𝔻𝕣𝕚𝕧𝕖𝕣𝕤 𝕝𝕚𝕔𝕖𝕟𝕤𝕖

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Il cielo si era fatto ormai buio e le poche stelle che si potevano osservare fra uno squarcio di nuvola e l'altro tentavano invane di emanare luce sufficiente per illuminare il cielo. La luna, piccolo spicchio appena visibile, sostava calma dietro un grosso nuvolone grigio che le ostacolava di brillare.

Il vento soffiava forte, ma non faceva assai freddo, nell'aria si leggeva chiaramente che l'inverno stava pian piano cedendo il suo posto alla primavera, alla rinascita.

Frank frenò, parcheggiando di fretta la sua macchina proprio di fronte alla casa del suo amato.

Subito notò che l'automobile di Gerard non era parcheggiata sullo spiazzale in cemento che occupava il lato destro del giardino.

Una lieve espressione insospettita si dipinse sul volto pallido di Frank.

Aprì piano lo sportello facendo un gran respiro, posò prima un piede e poi l'altro sull'asfalto.

Alzò lo sguardo, la casa torreggiava su di lui, intonacata di un giallo ormai sbiadito dagli anni, con le piccole finestrelle ad arco che davano sul giardino e due colonne portanti che introducevano nel pianerottolo. In legno di ciliegio e in vetro finemente lavorato la porta d'ingresso sostava al centro della parete frontale, il grosso pomello color oro era scolpito in modo tale da sembrare un leone. A Frank faceva sempre sorridere questo particolare perché supponeva che quella fosse una prerogativa delle antiche case le quali sceneggiavano solo dei vecchi film.

In effetti quella casa era un po' vecchiotta, Gerard l'aveva ottenuta in eredità dopo la morte della nonna e sebbene non gli piacesse come fosse arredata e come appariva all'esterno, il pensiero di cambiare anche solo un soprammobile non gli aveva mai neanche sfiorato l'anticamera del cervello.

Quella casa non poteva essere cambiata, quella casa gli ricordava sua nonna, quella casa era stata di sua nonna, e doveva rimanere tale, per sempre.

Frank si avvicinò all'abitazione con il cuore che gli batteva, secondo lui, un po' troppo forte.

Arrivò al pianerottolo, salì i tre spessi gradini in marmo per poi arrivare alla porta.

Aveva vissuto quella scena almeno un milione di volte, lui sostava lì, davanti alla porta ammirandone la composizione, il perfetto incontrarsi del vetro nelle fessure del legno e  i grandi cardini arancioni per via della ruggine che collegavano l'anta al telaio, mentre aspettava che Gerard dall'altra parte della parete andasse ad aprirlo.

Ormai aveva imparato tutti i dettagli di quella fottuta porta per tutte le volte che aveva aspettato Gerard sul pianerottolo... Avvicinò l'indice un po' tremante al campanello e bussò.

Fece un bel respiro mentre cercava di sopprimere la tensione.

A dir il vero neanche lui sapeva perché era tanto teso, si sentiva in pensiero per qualcosa che doveva ancora accadere e che forse non sarebbe neanche accaduto.

Ma lui era così, lui si preoccupava per tutto.

Lui viveva la sua vita nelle paranoie, nell'ansia di dire o fare qualcosa di sbagliato...Lui temeva che in qualsiasi momento potesse ferire gli altri, lui si aspettava che in qualsiasi momento gli altri l'avrebbero potuto abbandonare.

D'altronde, chi è che vuole un fardello come lui attorno? 

La sua mente era sempre così offuscata dalle paranoie, la sua anima continuava a sgretolarsi ardendo nei suoi più remoti pensieri e ricordi.

Il suo subconscio non era un bel posto in cui stare, Frank ne era consapevole, eppure aveva ceduto la chiave della sua mente a Gerard, gli aveva concesso di intrufolarsi fra i suoi oscuri pensieri.

𝔩𝔬𝔳𝔢 𝔟𝔯𝔬𝔲𝔤𝔥𝔱 𝔪𝔢 𝔱𝔬 𝔩𝔬𝔳𝔢 𝔡𝔢𝔞𝔱𝔥 [frerard]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora