Scappai di corsa da casa, prendendo la macchina di mia madre per non arrivare troppo in ritardo. Salutai i colleghi e mi cambiai rapidamente.
Il tempo sembrava non passare mai. Non riuscivo a tenere le gambe ferme. Da quando i miei mi avevano proposto di accogliere Justin a casa nostra avevo i nervi a fior di pelle. Non riuscivo a capacitarmi che si drogasse. Avevo sempre visto quelle persone come poveri sballati con soldi da buttare, talmente tanto annoiati dalla vita da cercare il divertimento in quella schifezza. Ma sapere che Justin ne faceva uso mi aveva completamente annientata. Il mio cervello non riusciva a metabolizzare ben due cose: 1 Justin avrebbe vissuto sotto mio stesso tetto; 2 Justin si drogava. Persa in quelle riflessioni non mi accorsi che il telefono dell'ufficio stava squillando. Fortunatamente la mia collega rispose al posto mio, non sarei stata in grado di aiutare nessuno quella sera. Probabilmente ero io che avevo bisogno di sostegno morale. Pochi attimi dopo squillò di nuovo e con grande fatica mi decisi a rispondere. Jusy, dal piano superiore mi avvisava che i miei genitori avevano chiesto di me. Riagganciai senza ringraziarla. Corsi al primo piano dove mia madre e mio padre mi aspettavano con una strana espressione in volto.
"Ha accettato Taila!"
"Cosa? Ma siete entrati senza di me?"
Annuirono all'unisono.
"Abbiamo pensato di fare due parole a quattrocchi con lui e chiamare te se ci fossero state delle difficoltà a convincerlo, non ha mai saputo dirti di no, ma ha accettato subito!"
Le parole si erano completamente cancellate dalla mia testa. Non sapevo come rispondere o semplicemente come comportarmi. Ero attonita, sconvolta, felice e confusa. Molto confusa.
"Jusy sta preparando le pratiche per dimetterlo, può venire a casa con te appena finisci il turno, noi nel frattempo andiamo a preparare un letto per lui."
Mia madre mi diede un bacio in fronte e assieme a mio padre sparì nell'ascensore.
Rimasi per dieci minuti abbondanti imbambolata davanti alla scrivania di Jusy. Le gambe non volevano assolutamente muoversi. Alla fine il suono della chiamata di una stanza sbloccò i miei pensieri e ripiombai alla realtà. Feci qualche passo in direzione della sua camera e come ogni volta mi fermai sulla porta. Dovevo farmi coraggio ed entrare. Feci un respiro profondo e varcai la soglia. Justin stava mettendo in una borsetta le poche cose personali che aveva. Le spalle erano troppo larghe per quel camice di ospedale, il letto era troppo basso per la sua statura. La stanza era troppo asettica e bianca per il nero dei suoi capelli, il verde brillante dei suoi occhi. Anche in quell'ambiente sterile la sua figura spiccava per l'intensità che metteva in ogni movimento. Si stava togliendo il camice per poter finalmente uscire dal quel posto. Lo lasciò cadere sul letto e come se qualcuno lo avesse avvisato della mi presenza, si bloccò e si girò verso di me. Aveva ancora una larga fasciatura sull'addome scolpito. I pantaloni della tuta leggermente arricciati. Cercai di non far vagare i miei occhi su di lui e attesi impaziente che dicesse qualcosa, ma non lo fece. Feci un passo dentro la stanza.
"Stacco fra mezzora, salgo a prenderti e ti porto a casa." La mia voce fu appena un sussurro.
"Non sono un bambino che dev'essere accompagnato a casa!"
"Non volevo dire questo, solo farti sapere che ti aspetto in caso i documenti di dimissioni non fossero ancora pronti."
Non disse nulla ma notai le sue spalle rilassarsi un po' alla volta. Stava provando a infilarsi una maglietta. Tentai un altro approccio, più simpatico a parer mio., avvicinandomi per aiutarlo a vestirsi.
"Dovrò abituarmi ad averti in giro per casa, sai da figlia unica non so quanto tempo ci impiegherò ... sarai il mio fratellone!" risi scherzosa e molto tesa.
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TRAGHETTATORE DI ANIME
RomanceTaila e Justin si conoscono fin da bambini. Lei, dagli occhi color cioccolato, è una ragazzina semplice e molto timida, lui, col verde dell'erba di primavera a tingere le sue iridi, è spavaldo e un po' bullo. Le famiglie passano assieme tutte le est...