Party

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Chapter One

Quel giorno ero più irritata del solito

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Quel giorno ero più irritata del solito.

Osservavo il bicchiere di plastica rosso che tenevo in mano, contenete qualche tipo di alcolico a me sconosciuto, ma buono.

Luke cercava di chiedermi qualche consiglio sulla sua nuova ragazza, ma io non ascoltavo neanche lontanamente quello che diceva per la musica troppo alta.

Mi obbligò lui a venire a quella festa, dicendo che dovrei passare i sabato sera a divertirmi come tutti i miei coetanei, e non a fantasticare una vita favolosa con qualche attore o cantate famoso.

Forse aveva anche ragione, ma la seconda opzione era decisamente la migliore.

«Sarah mi stai ascoltando?» mi chiese Luke, notando che non prestavo molta attenzione alle sue parole.

«Si» gli risposi.
«In verità no» ammisi, iniziando a bere il quinto bicchiere di quella serata.
«Cazzo, perché non mi ascolti mai? sto solo cercando di avere una conversazione con te, anche perché dovremmo divertirci.» mi disse con un tono di rimprovero.

Non gli risposi e continuai a bere fino a quando il bicchiere non divenne vuoto.

«Come cazzo fanno tutte queste persone a divertirsi?» chiesi al mio migliore amico.
«Si godono la loro adolescenza, credo» rispose
«Non era questo il punto della mia domanda.» dissi, guardandolo.

«Smettila di bere in continuazione, diventerai peggio di mio padre a momenti» si lamentò Luke.
«Assolutamente no caro» dissi.

Mi guardai intorno.

Quel posto era pieno di persone.
Persone che chissà quanto avranno sofferto nella loro vita.
Quanto avranno riso, amato, odiato.

Sono così strane, nessuno le può capire.

Non capisci mai se stiano veramente dicendo la verità o se stiano mentendo.
Se stiano davvero bene, e se sotto al quel sorriso, sotto a quella risata, dentro ci sia invece tutt'altro: sofferenza, dolore, rabbia, rimorso.

Ed è per questo che le odio.
Ti mentono, ti illudono e ti feriscono in continuazione.

Le persone sono complesse.

Così complesse che neanche loro stesse certe volte non si capiscono.

«Senti, se non vuoi restare, andiamo, ti porto a casa, se è questo che vuoi sentire» disse Luke.
«Cosa? Oh no non voglio andarmene»

Era una bugia. Me ne volevo andare eccome.

«Va bene» disse Luke facendo concludere la discussione lì.

Iniziai a non capire assolutamente niente.

Luke ricomincio a parlarmi ma io ovviamente, non gli prestavo attenzione.

Ero "leggermente" ubriaca e gli effetti dell'alcol iniziavano a sentirsi, e l'unica cosa che sapevo era che ne volevo di più.

Così mi diressi verso il tavolo che si trovava nell'altra stanza, in cucina, e ricominciai a riempire il bicchiere e a bere quando una ragazza mi interruppe.

Si chiamava Heather credo. Frequentavamo lo stesso corso di matematica.
Non era una ragazza di cui si parlava bene a scuola, ma in verità a me non importava.

«Mi fai passare oppure ti devo pagare?» chiese annoiata.

Mi scusai e la feci passare. Aveva i capelli castani e gli occhi chiari e indossava una maglietta di qualche band rock poco conosciuta.

Era molto bella.

«Smettila di fissarmi, è inquietante.» disse
«Fissare le persone è l'unica cosa che mi viene meglio» le risposi, per poi andarmene.

Tornai da Luke ma lui non c'era, così incominciai a cercarlo, con scarsi risultati.

Passarono ben cinque minuti, cinque minuti.
Cinque minuti in cui cercai Luke senza trovarlo.

Quella casa era incredibilmente enorme e pieno di persone, era vero, ma insomma, Luke l'avrei riconosciuto anche con tutte quelle persone anche solo dal passo.

Continuai a cercarlo, quando per sbaglio, mi scontrai con due ragazzi intenti a pomiciare, versandogli tutta la bevanda.

Porca troia.

«Ma che cazzo»

𝐒𝐄𝐄 𝐘𝐎𝐔 𝐒𝐎𝐎𝐍, finn wolfhardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora