Resto.

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Per un momento aveva pensato che, quel giorno, non ci fosse alcuna traccia della persona che aveva stretto tra le braccia quasi ogni notte negli ultimi mesi. Per un momento Simone aveva pensato di non riconoscere la persona che aveva davanti, concentrato nel suo lavoro e soprattutto ad ignorarlo ma aveva capito ben presto di sbagliarsi, Manuel era lì, stava soltanto cercando di proteggersi.
Manuel era professionale, svolgeva il suo lavoro in maniera meticolosa e non voleva che niente e nessuno lo distraesse, tutto vero, ma era anche la stessa persona che guardava dormire e stringeva fino a sentirlo diventare parte di lui. Tutta la serietà del maggiore sembrava vacillare ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, per quanto Manuel ci provasse il suo cuore non voleva saperne di rallentare quando l'altro era nei paraggi e, dal canto suo, il corvino non faceva nulla per facilitargli le cose. Anzi.
Simone aveva deciso di rispettare la volontà del maggiore e di mantenere le distanze fino a quando sarebbero stati chiusi in quell'ufficio – l'ultima cosa che voleva era procurargli problemi a lavoro – ma allo stesso tempo sentiva l'esigenza fisica di stargli accanto, non poteva fare a meno di toccarlo, sentire la sua pelle contro la sua, di conseguenza ogni scusa era ottima per avvicinarsi a lui. Più di una volta aveva sentito il più grande sospirare, lo aveva sentito bearsi del suo contatto e pensare di cedere per poi riprendere il controllo su se stesso e continuare quel gioco che stava facendo sentire entrambi vivi.
Il castano, del resto, aveva faticato e non poco a concentrarsi sul da farsi, ancor di più sapendo che il suo lavoro sarebbe andato a beneficio di lei, e il pensiero di Laura non l'aveva lasciato andare neppure per un momento. Ogni volta che i suoi occhi scuri si fermavano sul minore - che se ne stava seduto sulla poltrona nera all'angolo a guardarlo - non poteva non pensare che fosse lì soltanto per fare un favore a lei. Manuel sapeva benissimo di non essergli indifferente, era abbastanza ovvio, ma sapeva anche di non poter competere con Laura. Non sarebbe mai stato come lei. Gli stava bene? Non lo sapeva e fingeva di non volerlo sapere nemmeno mentre gli occhi diventavano più lucidi, la mano tremava più del solito e la testa gli si riempiva di pensieri che gli toglievano l'aria.
Simone non gli avrebbe portato niente di buono eppure lui non aveva mai desiderato così tanto stare male.

-"Sei davvero bello mentre lavori." Aveva detto Simone, appoggiato alla porta dell'ufficio del maggiore mentre lo guardava a braccia conserte.
-"Grazie." Farfugliò velocemente il proprietario della stanza, senza però degnare l'altro di uno sguardo.
Il corvino non fu soddisfatto della reazione dell'altro e, allora, decise di avvicinarsi alla scrivania e di conseguenza a lui.
-"Si, sei davvero molto bello."
-"Mi perdoni ma sono occupato." Rispose Manuel. "Sto lavorando per lei, non vorrà che io sbagli in qualcosa?"
Le parole di Manuel risuonarono sorde all'orecchio dell'altro che, invece, si abbassò su di lui.
-"Ma saresti più bello in un letto, nudo, accanto a me. Ci pensi mai, Manuel?"

Una piccola nube di fumo si dissolse nell'aria fredda di quella sera milanese, a cui fece seguito poco dopo un'altra perdendosi tra il vento e il buio e qualche chiacchiera troppo lontana per essere ben intesa.
Quella giornata, per Manuel, era stata più pesante di quanto quella mattina si aspettasse, le poche ore di sonno che aveva si erano fatte sentire ben presto e, ad un certo punto, gli era divenuto difficile anche solo tenere gli occhi aperti ma doveva farlo, quello era il suo lavoro e abbassare le difese significava restare in balia di Simone e ne aveva terribilmente paura.
Le dr. Martens nere di Manuel stavano calciando un sassolino trovato poco prima sul suo percorso, teneva lo sguardo basso e la sigaretta tra le labbra, mentre desiderava soltanto arrivare a casa sua e sprofondare nel suo letto, consapevole però che quello avrebbe significato ricordare ogni momento passato lì con l'altro.
-"Esci dalla mia testa, non ne posso più." Sospirò Manuel, con voce più alta di quanto si aspettasse.
-"Da quando parli da solo?"
Colto di sorpresa, Manuel emise un grido spaventato e lasciò cadere la sigaretta che andò ad appoggiarsi sull'asfalto grigio sbiadito.
-"Ma sei diventato matto?!" Gridò Manuel e si poggiò una mano sul petto per tranquillizzarsi. "Ma che cosa ti salta per la testa?! Ti sembra normale nasconderti nel buio?!"
Il corvino, a quella visione, scoppiò a ridere e scosse la testa, per poi avvicinarsi al corpo dell'altro.
-"Mi dispiace averti spaventato." Gli sussurrò e allungò una mano per accarezzargli la guancia. "Stai bene?"
Ho smesso di stare bene nell'esatto momento in cui ti ho conosciuto. Ma Manuel non gliel'avrebbe mai detto davvero.
-"Che cosa ci fai qui? Pensavo fossi andato via un'ora fa."
Simone aveva lasciato l'ufficio del minore, a seguito di una telefonata, circa un'ora prima senza neppure degnare l'altro di un saluto o un qualsiasi gesto, aveva semplicemente preso le sue cose ed era andato via.
-"Ti stavo aspettando." Rispose, semplicemente, il più alto come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-"Che cosa?"
-"Non potevo restare nel tuo ufficio fino all'orario di chiusura, mi sembra abbastanza chiaro, ma non potevo nemmeno andarmene senza salutarti."
Il maggiore sospirò, ancora una volta, e si massaggiò le tempie per qualche momento. Lo avrebbe fatto impazzire, o forse lo aveva già fatto e non se ne rendeva nemmeno conto.
-"Allora ciao." Si limitò a dire, non sapendo bene fino a che punto potesse spingersi.
Simone era estasiato dall'innocenza del più basso, adorava vederlo fingere di essere così forte ma in realtà sentiva le guance andare a fuoco e la gola secca.
-"Ti accompagno a casa." Annunciò il ristoratore e si diresse verso la sua auto. Non glielo stava chiedendo, sapeva non servisse, ma glielo stava semplicemente annunciando.
-"Non serve, ti ringrazio ugualmente." Scosse la testa il maggiore. "Vai pure a casa."
-"Sali in macchina."
-"Non mi piacciono le auto." Bofonchiò il castano e prese a tirare l'orlo della sua felpa rosa. "Preferisco camminare."
-"Lo so, piccolo."
Manuel sentì il sangue ribollire nelle vene, il volto tingersi di rosso e il cuore fare le capriole al sol sentir quel nomignolo che l'altro, di tanto in tanto, gli affibbiava.
-"Ma per questa sera potrai fare un'eccezione, no? Per di più fa anche freddo e non hai la giacca." Replicò Simone e aprì la portiera della sua auto. "Vuoi forse ammalarti?"
-"Simone..." Sussurrò il maggiore, era stanco di dover lottare per difendersi, di dover stare continuamente allerta per evitare di sbagliare ma sapeva di non poter fare altrimenti.
-"Hai notato, Manuel?"
-"Che cosa?"
-"È buio, non dobbiamo più nasconderci."

Come sempre || Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora