Parte 80

5 1 0
                                    

Quando Jungkook raggiunse l'hotel, il sole stava tramontando e dalla vallata proveniva il lontano scampanio della chiesa di Jingak.

Jimin lo aspettava impaziente. Camminava avanti e indietro di fronte alla recinzione arrugginita e quando lo vide spuntare sul viale d'ingresso gli andò incontro.

«Finalmente! Hai preso tutto?»

Jungkook scese dalla bicicletta e annuì. Era trafelato e sudato fradicio, non solo per la strada in salita percorsa a tempo di record. Anche lui era nervoso. Non lo avrebbe mai ammesso di fronte a Jimin, ma avrebbe tanto voluto che tutta quella storia fosse già finita.

«Scusa per il ritardo» ansimò, slacciando le corde con cui aveva legato il grimaldello al telaio della bicicletta, che non aveva il portapacchi.

«Perché ci hai messo tanto?»

«Mia zia non voleva mollarmi.»

Appoggiò la bici alla recinzione. Quella sera voleva che fosse bene in vista.

«Pare che ci siano buone notizie su Yena» aggiunse. «Nam ha chiamato dall'ospedale dicendo che ha superato la fase più critica e sta migliorando. Avrà altre informazioni più tardi.»

Jimin sospirò sollevato. «È fantastico! Spero che guarisca completamente.»

«Lo spero anch'io» disse Jungkook prendendo il cellulare. «Beomgyu però non ne sarà affatto contento. Se Yena ricorderà l'accaduto, per lui sarà finita.»

Jimin lo guardò con espressione seria. «Non pensi che sarebbe meglio aspettare? Se Yena racconterà alla polizia chi l'ha aggredita, sarà tutto finito. Beomgyu sarà arrestato e noi non dovremo esporci a questo rischio.»

«E se lei non riuscisse a ricordare?» obiettò Jungkook. «Io sono l'esempio migliore per dimostrare che uno choc può cancellare la memoria. E con una ferita alla testa le probabilità sono persino maggiori. Inoltre non vorrei lasciare a Beomgyu il tempo di sbarazzarsi del cadavere di Lisa. Ricorda che si è appena comprato una vanga. Non credo che gli serva per sistemare il giardino.»

Si voltarono verso l'hotel, che nella luce dorata della sera sembrava la foto di un'epoca ormai lontana.

«In questo momento l'hotel è un nascondiglio ideale» disse Jungkook. «Ma lui deve portare via Lisa da qui prima che inizino i lavori di demolizione. E, una volta che l'avrà sepolta da qualche parte nel bosco, non la troverà nessuno. Al massimo potrà essere denunciato per lesioni personali e tornerà libero tra un paio d'anni. Io invece voglio che venga condannato per l'omicidio di Lisa.»

Jimin si appoggiò alla recinzione, come se gli mancassero le forze. «Hai ragione. È solo che ho una gran paura. E se il piano non funzionasse?»

«Andrà tutto bene» gli assicurò Jungkook, pur nutrendo il medesimo timore. «Incastreremo Beomgyu, e a questo penserai tu. Sei il nostro asso nella manica, lui non sa niente di te. Pensa che io sia qui da solo.»

Rimasero in silenzio l'uno di fronte all'altra per qualche secondo. Intorno a loro si udivano solo i rumori del bosco. Uccelli, un picchio che batteva sul legno e lievi schiocchi nel sottobosco.

Un corvo gracchiò sopra di loro. Jimin alzò gli occhi per cercarlo.

«Sai cosa dicevano in passato dei corvi?» chiese, riprendendo a parlare senza aspettare una risposta. «Che annunciano cattive notizie. Sono messaggeri di morte. Si dice che, quando i corvi volano sopra una casa, qualcuno lì dentro morirà.»

«Sono solo stupide superstizioni» cercò di tranquillizzarlo lui. «Nessuno morirà solo perché un uccello dalle piume nere gli è volato sopra.»

Jimin lo guardò e dalla sua espressione Jungkook intuì che la pensava diversamente. Per lui non era soltanto una superstizione. Tuttavia si sforzò di sorridere.

«Sai una cosa, Jeon Jungkook? Sei cambiato nel poco tempo che ti conosco.»

«Dici?»

Lui annuì. «Sei diventato più coraggioso. Più sicuro di te. All'inizio pensavo di dover badare a te, perché altrimenti il mondo ti avrebbe divorato. Adesso invece sei tu a occuparti di me e a proteggermi. Non te n'eri ancora accorto?»

Jungkook aggrottò la fronte. «Sinceramente no. Ma, se è così, allora è soprattutto merito tuo. Mi dai la sensazione di non essere solo. Questo mi rende forte. Senza di te sarei già sprofondato nella disperazione.»

La risata gracchiante del corvo risuonò nuovamente sopra di loro. Jimin si voltò da quella parte e allungò il braccio mostrando il dito medio.

«Vai al diavolo, stupida bestiaccia! Non riuscirai a prenderci. Noi due siamo più forti di te!»

Jungkook scoppiò a ridere e Jimin lo imitò. Subito dopo tornarono seri. Entrambi sapevano di non poter aspettare ancora.

«Dove hai lasciato la bici?» chiese Jungkook.

«Là dietro.» Indicò i cespugli dove avevano nascosto le bici la prima volta che erano saliti lassù.

«Bene» commentò Jungkook. «Beomgyu non deve assolutamente scoprirla, altrimenti perderemo l'effetto sorpresa.»

Controllò per la centesima volta la carica del cellulare, assicurandosi che fosse completa.

Quindi si mise sottobraccio il grimaldello e rivolse un cenno deciso a Jimin.

«Okay, possiamo andare.»

Mentre scavalcavano la recinzione e si dirigevano sul retro dell'hotel, Jungkook compose il numero di Choi Beomgyu.

𝕀𝕟𝕔𝕦𝕓𝕠 {𝕁𝕖𝕠𝕟 𝕁𝕦𝕟𝕘𝕜𝕠𝕠𝕜}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora