2

115 5 0
                                    

La voce dolce del ragazzo andò affievolendosi col termine della canzone. Mi resi conto di essere stata stregata per tutta l'esecuzione del brano, e a riportarmi alla realtà furono applausi e urla: mi alzai insieme a tutti gli altri in auditorium, lasciandomi trasportare dal calore che accomunava la musica. ''Vi ringrazio'' si inchinò Wik, grato di avere così tante persone lì a sostenerlo. Poco dopo lo studente che aveva introdotto l'artista riprese possesso del microfono, e mise a tacere la confusione generale. ''A breve chiamerò dieci di voi, sorteggiati grazie al codice dello studente, e vi daremo la possibilità di scambiare una foto con Wik''

Mi rimisi a sedere calma, sicura che le sorprese per quel giorno sarebbero finite. Volevo raggiungere il resto degli studenti e finire il giro dell'università, poi magari fermarmi a prendere un caffè. La ragazza al mio fianco si aggiustò i capelli con un sospiro, quasi desiderasse ardentemente di sentir chiamare il suo codice studente e abbracciare il suo artista preferito. Lo avevo capito immediatamente. Amavo osservare le persone, silenziosamente e senza invadere il loro spazio, forse perché l'animo umano mi affascinava.

''Il primo numero sorteggiato è il 14!'' sentii esclamare.

Un ragazzo dai capelli sbarazzini e scuri, si alzò in piedi febbricitante e agitò la mano. ''Io! Sono io!''

Venne invitato a raggiungere il palco e ad attendere che il sorteggio terminasse.

Continuò così per un'altra decina di minuti, prima di sentir chiamare gli ultimi due numeri.

''Numero 27?'' La ragazza timida che aveva ascoltato sempre in religioso silenzio, scattò in piedi incredula, con le guance in fiamme. Raggiunse a passi lenti e misurati la fila creatasi accanto al palco e incrociò le braccia dietro la schiena. Ero in procinto di rilassarmi contro lo schienale della sedia per un altro paio di minuti prima di abbandonare la sala, quando udii ''33! Chi è il numero 33?''

Le mie gambe pesanti si mossero confuse e stralunate, mentre alzavo la mano per identificarmi. E' proprio vero che le fortune a volte scelgono chi non le desidera. Raggiunsi anch'io il resto degli studenti fortunati, e mi fermai accanto alla ragazza che mi rivolse un sorriso dolcissimo. ''Sono Maya'' Sorpresa da tale gesto insolito, replicai col mio nome, in modo così fievole come se avessi quasi paura di spaventarla. Maya sembrava proprio essere una di quelle ragazze che se le sfiori per sbaglio rischiano di spezzarsi.

A turno ci avvicinammo per fare la foto con Wik, che disponibile e affabile sporse la polaroid per scattare in modo preciso e senza fretta.

''Come ti chiami?'' mi chiese, prima di sporgersi per scattare la foto. Il cantante sorrise all'obbiettivo, e simultaneamente ci voltammo l'uno verso l'altra. ''Mi chiamo Daphne'' – Wik annuì dolcemente, poi mi porse la cartuccia appena pronta. ''E' stato un piacere, spero ti sia divertita''


La caffetteria distava poco dall'università. Decisi, lì su due piedi, di invitare Maya a prendere qualcosa da bere con me. Mi sembrava persa, da sola, mentre si guardava intorno con la sua foto tra le dita sottili e indecisa sul da farsi. Era stato un istinto che mi aveva colta alla sprovvista.

''Maya, giusto?'' la corvina annuì, quasi fosse grata che ricordassi il suo nome. ''Ti andrebbe di bere qualcosa in caffetteria? In compagnia è meglio'' scrollai le spalle increspando le labbra. Lei accettò di buon grado, e mi seguì all'esterno dell'auditorium.

''Sono felice di sapere che ce l'hai fatta'' ruppi il silenzio dopo poco. Avevo imparato con gli anni che per evitare di mettere a disagio qualcuno, il quale forse non era molto propenso ad iniziare una conversazione per primo, bastava parlargli dolcemente e fargli semplici domande che non lo facessero sentire fuori posto. Amavo mia zia Ploy, per avermi insegnato ad essere una brava persona.

Maya si aprì in un sorriso a trentadue denti, mentre custodiva gelosamente quella foto tra le dita. A quanto pare aveva una bella cotta per il cantante. ''Grazie Daphne..-'' balbettò arrossendo ''per la tua gentilezza..'' aggiunse poi. Annuii rilassata.

Quando fummo arrivate alla caffetteria, le proposi di prendere posto mentre io sarei andata ad ordinare. ''Cosa prendo per te?''

''Un succo ai mirtilli va bene''


Il resto del pomeriggio volò in fretta, e quando fu ora di tornare a casa, Maya decise di scambiarci i numeri di cellulare. ''Possiamo vederci più spesso'' aveva detto coraggiosamente. Ad alcune persone bastava poco per riuscire ad abbandonare la comfort zone.

''Tu hai un dono'' mi diceva zia Ploy ''Fai sentire le persone a proprio agio'' ed ero felice di sapere che anche per Maya potevo essere una buona amica, in futuro.

Tornai a casa con l'ultima corsa del bus per quella giornata, soddisfatta e felice. Peccato che c'era una parte di me, agitata, che mi suggeriva ci fossero problemi. Come un campanello d'allarme che voleva avvisarmi.

Attraversai il cortile e raggiunsi di fretta l'abitazione, ma delle goccioline scure sul percorso brecciato macchiavano pesantemente fino all'entrata di casa. Non volevo allarmarmi, ma era chiaro che quello fosse sangue.

Le mie gambe scattarono quindi verso la porta: la aprii di fretta e furia, aspettandomi tutto e niente, e a ritrovarmi davanti fu mia zia Ploy che si teneva una mano premuta sul braccio. Era ferita. ''Zia?'' mormorai spaventata.

Le sue dita insanguinate e le labbra spaccate mi fecero girare la testa. Non seppi se era l'odore ferroso di quel liquido viscoso a farmi sentire in quel modo, ma l'unica cosa che capii era che di sangue ce ne fosse fin troppo.

''Cosa è successo?'' ripetei, avvicinandomi a lei, cercando di non scivolare sulla pozza scura formatasi sul pavimento. Vidi la zia deglutire pesantemente, a disagio e incerta se potermi parlare o meno. Custodiva forse un segreto?

''Per favore parlami'' continuai.

Zia Ploy abbassò lo sguardo sulle sue mani macchiate di rosso, e sospirò. ''Ho cercato di rimandare il più possibile, ma vedo che è inevitabile per te scoprire la verità..''

Si mosse piano, indicandomi l'armadietto sanitario e chiedendomi di prendere bende e disinfettante. Se la sua ferita non era grave, perché c'era tutto quel sangue?

Presi tutto il necessario e la aiutai a sedersi sulla sedia. Mi preoccupai di disinfettare la sua ferita, che pareva d'arma da fuoco, e attesi in silenzio che mi parlasse. Forse un proiettile l'aveva colpita di striscio. Eppure sembrava aver lottato. 

''Sai Daph, è molto difficile per me dirti queste parole.. Tua madre voleva che ti tenessi lontana da questo mondo il più a lungo possibile..''

''Quale mondo?''

''Quello della mafia''

三冠 - Le tre corone [KinnPorsche The Series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora