Parte 28

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A poca distanza dal punto in cui avevano lasciato le biciclette, nella recinzione arrugginita si apriva un varco. Jimin lo superò per primo. Jungkook lo seguì, poi attraversarono insieme il prato incolto.

Superarono sculture corrose dal tempo, una scacchiera ricoperta di muschio e una fontana ormai quasi completamente inghiottita dall'edera. Da lì un viottolo lastricato pieno di erbacce conduceva sul retro dell'hotel.

Jungkook continuava a lanciare occhiate alle finestre. Nonostante le serrande fossero abbassate, aveva la strana sensazione che qualcuno li stesse osservando.

Jimin si incamminò sicuro di sé. Sembrava che non avesse paura di niente, constatò Jungkook con una punta d'invidia. In un certo senso gli ricordava molto Nam, come quando partivano insieme alla scoperta del mondo. Anche Namjoon era sempre stato un passo avanti a lui.

Giunti finalmente sul lato posteriore dell'hotel, Jimin allargò le braccia e fece un giro su se stesso.

«Voilà» esclamò. «Siamo arrivati!»

Jungkook rimase senza parole dalla sorpresa e Jimin sogghignò.

«Ti piace?»

«Eccome!»

Jungkook salì sull'ampia terrazza che offriva un panorama mozzafiato sulla valle di Suban. L'impressione di disagio che l'edificio gli aveva trasmesso fu spazzata via in un soffio.

Gli anni di abbandono avevano lasciato le proprie tracce anche sulla terrazza: molte mattonelle si erano sollevate e nelle fessure crescevano felci, denti di leone ed erba, ma il pavimento era ancora di un bianco così abbagliante da costringere Jungkook a chiudere gli occhi.

E non è ancora tutto» annunciò Jimin raggiungendo di corsa un'ampia scalinata a un'estremità della terrazza. «Guarda qui.»

Jungkook lo seguì e si fermò di fronte alla grande piscina. Non credeva ai propri occhi. La vasca era piena fino all'orlo e luccicava blu e limpida nel sole. A parte qualche crepa sul bordo e le foglie che galleggiavano sull'acqua, sembrava che la piscina fosse appena stata usata dagli ultimi ospiti dell'albergo.

Jimin si tolse la felpa, i calzoncini e le scarpe. «Tuffiamoci, dai!»

Prima che Jungkook avesse tempo di ribattere, Jimin prese la rincorsa e si tuffò con indosso la maglietta e i boxer. Nuotò sott'acqua come un pesce e riaffiorò tra gli spruzzi all'estremità opposta.

«Dai, entra» gli gridò ridendo. «L'acqua è stupenda!»

«Ma non possiamo...»

«Io posso eccome! Non fare tante storie. È acqua piovana, pura e limpida acqua piovana.»

«Sì, certo, ma... sarà piena di batteri! Potremmo beccarci chissà quale malattia.»

L'altro rise di nuovo. «Hai ragione. E potrebbe caderci in testa anche una cometa. Senti, vengo a fare il bagno qui spesso e non mi sono mai preso niente. Piantala di fare tante storie. Mi giro dall'altra parte e non ti guardo. Lo so che non entri perché ti vergogni di me. Ammettilo.»

Jungkook si sentì arrossire. Jimin aveva indovinato. Certo, era preoccupato di prendersi chissà quale infezione in quell'acqua − uno sfogo cutaneo, avrebbe detto sua madre, ti verrà uno sfogo cutaneo − ma il motivo principale era che si vergognava. Non si era mai spogliato di fronte a un ragazzo, di solito lo doveva anche sono cambiarsi durante le ore di motoria, andava a farlo dentro il bagno dello spogliatoio.

Chissà come lo avrebbe preso in giro Jimin. Alle lezioni di nuoto gli altri ridevano di lui, primo fra tutti Yoongi, ovviamente.

«Ehi, scheletro» gli diceva. «Vieni qua, che voglio suonare il piano sulle tue costole.»

𝕀𝕟𝕔𝕦𝕓𝕠 {𝕁𝕖𝕠𝕟 𝕁𝕦𝕟𝕘𝕜𝕠𝕠𝕜}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora