GRAZIE

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Quel mattino puntai la sveglia un po' prima del solito. Era il primo giorno dell'ultimo anno di liceo. Scesi saltellando giù per le scale, presi una brioche al volo, diedi un bacio a mio padre e uno a mia madre, che teneva già in mano la sua solita polaroid.

"Dove credi di andare signorinella?"

La voce squillante e felice di mia madre interruppe il mio saluto ancor prima che iniziasse. Stavo per uscire di corsa come al solito quando mi bloccò per lo zaino mostrandomi fiera l'istantanea. Alzai gli occhi al cielo sbuffando, anche se quel rituale mi piaceva da morire. Ogni primo giorno di scuola di ogni anno mi faceva una foto per appenderla nell'enorme cornice sul muro d'entrata. Non aveva saltato nemmeno un anno dalla prima elementare. Mi posizionai davanti alle scale di legno e sorrisi. Click. La piccola tessera uscì dopo pochi attimi e mia madre la sventolò per far apparire la mia immagine. La guardò con occhi dolci e leggerete commossi.

"Oh ... la mia piccola dagli occhi di cioccolato ..."

Mi abbracciò e mostrò a mio padre la foto che andò subito a posizionarla vicino alle altre. La carrellata di mie foto mi fece sorridere. In una ero particolarmente buffa, portavo le treccine e mostravo fiera la mia bocca sdentata. Mio padre indicò proprio quella e l'ultima appena aggiunta.

"Come sei cresciuta bambina mia."

Mise un braccio attorno alle mie spalle e strinse amorevolmente per lasciarmi andare con una leggera riluttanza appena il clacson dell'auto di Betti mi avvisò del suo arrivo.

"Ci vediamo stasera ...!"

Salutai i miei genitori e salii in auto con la mia migliore amica. Partì sgommando, al che pensai alle espressioni preoccupate dei miei.

Avevo conosciuto Beatrice il primo anno del liceo. Era scattata subito la scintilla dell'amicizia. Idee simili, gusti simili, frasi iniziate da una e terminate dall'altra, tutte quelle cose che da ragazzine ti fanno sentire capita, ricambiata e invincibile se assieme alla tua migliore amica. Col passare del tempo eravamo diventate inseparabili e iperprotettive una nei confronti dell'altra. Eravamo fisicamente simili ma caratterialmente l'opposto. Lei aveva folti capelli ricci e nerissimi, occhi più scuri del cielo notturno e pelle scurissima, io avevo occhi cioccolato, come pure i capelli e pelle perennemente abbronzata. Lei amava i vestitini corti, i tacchi a spillo e le paillettes, io vestivo più casual, con scarpe comode e colori poco appariscenti. Betti non poteva resistere al fascino del ragazzo muscoloso e leggermente arrogante, io ... beh io non avevo mai avuto un ragazzo. Solo qualche piccola e innocente cotta, che finiva sempre con me che scappavo al primo appuntamento o addirittura nemmeno mi presentavo. Probabilmente era per questo mio strano comportamento che i ragazzi non mi filavano proprio. Ero amica di tanti, ma fidanzata o la cotta di nessuno. Ma sinceramente la cosa non mi pesava. Anzi. Mi permetteva di rimanere lucida e inseguire il mio sogno. Diventare un medico.

Erano passati quasi cinque anni da quel maledetto incidente e l'esperienza che avevo vissuto mi aveva portata a fare delle scelte. Volevo poter aiutare le persone. Una passione nata e maturata nel tempo. Avevo iniziato l'autunno successivo all'incidente a portare coperte e da mangiare ai senza tetto, con un'associazione che avevo trovato spulciando sul web. Poi avevo continuato facendo corsi di primo intervento nel caso qualcuno si sentisse male vicino a me e ora, munita di patente, potevo guidare l'ambulanza. Non mi era ancora consentito toccare i pazienti ovviamente, ma avevo tutta l'intenzione di integrare l'università di medicina con il pronto intervento. Forse quell'incidente era servito a farmi trovare la mia vocazione. Ma a quale prezzo?!

"Ma insomma, mi ascolti o no?"

La voce forte di Betti mi ridestò dalle mie riflessioni.

"Scusami amica ... stavi dicendo?"

TRAGHETTATORE DI ANIMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora