Capitolo 13

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Louis' pov

Mi porto una mano alla guancia, strofinandola leggermente per il dolore. Guardo Gyne di fronte a me: ho la sensazione di essermi davvero scavato la fossa da solo. Indietreggio mentre lei si affretta ad entrare, sbattendo la porta alle sue spalle.

"Cosa cazzo hai fatto alla mia fottuta migliore amica?!"

Le uniche nove parole che riesce ad urlare sono queste, di cui due sono parolacce. La guardo rassicurante, quasi senza dare peso a quello che dice, ma dentro di me, l'unica cosa a cui sono capace di pensare è: Come l'avrà capito?

"Louis, esigo una risposta, subito, ma se ci sono problemi posso anche lasciarti qui a fotterti mentre esco fuori da quella porta, ma non penso ti converrebbe!"

Il suo sguardo è fisso nel mio, così da permettermi di leggerle gli occhi. Ho sempre avuto questa «passione», se posso definirla così, per la lettura degli sguardi, sono dell'idea che se guardi una persona negli occhi, puoi risalire a tutta la sua storia. Il fatto é che gli occhi sono il riflesso dell'anima, e anche se ho sempre odiato la filosofia, questa è l'unica affermazione in cui posso dire di aver trovato un minimo di verità. Riesco a leggere un misto di rabbia e tristezza e, anche se il suo tono è più agitato che altro, la sua voce è tremante: sta per piangere.

"...niente."

Ho il fiato corto, e non riesco a dire altro, sprecando l'ultimo po' di ossigeno che mi rimane. La sua schiena si poggia alla porta, mentre alcuni singhiozzi escono dalla sua bocca, le lacrime le rigano il viso sciogliendo il sottile velo di mascara che è solita mettere prima di uscire. Mi avvicino a lei, quasi divorato dai sensi di colpa: è pur sempre una ragazzina. Mi tira un calcio sul ginocchio, costringendomi quasi a piegarlo per il dolore, mentre vedo che, tra i suoi singhiozzi, piccoli balbettii si uniscono al suono di quel suono evidentemente esausto.

"S...senti...io...non ti conosco...e tu...nemmeno conosci...me...ma...chi cazzo sei...per venire alla festa degli amici di mio fratello...spaccargli quasi il setto nasale e...portarti a casa Eve? E poi voglio sapere dov'è!..."

Quasi non riesce ad urlare a causa dell'affanno, ma probabilmente è meglio così.

"Non lo so."

"Come fai a non saperlo?!..."

"Ascolta, a me non importa come tu abbia capito chi sono, dove abito e che ero con Eveline, ma questa è casa mia e non me ne potrebbe fottere minimamente della tua migliore amica, se proprio lo é."

"...che vorresti dire?!"

"Cosa c'è? La tua migliore amica non ti ha parlato di me? Di chi sono, di cosa sono per lei? Non ti ha detto del perché si è ritrovata uno come me nella sua vita? Non ti ha parlato di nulla? Di come ha perso la sua fantastica purezza così, come la perdono le puttane, o di come scambia messaggi sporchi con il suo papino? No?"

Le labbra le si serrano, mentre i singhiozzi cessano. Stringe le mani in due pugni, chinando il capo in avanti e tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.

"...grazie."

E prima che potessi dire una sola parola è già fuori alla porta, senza che io possa obbiettare o meno.

Eveline's pov

Quando riapro gli occhi mi rendo conto di quello che è successo la sera prima: ricordo quanto bastardo sia stato Louis a cacciarmi in quel modo, dopo avermi pregata, o almeno credo fosse quella l'intenzione, di perdonarlo. Ricordo di come sono uscita da quella fottuta casa, trattenendo le lacrime e scoppiando solo tra le braccia di Lauren, assillandola con la mia pallosissima storia, e ancora una volta non riesco a chiedermi altro che: perché?
Resto a rammentare per qualche minuto, fino a quando non sento la sottile voce di Lauren avvicinarsi.

"Buongiorno, come ti senti?"

La guardo, infastidita leggermente dalla domanda, ma senza innervosirmi più di tanto: forse è perché non sono abituata a tutte queste domande, nessuno si è mai preoccupato veramente di come mi sentissi.

"...ho bisogno di uscire."

"No, tu hai bisogno di riposare."

"Sì, certo, grazie papà."

Non avrei mai associato qualcuno alla figura di mia madre. Mio padre ormai era quello che era, ma preoccuparsi è quello che farebbe normalmente un genitore, e lui è l'unico che potrebbe ancora avere un minimo di interesse per me, anche se sono abituata al fatto che non sia così.

"Di nulla, figliola."

Sposto lo sguardo, mettendomi a sedere.

"...aspetta, papà? Non ti bastano quello naturale e il tuo papino?"

Mi alzo di scatto dal divano, alzando leggermente troppo la voce.

"Non è mio, io non sono sua e basta! Non parlare di lui cazzo!"

La tazza di caffellatte che ha in mano le cade letteralmente a terra, rovesciando l'intero contenuto del recipiente sul pavimento: il liquido beige riempie le fughe delle mattonelle scorrendo su di esse, macchiandole di quello strano colore, ora tendente al grigiastro. Il mio sguardo resta immobile sulla tazza ormai rotta e sui cocci azzurri di ceramica. Azzurro. Perché le cose più belle sono di questo colore? Me lo chiedo di continuo; basta pensare al cielo, al mare, ai suoi occhi. Ed è incredibile come alla fin fine il mio pensiero si sposti sempre su di lui, causandomi unicamente altro dolore. Mi alzo dal divano cercandi di scacciare quello che è nella mia mente, cercando di cancellare anche quelle poche immagini che mi hanni fatto capire il vero e proprio concetto di perfezione, perché davvero non ho altri modi per definirlo. Guardo Lauren mortificata mentre mi sposto velocemente in bagno, affrettandomi a chiudere la porta a chiave. La serratura fa uno strano rumore, mentre lascio cadere la chiave a terra e guardo il mio riflesso allo specchio. Mi mordo il labbro inferiore sentendomi tremendamente in colpa per le parole urlate a Lauren, e non capisco perché non mi sia fermata prima, forse avrei dovuto semplicemente prenderla sul ridere, ma sinceramente non ne avevo proprio voglia, non in quel momento, non in quella situazione. Mi sciacquo la faccia nella speranza di svegliarmi un po' di più, mentre inizio a cercare uno spazzolino. Apro uno dei cassetti di uno sei sue lavabi e trovo uno spazzolino ancora perfertamente imballato e conservato nella confezione. Lo prendo e lo apro, iniziando a lacarmi i denti. Appena fino mi asciugo le mani vicin all'asciugamano, per poi guardare gli stessi vestiti della sera prima. Evito di truccarmi, limitandomi solo a pettinare i capelli. Esco dal bagno mentre noto un biglietto sul tavolo della cucina. Mi avvicino e leggo: "Sono uscita un po', avevo bisogno d'aria." Dopo questo il bigliettino termina. Mi siedo sbuffando su una delle sedie mentre sento una strana vibrazione dalla tasca sinistra dei pantaloni. Prendo il cellulare iniziando a leggere i messaggi: Gyne.

"Oh Eveline, dobbiamo parlare."

E adessi capisco di aver farto la cazzata più grande della mia vita.

~Spazio autrice~
BABESSSSSSS SONO TORNATAAAAA SCUSATE PER IL MADORNALE RITARDO. Allora preferisco parlarvi alla fine di ogni capitolo perché penso che sia inutile scrivere avvisi, dato che occuperebbero solo spazio e creerebbero altri capitoli inutili alla storia. So number one, innanzitutto devo dire che l'ultimo capitolo (prima di questo) mi ha lasciata un po' delusa, le visualizzazioni erano poche fino a qualche tempo fa, stessa cosa i voti. Inoltre da 2500 sono arrivata solo a 2800, pensavo di raggiungere almeno i 3k, ma nulla. Vi prego, siete in tante a seguire questa storia, potete lasciare tutte una stellina e un commento? So che la stellina non attira molto, ma immaginatela come il culo di Loulou. Number two, cosa c'è? Non vi piace più la storia? Mi dispiace molto se non è quello che vi aspettavate...scusatemi davvero se la lettura è noiosa. Number three, vorrie canbiare copertina al libro, chi è disposta a farmene una? Scrivetemelo nei commenti e una volta fatto contattatemi nei messaggi diretti di Wattpad. Ovviamente le foto dovrete inviarmele per posta elettronica o su twitter, quindi fatemi sapere al più presto. Che dire, ho finito tutto. Ricordate commentate e votate, altrimenti non continuo, so bye guysssss, buona scuola, lol.

~Instagram~||L.T.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora