le rane, a lui invece piacevano i conigli, anche se mi sembrava più un tipo da gatti -neri-.

Quella sera entrai in camera dopo essere andata a fare una doccia, la mia rigorosa vestaglia da ospedale sapeva anche fin troppo di pulito e le pantofole erano tanto sottili che sembrava di camminare a piedi nudi.

Quando entrai nella mia stanza trovai Shirai in piedi di fianco a Mandarino che teneva in mano un Oscar Wilde.

«Ciao», lo salutai. Egli però non era intenzionato a staccare lo sguardo da quelle pagine vecchie e trasandate, che erano state girate molte volte e di cui gli angoli avevano il segno della piegatura.

Il ritratto di Dorian Gray era la mia opera preferita di quello scrittore inglese, era molto avvincente, cupa e misteriosa dalla trama contorta e un finale da togliere il fiato. «Di cosa parla questo libro?» tolsi una ciocca di capelli umida che mi si era appiccicata al viso e lo raggiunsi, presi il libro che ancora era tenuto nelle sue mani dalle dita lunghe e sottili e lo chiusi mostrandogli la copertina di una delle tante edizioni che si era presa l'incarico di pubblicare quel libro.

«Dorian Gray vende la sua anima al diavolo per rimanere sempre giovane e bello» Shirai guardò Dorian davanti ad un quadro che ritraeva un uomo dall'aspetto orribile e che teneva in mano un coltello già sporco di sangue. Non si vedeva in volto, ma sembrava avere molta voglia di sfregiare quella tela. «Perché mai dovrebbe farlo?», «Chiedilo a Oscar Wilde», «Oscar Wilde è morto», rispose con ovvietà. Io sorrisi e presi il libro, sfogliai le pagine lisciando gli angoli che avevo piegato e togliendo i segna-pagine che indicavano le parti del libro che mi avevano particolarmente colpita sia dal punto di vista narrativo che contestuale.

«Si... ero ironica», gli porsi il libro, «Questo è tuo, puoi tenerlo» se lo rigirò fra le mani e mi guardò neutro. «Grazie», sorrisi e lui non mi sorrise, ormai mi stavo abituando al suo essere così senza emozioni che quasi gradivo la sua compagnia.

Ed è bizzarro, perché questo tipo è davvero strano e ancora penso che voglia uccidermi, perché è entrato dalla mia finestra pretendendo di conoscermi e ora eravamo lì uno di fronte all'altro; e io gli avevo appena regalato uno dei miei libri.

«Non ti mancherà questo libro?» mi sedetti sul letto e controllai l'ora al telefono, erano le dieci e venti.
«Nah, i libri non fanno più lo stesso effetto se li leggi più di una volta» Shirai sfogliò le pagine a ventaglio «Tu dici?», lo guardai soffermarsi su due pagine che, in preda ad un momento di rabbia e follia, avevo pasticciato con una penna dall'inchiostro rosso, finché le lettere al di sotto a malapena si vedevano. Lasciai però una sola riga nitida e pulita.

"Oggi la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di nulla», la lesse. Io ridacchiai e mi massaggiai la nuca. «Scusa, non ricordavo di aver fatto questo pasticcio, farai un po' fatica a leggerlo», «Non importa, a me sembra che questa frase racconti anche più di due pagine» disse prendendola fra le dita.

«Tu venderesti la tua anima al diavolo?» Shirai alzò la testa e chiuse il libro sedendosi, come era solito fare, sotto il davanzale.
«Non credo, è giusto invecchiare e sapere che prima o poi dovrai morire», disse, «Altrimenti finisci come Dorian Gray».

Sorrisi come un'ebete e mossi le gambe come una bambina felice. Sentivo di aver insegnato qualcosa di veramente speciale a quel ragazzo. «Già, ci sono molti Dorian Gray a questo mondo. Ma non tutti sognano di vivere in eterno anche se tu mi sembri il tipo che, nel libro, copriresti il ruolo di Hallward», «Chi sarebbe?» «Quello che ha dipinto il ritratto di Dorian Gray, ma non ti dirò altro. Devi leggere quel libro, non avrebbe senso se sai già tutto», «Si, hai ragione».

«Tu desideri qualcosa?» gli domandai, più gli facevo domande e più pensavo di capire il suo modo di pensare sbagliandomi completamente. Fece per pensarci su: «Vorrei poter raccogliere un fiore senza che muoia» rimasi sorpresa, non lo credevo fosse una persona a cui piacevano i fiori, dal suo modo di porsi, di parlare e di rivolgersi avrei detto tutto il contrario. Non seppi il perché, ma quell'affermazione accese un barlume fi felicità nel mio petto.

«Anche i fiori muoiono», «Si, peccato», non so per quale motivo, ma mi sembrava davvero dispiaciuto e mi sentivo in dovere di dire qualcosa che avrebbe potuto sollevargli il morale.
«Insomma, se i fiori fossero immortali non avrebbe senso regalarli a qualcuno. Tu hai mai ricevuto dei fiori?», scosse la testa: «No, ma ero abituato a coglierli quando ancora non sapevo potessero appassire».

Guardai Mandarino vagare senza meta nella sua bolla di vetro. «Tu hai mai ricevuto dei fiori?», «Si, questa stanza era piena qualche anno fa. Ma mi mettevano tanta tristezza, mi ricordavano che sarei morta da lì a qualche tempo». Mi fermai a pensare. «Forse se mi regalassero un fiore già appassito lo troverei molto più adatto a me».

In quella notte di luglio la luna non si vedeva; ma sentivo che in qualche modo, anche se non c'era, era magica ugualmente.

Quella notte di luglio parlammo di fiori eterni.

•.*𝐿'𝒶𝓈𝓈𝒶𝓈𝓈𝒾𝓃𝑜 𝒹𝒾 𝓁𝓊𝑔𝓁𝒾𝑜*.• [Dabi x oc]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora