Prologo

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Eveline's pov

Sono qui stesa sul letto con le mie cuffie nelle orecchie, ascoltando il caldo ritmo della canzone Take me to Church degli Hozier. Guardo l'ora sul cellulare e sono solo le 3 di mattina: non ho chiuso occhio per tutta la notte, non mi andava di dormire. Sono solo infastidita da quella presenza, in me, di un senso d'angoscia, di paura, di vuoto. Ho bisogno di qualcosa che riempia i miei giorni, le mie notti, i miei sorrisi. Purtroppo quel «qualcosa» è ancora tanto lontano. Mi passo una mano tra i capelli, bagnandomi le labbra secche e screpolate con la punta della lingua, nessuno può sentirmi, sono sola con i miei pensieri, riflettendo su quello che potrebbe essere giusto o sbagliato per me. Fa caldo, sto iniziando a sudare, mi alzo le maniche e guardo le braccia: troppo piene di lividi e cicatrici che mi rammentano il passato. Dov'è la vera te? Mi chiedo guardando i graffi ancora evidenti. È passata una settimana da quando non lo faccio, da quando la mia migliore amica mi ha imposto e costretto a non farlo, minacciando di far finire una volta per tutte la nostra amicizia. Eppure farlo mi faceva bene, non mi distruggeva, mi rigenerava.
Ed eccola sul comodino, quella «salvezza» che usavo ogni giorno, quella che mi faceva affogare nel mio stesso sangue. Sembra chiamarmi, sembra volermi far stare bene, ancora una volta. Sembra che, in quel momento, sia l'unica mia amica. Di nuovo il cuscino colmo di mascara a causa delle lacrime che mi scendono in questo momento, mentre la musica diveta quasi inesistente per me. La stessa scena dei giorni, delle settimane, dei mesi precedenti.
Tolgo le cuffie rimanendo ad ascoltare il mio silenzio, contornato da piccoli gemiti di dolore e singhiozzi. Quel dolore che ti spezza il cuore, quel silenzio che ti svuota ancor di più l'anima. Mi sento così inutile: nessuno riesce a bastarmi, tantomeno io basto a qualcuno. È una sensazione che odio, una sensazione che mi fa stare male, malissimo. Mi piacerebbe essere la ragazza a cui si pensa quando si ascolta la propria canzone preferita, vorrei essere la ragazza che sa farsi amare, che ama, cosa che non sarò mai.

***

LouisTomlinson follows you.

Guardo la schermata del mio cellulare illuminarsi per mostrarmi una notifica di Instagram: LouisTomlinson ha iniziato a seguirti.
Sono abituata a nuovi followers «momentanei» che guardano il mio profilo per poi unfollowarlo.

LouisTomlison's sent you a direct.

Qualche minuto dopo, lo stesso mi invia un Direct. Metto la schermata e mi ritrovo la foto di un ragazzo stupendo sullo schermo: capelli castani, spostati in un ciuffo laterale, occhi azzurri ghiaccio, labbra sottili e una leggera barba che contorna quel viso da Dio.
Sembra di gran lunga più grande di me, d'altronde non ci vuole molto dato i miei 15 anni.

"Bambolina(;"

Per quanto quel ragazzo fosse bello, non avevo voglia di scherzare in un momento come quello, e lui mi dava tanto l'aria da coglione.

"Imbecille."

"Uh come siamo scontrosetti stamattina."

"Non ho voglia di scherzare, non rompermi le palle."

"Le hai anche? Pensavo fossi una ragazza."

"E io pensavo fossi meno gay, ma a quanto pare mi sbagliavo."

"Wow che linguaggio."

"Cosa vorresti dire?"

"Dalle foto sembri una ragazza riservata, educata...cosa sono tutte queste parolacce piccolina?"

"Dalla foto sembri intelligente, simpatico, emotivo...invece sei Mr. Stronzoquantomai."

"Uhm, grazie ne sono lusingato."

"Prego."

"Allora piccola, il tuo nome?"

"Eveline. Il tuo deduco sia Louis idiota."

"Oh tu puoi chiamarmi papino."

"...cosa?"

"Tranquilla, papino ora è qui per te piccolina."

~Spazio autrice~
Come detto nell'altra storia, eccovene un'altraaa. Byeeee

~Instagram~||L.T.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora