Il rumore scrosciante della pioggia di Seattle accompagnava la mia mattinata mentre ripiegavo i vestiti da mettere in valigia. Qualche ora più tardi sarei partita per raggiungere la California, quella che per quattro anni conseguitivi sarebbe stata la mia nuova casa. Avevo deciso di trasferirmi li per seguire il mio sogno, diventare una giornalista e viaggiare per il mondo. Sin da quando ero piccola amavo creare storie e riportarle su carta in modo da far diventare le mie fantasie realtà tramite le mie parole. Questa passione fu alimentata quando all'età di dodici anni iniziai a leggere i romanzi che tutt'ora accompagnano le mie giornate e che col tempo diventarono il mio rifugio, un posto sicuro dove nascondermi quando la vita reale iniziava a farsi troppo stretta per me. Preferivo leggere piuttosto che uscire e vivere le mie giornate come una normale adolescente statunitense, non amavo andare in discoteca, ma soprattutto, non avevo mai conosciuto l'amore se non tramite i versi che leggevo. Non sapevo cosa volesse dire essere sfiorate da qualcuno nell'anima, non avevo idea di cosa si provasse quando venivano le famose farfalle nello stomaco, tantomeno il cuore non mi era mai esploso nel petto incrociando lo sguardo con qualcuno. Avevo deciso di trasferirmi anche per questo motivo; la città cupa e grigia in cui vivevo mi soffocava, necessitavo di un luogo dove la luce e il calore mi illuminasse la strada per il mio futuro, che mi desse la possibilità di fare nuove esperienze e magari di essere anche me stessa. Con le mie fragilità e insicurezze, ma anche con la curiosità di scoprire cosa ci fosse al di la delle mura di camera mia.
Terminai di preparare il necessario per la partenza, chiusi gli ultimi scatoloni e scesi al piano di sotto dove un'aroma di vaniglia e cioccolato mi raggiunse l'olfatto provocandomi un leggero brontolio per la fame. Entrai in cucina e scorsi mia madre intenta a sfornare la torta fumante. «Buongiorno.» La andai a salutare scoccandole un bacio sulla guancia. «Buongiorno tesoro, hai preparato tutto?» «Si mamma, è tutto pronto.» Posò la torta sul tavolo e raggiunse il frigorifero per prendere del succo di frutta. Mi raggiunse e tagliò il dolce in parti uguali in modo che potessimo prendere la nostra porzione. «Sei agitata?» Annuì col capo mentre addentavo un pezzo della mia colazione. «Si ma non vedo l'ora di essere li.» «Sono contenta che tu possa realizzare i tuoi sogni. Sono orgogliosa di te Emy.» Sul suo viso comparve uno dei suoi sorrisi dolci che mi riempivano di gioia ogni qualvolta ne vedevo sorgere uno. Mi afferrò la mano e me l'accarezzò con delicatezza, la delicatezza che solo lei sapeva possedere, e io la strinsi alla mia come per imprimere quel momento sulla mia pelle. «Grazie mamma.» La ringraziai e in quel momento face capolino nella stanza mio fratello maggiore, Logan. Era la copia spiccicata di nostro padre; aveva spalle larghe, statura alta e muscolosa grazie al football, capelli ricci e castani e gli occhi di con colore indefinito che variava dall'azzurro, al verde, al grigio. Gli occhi erano una cosa che gli avevo sempre invidiato. I miei ricordavano l'onice, contornati da piccole lentiggini sugli zigomi che sembravano delle stelle, scuri da sembrare vuoti, ma che al sole assumevano una sfumatura ambrata che sembrava miele colato. I miei capelli sembravano essere stati intinti nell'inchiostro, lunghi fino all'incavo della schiena e che se asciugati naturali assumevano le somiglianze di un cespuglio incolto e voluminoso. A differenza di mio fratello non ero molto alta, sfioravo a malapena il metro e sessantacinque e il mio corpo minuto ma tonico, aveva le forme al punto giusto: seno abbondante, sedere sodo, punto vita stretto e gambe sode e longilinee per via della danza classica praticata per anni. Non sapevo esattamente da chi avessi preso, visto che il resto della mia famiglia aveva occhi chiari e capelli non troppo scuri, ma spesso mi sentivo la pecora nera. Talmente diversa sia fisicamente che caratterialmente da sentirmi di troppo, nonostante la mia famiglia non mi facesse mancare l'amore e l'affetto che una figlia merita. «Cosa sono tutte queste smancerie? La rivedremo a Natale, non tra un'infinità di tempo.» Si sedette accanto a me e rubò un morso della torta che stavo portando alle labbra carnose. «Oh andiamo, so che ti mancherò tantissimo e giù le zampe dalla mia fetta di torta.» Gli diedi un leggero schiaffato sulla mano che allungò nella mia direzione, ma riuscì comunque a raggiungere la mia testa e a scompigliarmi i capelli che poco prima avevo piastrato con cura. «Hai ragione, mi mancherai un sacco bestiolina.» «Logan smettila con questo nomignolo...non ho più cinque anni.» Mi allontanai per impedirgli di affondare ancora le mani tra le mie ciocche. «Dai sbrigatevi a mangiare, tra poco vostro padre ci passerà a prendere per andare all'aeroporto, non vorrete mica farlo aspettare?» Intervenne nostra madre. Negai col capo, inghiottì l'ultimo boccone della mia colazione e scolai tutto d'un fiato il succo rimasto nel mio bicchiere, dopodiché tornai al piano di sopra per lavarmi i denti e per riporre nello zaino gli ultimi oggetti.
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Lost in you
Teen FictionEmily si è trasferita da poco in California per studiare alla prestigiosa università di Stanford, decidendo a 18 anni di lasciare la famiglia e gli amici a Seattle. È una ragazza molto riservata e spesso preferisce vivere la vita dei personaggi dei...