Capitolo 7

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Capitolo 7: Giorno Di Prova

Faccio un profondo respiro ed entro nel bar. Oggi è il primo giorno di prova e devo essere impeccabile. Non posso e non devo sbagliare assolutamente nulla. Ho bisogno di questo lavoro, non posso permettermi di non essere assunto.

«Buongiorno.»

«Buongiorno Mattia. Sei pronto?» dice Martina sorridendo.

«Certo!»

«Per prima cosa indossa questo grembiule.» dice passandomi un grembiule rosso, lo prendo e lo allaccio intorno alla vita.

«Nella taschina davanti troverai una penna e il block notes per prendere le ordinazioni.»

«Va bene.»

Mi parla degli orari di apertura e chiusura e di ciò che bisogna fare prima che arrivino o che vadano via i clienti. Memorizzo tutto nella mente e sono pronto per iniziare la giornata. I primi clienti iniziano ad entrare nel bar, li accolgo con un sorriso e prendo le loro ordinazioni.

Mi avvicino al bancone e riporto l'ordine a Martina.

«Un cornetto al pistacchio e un cappuccino.»

Martina annuisce e prepara un vassoio su cui mette due piattini, una tazza, due bicchieri di acqua. Su un piattino mette il cornetto e poi prepara il cappuccino. Nel frattempo altri clienti entrano nel bar ed io vado ad accoglierli e prendo i loro ordini.

Devo dire che lavorare qua è molto piacevole, c'è un'atmosfera allegra e rilassante. Mi sento a mio agio e fino ad ora sta procedendo tutto a meraviglia. Nessun ordine sbagliato, nessuna disastrosa caduta, nessun cliente scorbutico e di cattivo umore.

Tra un ordine e l'altro, la mattinata passa e si fa mezzogiorno. Il bar è vuoto e fuori Martina ha messo un cartellino con su scritto 'PAUSA'.

«Finalmente la pausa.» dice Martina tirando un sospiro di sollievo.

Ridacchio e in quel momento dalla porta dietro il bancone esce il capo.

«Allora ragazzi, come procede qua?» chiede unendo le mani e osservando il bar.

«Tutto bene. Mattia è bravissimo. Non ha sbagliato nemmeno un ordine, e non ha mai fatto cadere nulla!»

«Ne sono contento.» il capo posa il suo sguardo su di me. Arrossisco e dopo aver fatto un piccolo sorriso distolgo lo sguardo da lui. Non so perché, ma essere osservato da lui mi mette a disagio.

«Per oggi concludiamo qua. Avete fatto un ottimo lavoro. Martina puoi andare a casa, a sistemare e chiudere il bar ci penso io, Mattia tu invece vieni nel mio ufficio.»

Annuisco e vado dietro al bancone, levo il grembiule e lo poso. Seguo il capo nel suo ufficio e osservo la stanza. Parquet in legno chiaro, pareti color panna, scrivania bianca e poltrona nera al centro della stanza, due poltrone nere davanti la scrivania, un balcone che si affaccia sulla città, armadi e scaffali bianchi.

«Prego accomodati.» dice mettendo una mano alla base della mia schiena, incitandomi a sedermi. Quel tocco contribuisce a farmi sentire ancora più a disagio. Perciò, per evitare di avere la sua mano ancora a contatto con la mia schiena, mi dirigo velocemente verso la poltrona.

Mi siedo sulla poltrona a sinistra e lui si siede, ovviamente, dietro la scrivania.

«Allora Mattia. Ho dato un'occhiata al modulo, perciò so già qualcosa di te. Però mi piacerebbe che sia tu a parlare di te stesso.»

«Non ho molto da dire. Ho diciassette anni, vengo da Bari e mi sono trasferito qua a Bergamo per studiare il ballo latino-americano alla Scuola Dei Sogni.»

«Interessante. E dimmi un po'... sei fidanzato?»

E cosa c'entra adesso? Perché dovrebbe interessargli?

«No, perché?» sento le mie guance prendere un po' di colorito.

«Perché non vorrei che ti distraessi troppo dal lavoro.»

«Oh, ehm, stia tranquillo, non succederà.»

«Chiamami pure Nicolò.»

Annuisco e distolgo lo sguardo da lui, facendolo vagare per la stanza. Questa situazione è troppo imbarazzante, e poi... Nicolò mi fa sentire a disagio. Il suo guardo, le sue mani su di me, la sua presenza, tutto di lui mi fa sentire a disagio. Forse questa sensazione è data dal fatto che lo conoscono da due giorni appena, devo solamente prendere un po' più di confidenza con lui e questa sensazione svanirà.

«Bene Mattia, puoi andare a casa. Ci vediamo domani per il tuo secondo giorno di prova.»

«Va bene. A domani signo... Nicolò.»

«A domani, Matti.»

Esco dal suo ufficio e successivamente mi reco fuori il bar. Tiro un sospiro di sollievo, finalmente quella sensazione di disagio sparisce. Ora posso stare più tranquillo.

Prendo il telefono e chiamo un taxi, che arriva dopo dieci minuti. Mi faccio portare in hotel e poi arrivo in camera mia. Poso telefono, portafoglio e chiavi della camera sul mobiletto che si trova vicino la porta e poi dalla valigia prendo dei boxer, pantaloni di tuta e una felpa nera. Vado in bagno e faccio una doccia calda, quando ho finito metto l'accappatoio ed esco dalla doccia.

Mi asciugo bene il corpo e indosso i boxer e il pantalone, passo ad asciugare i capelli e poi, dopo che si sono asciugati, metto la felpa. Metto in ordine il bagno e torno nella camera. Prendo il telefono e lo metto in carica, metto la sveglia così riposo un po' prima di andare a scuola.

Appena appoggio la testa sul cuscino i miei occhi iniziano a farsi pesanti e a mano mano si chiudono, ed io mi addormento.

Driin driin

Il suono della sveglia mi fa destare dal mio sonno. Sbadiglio e mi alzo dal letto, spengo la sveglia e dopo essermi dato una sciacquata sulla faccia inizio a vestirmi. Metto i miei soliti pantaloni neri aderenti e una camicia beige. Controllo il borsone e vedo che è tutto apposto, perciò prendo tutto quello che mi serve.

Esco di corsa dalla camera e la chiudo a chiave. Guardo l'orario sul telefono e vedo che sono le quattro e venti. Non è possibile che io sia di nuovo in ritardo! Sospiro ed esco dall'hotel, vedo una macchina nera parcheggiata davanti a me, e solo dopo qualche secondo mi rendo conto che quella è la macchina di Christian.

Il finestrino si abbassa e vedo, appunto, Christian.

«C-che ci fai qua?» dico balbettando e avvicinandomi timidamente alla sua macchina.

«Sono qua perché sapevo che avresti fatto di nuovo ritardo. Sbrigati e sali.»

Vorrei controbattere e dire che prendo un taxi, ma sarebbe inutile. Faccio un altro sospiro ed entro nell'auto. Mi appoggio con la testa al finestrino e vedo la strada che scorre velocemente. Né io né lui parliamo, stiamo in totale silenzio, però per mia fortuna non è un silenzio imbarazzante. Christian si limita a guidare e a rimanere concentrato sulla strada, io mi limito ad osservare la strada, gli alberi e le case.

Rivolgo per un momento lo sguardo verso Christian e devo ammettere che quando guida è... eccitante, e bellissimo, e... devo smetterla di fare questi pensieri.

Scuoto lentamente la testa. Non devo pensare a lui in quel modo. La danza Mattia, concentrati solo e unicamente sulla danza. La danza dovrà essere il tuo unico pensiero. Niente Christian, niente ragazzo. Solo la danza.

The Sun And The Moon||ZenzonelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora