Parte 42

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La notte fu ancora più afosa e soffocante. Nell'angusta stanzetta degli ospiti l'aria sembrava essersi trasformata in un pesante liquido viscoso. Jungkook era sdraiato sul letto in mutande da più di tre ore, sudava e non riusciva a addormentarsi.

Gli avvenimenti della giornata precedente gli affollavano la mente in una spirale di pensieri. Jimin, l'hotel, la Ford blu, gli spettri dei genitori (o meglio l'allucinazione che lo aveva assalito in auto), Nam, Yena, Sejung... Si sentiva trascinato nelle rapide di un fiume impetuoso e tutti i rami a cui cercava di aggrapparsi si spezzavano irrimediabilmente.

Ormai doveva essere quasi mezzanotte. Tra poco avrebbe sentito di nuovo i rintocchi del campanile di Cheju. Stavolta dodici colpi nell'oscurità.

Il calore lo opprimeva come una coperta di piombo sul petto. Di dormire neanche a parlarne.

Era andato in bagno già quattro volte a spruzzarsi dell'acqua fredda sul viso, a sciacquarsi braccia e gambe. Il refrigerio durava pochissimo, poi era di nuovo in un bagno di sudore.

A questo si aggiungevano le voci di Namjoon e Yena che gli arrivavano dalla finestra aperta. Stavano litigando.

Avevano cominciato appena Namjoon era tornato dall'officina dopo aver riportato la Ford. Jungkook distingueva chiaramente il proprio nome. Non capiva cosa si stessero dicendo, ma di sicuro la discussione riguardava anche lui.

Era orribile. Jungkook odiava i litigi e non sopportava quando le persone si urlavano addosso. Oggi lo aveva fatto anche lui e se n'era pentito. Era molto dispiaciuto. Non era sua abitudine.

Se solo avessero smesso. I litigi non risolvevano mai i problemi. Al contrario, bisticciare creava soltanto altre difficoltà.

Non voleva più sentirli. No, basta!

Rimase sdraiato premendosi le mani sulle orecchie. Funzionava, ma, appena si appisolava e le mani gli scivolavano sul cuscino, veniva svegliato dalle voci di Nam e Yena.

Fissò il soffitto con gli occhi pieni di lacrime. I rami del ciliegio davanti alla finestra gettavano lunghe ombre al chiarore della luna. Si muovevano sopra di lui in una danza spettrale agitati dalla brezza della notte.

Gli tornarono in mente le notti in clinica. Anche lì aveva osservato la danza delle ombre. Notte dopo notte.

Ma in clinica se non altro non era solo. C'era Taehyung che russava nel suo angolo, oppure parlava con i morti. A volte anche con Jungkook, quando si accorgeva che erano entrambi svegli.

Sentì bussare alla porta e si mise seduto.

«Che c'è, Mina?»

Dal corridoio sentì una voce sussurrare il suo nome. «Jungkook.»

«Entra pure.»

Ci fu un attimo di silenzio. Poi la maniglia si abbassò lentamente e la porta si aprì con altrettanta lentezza.

Il corridoio era buio e Jungkook scorse soltanto un'ombra che si infilava in camera sua. La sagoma non somigliava affatto alla zia. Era qualcun altro.

«Chi c'è?»

L'ombra chiuse piano la porta dietro di sé e rimase immobile in mezzo alla stanza. Chiunque fosse, non parlò.

Jungkook cercò di riconoscere il visitatore, ma era troppo buio.

«Che significa tutto questo? Chi sei?»

Nessuna risposta.

«Senti, non è divertente! Di' qualcosa!»

Pensò freneticamente a chi potesse essere. Tutte le sere prima di andare a letto, Mina chiudeva a chiave la porta di casa. Da quando circolava la storia del pazzo del bosco, la zia controllava persino più volte di aver girato per bene la chiave. Nessuno poteva salire lassù senza una chiave. Ma questa donna − Jungkook era convinto che si trattasse di una donna − era proprio lì.

𝕀𝕟𝕔𝕦𝕓𝕠 {𝕁𝕖𝕠𝕟 𝕁𝕦𝕟𝕘𝕜𝕠𝕠𝕜}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora